C’è chi collezionava francobolli quando le poste erano ancora come Dio comanda e chi colleziona etichette, tappi di bottiglie, farfalle, cartoline d’epoca, cellulari, magliette o semplicemente medaglie ricordo. Noi nel Niger, invece, collezioniamo sabbia. Quella delle strade che ci giunge fresca dal deserto col vento e che, dopo la pioggia, si infiltra dappertutto senza ritegno. C’è quella dei cortili, dei fiume Niger e degli affluenti, quella dei campi e quella dei deserti… la sabbia che cambia i suoi colori e la consistenza secondo il luogo e il momento. La sabbia è mobile, fragile, resistente, insistente, resiliente, migrante, richiedente asilo, sfollata, perduta e ritrovata dove meno la si aspetta. Anche la politica del nostro paese è di sabbia.

Qui collezioniamo anche i colpi di stato o i tentativi di compierlo. Dall’anno dell’indipendenza, nel 1960, sono almeno cinque quelli effettuati – senza contare i tentativi reali o immaginari di destabilizzazione istituzionale da parte dei militari. L’ultimo della serie, ancora in atto e senza una conclusione accertata, attende il proprio compimento. In effetti tra la politica e la sabbia ci sono attinenze, complicità, accordi, connessioni e financo interdipendenze. Le caratteristiche sopra enunciate della sabbia sono pure riferibili alla politica del Paese e forse dell’intero Sahel. Il pregio di questa realtà è che svela quanto altrove invece si nasconde. Voi lontani e stranieri, fareste meglio a non fidarvi, non siamo ancora l’oasi di stabilità attesa.

Dalle nostre parti, almeno, siamo coscienti dei nostri limiti e possibilità, mentre altrove si finge che la democrazia sia inossidabile, granitica, immutabile e scontata. Qui, invece, la nostra sa bene di essere sabbiosa, precaria, adattabile, manovrabile e funzionale agli interessi di arrivisti del momento. Lo assumiamo come un dato di fatto e per questo, ad intervalli regolari, rimettiamo il gioco democratico alla linea di ripartenza per un’altra tornata che si sa d’anticipo, limitata nel tempo e nello spazio. Cose come i partiti, smantellati col loro consenso, la società civile, comprata e svenduta a piacimento e gli intellettuali, membri onorari del campo dei vincitori, fanno sì che l’ambito politico sia sparito, liquidato, confiscato.

Rimane allora lo spazio per i venditori di sabbia. L’organo scritto ufficiale del partito di governo, la cui sede di Niamey è stata bruciata proprio ieri, il noto ‘Sahel Dimanche’, riporta la notizia che alcuni giovani scolari si danno alla vendita di sabbia e di ghiaia. In effetti alcuni studenti poco abbienti, onde preparare il prossimo rientro scolastico, fanno all’antica e cioè spalano sabbia e poi la vendono con carrette tirate da asini agli autisti di passaggio. Dall’impresa si possono ricavare tra 2.500 e 4.000 franchi locali al giorno (da 4 a 6 euro). La politica del Paese potrebbe ispirarsi da questa onesta attività lavorativa. In attesa di scoprire come si muoverà il presidente del Comitato Nazionale per la Salvaguardia della Patria, CNPS, carretti, asini e anche tricicli motorizzati appaiono come punti di riferimento per una nuova politica, appunto, di sabbia.

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