Nel ricco e molto frequentato nord-est italiano, i due capoluoghi dei giochi invernali del 2026 festeggiano già oggi nuovi record di presenze turistiche (più 32 per cento a Cortina, dati di giugno e luglio; 4 milioni di arrivi a Milano nel primo semestre). A che cosa servano eventi ad alto impatto ambientale come le Olimpiadi è presto detto.

Le cronache di questi giorni registrano che la gara per aggiudicarsi la costruzione del primo stralcio del nuovo impianto di bob a Cortina è andata deserta: nessuna ditta si è presentata e adesso la Società Infrastrutture Milano Cortina 2020-2026 Spa (Simico) potrà avviare a ‘una procedura negoziata’, cioè diretta, con i futuri possibili appaltatori, ‘senza previa pubblicazione di un bando di gara’.

I costruttori di piste al mondo non sono molti e perciò si potrebbe ridurre a due o tre il numero delle imprese interessate, ha spiegato ieri Giuseppe Pietrobelli. La Simico dichiara che assegnerà i lavori e stipulerà un contratto in ‘tempi contingentati’ per rispettare le scadenze. ‘Il decreto legge Semplificazioni del 2020 indica in quattro mesi il termine entro il quale la procedura negoziata si dovrà concludere. Cioè entro novembre, quando mancheranno solo 12 mesi alla consegna della pista per il collaudo. Un soffio, considerando che le imprese che saranno contattate chiederanno tempo per studiare i progetti e formulare l’offerta’.

La fretta, sempre che non si arrivi a una clamorosa rinuncia e all’opzione Innsbruck, garantirà un’assoluta e lecita opacità, come ha notato subito l’esperto ambientalista Luigi Casanova. Parliamo, oltretutto, di un impianto folle, per uno sport che avrà sì e no un’ottantina di praticanti, con costi di manutenzione altissimi, destinato ad essere lasciato andare in rovina come il precedente: intanto si è proceduto con la distruzione di un parco giochi tra gli alberi e a decidere l’abbattimento di uno storico lariceto, con piante duecentenarie.

Se a Cortina è questa l’aria che tira, Milano non è da meno con i ritardi. Prendiamo le due costruzioni simbolo: il PalaItalia per l’hockey, progettato dallo studio di David Chipperfield a Santa Giulia, si è sbloccato solo recentemente, dopo mesi di tira e molla tra finanziatori; per il Palasharp a Lampugnano si è già deciso di spostare le gare nel nuovo spazio dei padiglioni della Fiera di Rho, dove si disputerà già il pattinaggio saltato a Baselga per l’inadeguatezza dell’impianto. Persino il laboratorio antidoping è un caso: le Olimpiadi sono a Milano ma il Coni lo vuole a Roma, e all’Aquacetosa non c’è spazio. E non parliamo nemmeno dei ritardi nelle infrastrutture, dei trasporti pubblici e delle strade. Commenta il blogger di urbanfile che ha dato la notizia: ‘Insomma, l’Italia non si smentisce: siamo dei cialtroni. Pare proprio che le Olimpiadi 2026 siano diventate un problema più che una risorsa’.

Volendo essere maliziosi in questo caso la cialtroneria e i problemi potrebbero far parte di una precisa strategia: rischiando di mandare tutto in malora, è più facile battere cassa e ottenere dal governo fondi e procedure ‘d’emergenza’. Già oggi, il presunto budget olimpico è salito a oltre cinque miliardi di euro di costi, mentre all’inizio si era parlato di un quarto di questa cifra, perlopiù coperta con fondi non statali.

I bene informati dicono che la grande spartizione olimpica è stata probabilmente anche la causa della rielezione sia di Sala sia di Fontana, resa singolarmente facile dalla scelta di candidati alternativi deboli e dall’opportuna divisione sul fronte delle opposizioni (vedi la candidatura ‘terza’ di Letizia Moratti, con relativo incasso di posizioni manageriali di punta per uomini considerati vicini al leader di Italia Viva).

Il punto è proprio che di questa vergognosa Milano Cortina 2026, sul piano politico, sono responsabili praticamente tutti, dal centrosinistra alla Lega. Vedremo ora se e come si accomoderanno al banchetto gli uomini del nuovo potere, al di là di qualche figlio di La Russa e qualche altro ‘fratello d’Italia’ che s’è guadagnato la poltrona nel Comitato olimpico. Toccherà al governo di ‘Io sono Giorgia’ mettere a disposizione un’altra vagonata di soldi pubblici e garantire in qualche modo libertà di manovra e impunità ai manager chiamati ad affrontare l’emergenza dei ritardi nella preparazioni dei giochi invernali.

Del resto, un partito che si vanta di essere sovranista vorrà dimostrare nei fatti di saper salvare l’immagine patria, di fronte a una vetrina sportiva internazionale. Costi quel che costi, anche in termini etici, ovvero alla faccia dei poveracci che si vedono sforbiciare del tutto i magri sussidi.

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