Nepotismo? Abuso di potere? O semplicemente una debacle sportiva? È diventato un caso, non solo in patria, il record (negativo) di 21”81 nei 100 metri dell’atleta somala Nasra Ali Abukar. L’atleta ha partecipato a una batteria di qualificazione dei 100 metri donne delle Universiadi in corso in Cina, chiudendo all’ottavo e ultimo posto ma, soprattutto, facendo registrare una delle peggiori performance di sempre nella disciplina in una gara internazionale. Il video della prova, che le è valsa anche la fama, attribuita da diversi giornali di “atleta più lenta del mondo”, ha fatto rapidamente il giro del web.

Fin dai primi istanti della gara la 20enne desta qualche perplessità: prima del via, ai blocchi di partenza, sembra voltarsi verso le altre per capire dove posizionare le scarpe da corsa; poi, data la lentezza, resta tagliata fuori dall’inquadratura video. Tanto che alla fine, dopo che la brasiliana Gabriela Mourao ha già tagliato il traguardo, la telecamera torna indietro e la inquadra alla fine della corsa, decisamente poco tecnica.

Il caso da sportivo è diventato in poco tempo anche politico. Il ministro dello Sport somalo, Mohamed Barre Mohamud si è scusato per l’imbarazzo e ha definito la performance “una vergogna” per lei e per tutta la Somalia, chiedendo di avviare un’indagine. È così emerso che l’atleta è la nipote del vicepresidente della federazione somala di atletica, Khadija Aden Dahir e che lo stesso vicepresidente, prima che le Universiadi cominciassero, aveva già dato per convocata la nipote, pubblicando una sua foto e congratulandosi con lei per la convocazione all’evento sportivo.

L’atteggiamento quantomeno ambiguo è costato caro ad Aden Dahir: il vicepresidente è stato sospeso dal suo incarico e il ministro dello sport lo ha criticato duramente, accusandolo di abuso di potere, nepotismo e “diffamazione del nome della nazione sulla scena internazionale”.

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