L’Italia è nella morsa del caldo. Si fa fatica a camminare, a lavorare, a respirare. Gli anziani si sentono male, a volte muoiono. A Roma, la città dove si trova l’ufficio centrale di Antigone, si sono sfiorati i 42 gradi. Qualche chilometro più in là c’è il carcere di Regina Coeli. Il tasso di affollamento è al 160%: in cento posti disponibili ci vivono 160 detenuti. A Rebibbia Nuovo Complesso sono più fortunati: appena 134 presenze per cento posti.

Brescia è una delle città definite nei giorni scorsi da bollino rosso a causa delle temperature. Nella Casa Circondariale cittadina di Canton Mombello l’affollamento è al 181%. Quasi due persone per ogni posto. Quasi due persone a respirare l’ossigeno di una, a contendersi quel poco di aria che arriva dalla finestra, a infilare le braccia nel lavandino della cella con l’acqua fredda che viene fatta scorrere incessantemente. Nella Casa di Reclusione di Brescia Verziano, l’altro carcere della città, l’affollamento è solo al 170%. Anche Bologna è da bollino rosso. Alla Dozza l’affollamento è al 158%. Così Latina, Viterbo, Napoli, Ancona: tutte città in allarme, con carceri che presentano tassi di affollamento rispettivamente del 157%, 135%, 125% (Poggioreale), 121%.

Celle sovraffollate, dove spesso – ancor più che in inverno – si trascorrono intere giornate, se non per il poco tempo a camminare all’aria aperta in cortili infuocati. In estate il carcere si ferma. La scuola si sospende, i vari corsi (per quel poco che c’è) finiscono, i volontari si riducono, le attività si bloccano. In cella l’aria circola poco, le finestre sono spesso schermate, non c’è riscontro. Nel 56,1% delle carceri visitate da Antigone lo scorso anno c’erano stanze senza doccia: impossibile anche gettarsi addosso acqua fredda per cercare un po’ di refrigerio.

Quasi seimila le persone detenute ultrasessantenni. Addirittura 1.164 di esse hanno più di settant’anni. A rischio di malori, sottoposti a una sofferenza che nulla ha a che vedere con il dettato costituzionale sulla pena.

Un anno fa l’Italia è stata nella morsa del caldo: temperature record superate solo dall’anno in corso. E un anno prima ancora, e ancora e ancora. Accade ogni mese di luglio: arriva il caldo. Non era difficile prevedere che sarebbe accaduto anche questa volta e adesso sembra essere troppo tardi per fare qualcosa. L’amministrazione penitenziaria non fa in tempo a organizzarsi ma si poteva fare tre mesi fa, non ci sarebbe voluto molto. Se parlare di aria condizionata in carcere sembra fantascienza, si potevano però acquistare dei ventilatori, dei frigoriferi di sezione dove non presenti, si potevano favorire – concordando le azioni con la magistratura di sorveglianza – detenzioni domiciliari per i detenuti anziani e non pericolosi.

Dall’inizio del 2023 sono state 81 le persone morte in carcere. Di queste, almeno 39 si sono tolte la vita. Più di quanto accadeva nel 2022, l’anno drammatico dei suicidi in carcere, quando al 20 di luglio erano stati 37. Se ne contarono 85 alla fine dell’anno e se ne contarono 21 solamente dal giorno di oggi fino alla fine di agosto.

Il caldo in carcere fa male, l’estate in carcere fa male, la solitudine in carcere fa male. Chi conosce le carceri italiane sa bene che non parliamo dei grandi criminali: la massa delle persone detenute, quella che produce i tassi di affollamento sopracitati, è la massa dei poveracci che il welfare non riesce più a raggiungere e che delega allora al sistema penitenziario. Una massa di persone già afflitte, per cui un attimo di disperazione può significare una vita.

Che la pena si sconti con dignità e umanità. Che l’amministrazione penitenziaria si adoperi per acquistare al più presto quanto serve per alleviare almeno un po’ il caldo nelle carceri sovraffollate. Che non si ceda all’immobilismo e all’ozio forzato per tre mesi all’anno. Che si consenta alle persone detenute di telefonare quotidianamente alle proprie famiglie, ancor più in un momento difficile come quello estivo nel quale il contatto umano può essere fondamentale e non pone problemi di sicurezza. Che ci si prepari in vista di quanto accadrà tra un anno: non ho bisogno di svelarvelo, tornerà il caldo. Accanirsi su quei corpi ammassati non è degno di un paese civile.

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