È lo Stato a finanziare i giornali della Chiesa cattolica. Quasi un media su due che ha come editore il Vaticano è pagato con denaro del contribuente. A sostenerlo è L’unione degli atei e degli agnostici razionalisti che ha pubblicato un dossier con l’elenco delle 55 testate e riviste di chiara matrice cattolica che ricevono migliaia di euro dallo Stato.

Su 72,3 milioni di euro, 55 beneficiari che hanno come editore diocesi o associazioni come Comunione e Liberazione o i Focolarini, incassano 25,9 milioni di euro, cioè il 35,84% del totale.

Sul podio della classifica – elaborata dallo Uaar sulla base dell’elenco pubblicato dallo Stato dei beneficiari del contributo saldato nel 2023 per le imprese editrici di quotidiani e periodici editi e diffusi in Italia – ci sono il settimanale Famiglia cristiana (6 milioni) della congregazione dei Paolini; il quotidiano della Conferenza episcopale italiana, Avvenire (5,6 milioni) e Il cittadino (1.424.000 euro), una testata diocesana del Lodigiano e del sud di Milano.

Con cifre minori seguono i giornali La Guida (763.445,85 euro) della diocesi di Cuneo; L’eco del Chisone (715.508,85 euro) edito da una cooperativa culturale che fa capo al Vescovo di Pinerolo; Il Biellese (565.870,08 euro) di proprietà della Chiesa locale; Toscana oggi (418.803,32 euro) della diocesi di Arezzo.

Quanto ai movimenti che pubblicano le loro testate grazie ai soldi dei cittadini cattolici e non: Comunione e Liberazione riceve 408.370,33 euro per pubblicare Litterae communionis tracce e il più noto Tempi (211.883,40 euro); la congregazione di Chiara Lubich edita Città nuova grazie a 361.005,88 euro che arrivano dallo Stato. Ci sono poi i soldi che vanno alle congregazioni: 332.335,31 euro per L’eco di San Gabriele dell’omonimo santuario a Teramo; 287.619,29 euro per La civiltà cattolica della Compagnia dei gesuiti e 158.929,04 euro per Il Regno dei Dehoniani.

“È la prima volta – spiega a ilfattoquotidiano.it il segretario dello Uaar, Roberto Grendene – che andiamo così in dettaglio in questa operazione. La presenza di organi di stampa controllati dalla Chiesa e finanziati dallo Stato è massiccia. C’è un iper finanziamento non certo in veste pluralista di Avvenire, dove la Cei già riceve l’otto per mille. Da notare, inoltre, che spesso i giornali pubblicati dalle diocesi hanno dei nomi non riconducibili al cattolicesimo, vedi ad esempio Il Cittadino o La voce del popolo di Brescia. Tra i 117 giornali e periodici che si dividono la fetta più grossa della torta dei contributi pubblici all’editoria, ben 55 (pari al 47,01%) sono testate e riviste di chiara matrice cattolica”.

Grendene parla di “doping religioso”: “È impressionante che a far man bassa di contributi pubblici sia per l’ennesima volta il mondo cattolico. Ben il 36% dei 72 milioni che in teoria dovrebbero essere destinati a sostenere il pluralismo dell’informazione vanno infatti a finire in tasca alla stampa controllata da diocesi, congregazioni religiose e gruppi ultra cattolici come Comunione e liberazione”.

Non solo. Federico Tulli, su Nessun dogma, la rivista dello Uaar, ha dedicato un approfondimento al tema: “Il quotidiano dei vescovi detiene un discutibile record: l’85% delle copie – cartacee e digitali – è costituito da copie gratis, iperscontate o acquistate da non specificati terzi (con tutta probabilità parrocchie: in un circolo vizioso per cui le vendite lievitano e con esse anche i fondi ricevuti). In pratica con i milioni dei contribuenti può permettersi di circolare gratuitamente o a prezzi di estremo favore, rappresentando così il giornale proporzionalmente meno scelto (rispetto ai fondi ricevuti) da chi vuole spendere qualcosa per leggersene uno”.

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