di Sara Gandini e Paolo Bartolini

Che la crisi ecoclimatica sia grave è ben noto. Che siano le “attività umane” a determinare l’accelerazione del surriscaldamento globale pare una formula troppo generica, che finisce per nascondere le effettive responsabilità delle multinazionali e in generale delle imprese più inquinanti, entrambe ben rappresentate per decenni nei parlamenti di mezzo mondo, sempre contrarie a qualunque riconversione strutturale dell’economia.

Oltre l’allarme, che soluzioni si propongono all’opinione pubblica?

Bisogna avere il coraggio di dire apertamente che i primi che devono farsi carico di quello che sta capitando sono i grandi centri finanziari e le compagnie energetiche, ma anche i ricchi che comprano il detersivo “bio” e poi usano il jet privato per spostarsi. Una trasformazione imponente richiede la distribuzione equa delle rinunce e dei sacrifici.

Intanto i risultati dei Sistemi di allarme, del Sistema sorveglianza della mortalità giornaliera e degli accessi in pronto soccorso, per quanto riguarda il periodo 1-21 luglio 2023, mostrano che nel complesso in Italia abbiamo avuto una mortalità in linea o inferiore all’atteso nell’ultima settimana al Nord, mentre al Centro-Sud si evidenzia una mortalità superiore all’atteso, evidente soprattutto nella fascia di età 85+. I dati del mese di luglio aggiornati alla prima fase dell’ondata di calore evidenziano eccesso al Centro-Sud (+2%), con incrementi statisticamente significativi solo a Bari (+23%) e Taranto (+32%) e a Reggio Calabria (+34%). Al Nord è da segnalare in diverse città una mortalità inferiore all’atteso (-11% nel complesso delle città del Nord).

Gli incrementi di mortalità appena ricordati non sono dovuti solo alle elevate temperature, ma soprattutto a un sistema sanitario nazionale che è stato tagliato e de-finanziato in modo bipartisan.

Se qualcuno si ammala ormai viene quasi dato per scontato che la colpa sia del suo modo di vivere e non della società che lo include e delle decisioni politiche che per esempio hanno portato la sanità allo sfascio. Come fu per la governance pandemica, anche oggi le riflessioni necessarie per una gestione saggia dell’emergenza vengono sovrastate dal rumore di fondo dei commentatori mainstream e dei polemisti da social. Noi sappiamo, tuttavia, che la politica emergenziale è decisamente funzionale a reggere l’insensatezza del regime capitalista che alimenta diseguaglianze sociali. Questo vuol dire che non sia in atto un cambiamento climatico massiccio, con tutto quello che ne consegue? No. Ma che le emergenze siano una grande occasione di business ce l’ha insegnato parecchio tempo fa Naomi Klein con il suo Shock economy.

Dinnanzi al delirio che tanto ricorda il muro contro muro delle tifoserie opposte rispetto alla questione dei vaccini, dobbiamo sospendere le reazioni impulsive e non cadere nel tranello, come è accaduto ad esempio al segretario del partito dei Verdi Angelo Bonelli, il quale ha invocato l’istituzione del reato di “negazionismo climatico” per chiudere la bocca a tutti coloro che – piaccia o meno – ritengono che la Costituzione li autorizzi ad avere delle opinioni e persino a manifestarle. Una richiesta siffatta è pericolosa perché, stante la debolezza dei nostri anticorpi democratici, qualunque accusa di “negazionismo” potrebbe essere utilizzata per eliminare il contraddittorio e per dare l’ultimo giro di vite cancellando ogni residuo di dissenso nel nostro Paese.

Ecco, noi riteniamo opportuno che le istituzioni si facciano carico di un passaggio storico delicatissimo nel quale, dovendo affrontare sconvolgimenti notevoli, verrà richiesta ai decisori politici la capacità di agire secondo giustizia, senza colpire indiscriminatamente le masse che si trovano alla base della piramide sociale. E infine: se a pagare devono essere, soprattutto e primariamente, gli agenti del neoliberismo che ci hanno impoverito da quarant’anni a questa parte, gettando fra l’altro le premesse per drammatici flussi migratori dovuti proprio all’alterazione delle condizioni di vita nei diversi paesi d’origine, a pensare in modo critico e rigoroso dobbiamo invece essere tutte/i. Mai come in questi anni siamo chiamati a liberare la ragione critica dalle pastoie del conformismo e dall’invadenza dei riflessi condizionati.

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