Bisogna riaprire le miniere. E farlo in fretta. Perché l’approvvigionamento di materie prime critiche è un tema strategico per la transizione ecologica e digitale. Quindi già “entro fine anno” partirà l’iter per “riattivare queste potenzialità” in Italia. Parole del ministro delle Imprese e del Made in Italy Adolfo Urso durante l’audizione in commissione Industria al Senato. “L’Unione Europea ha definito 34 materie prime critiche, di cui 16 considerate anche strategiche per la loro rilevanza nella transizione ecologica e digitale, destinate all’aerospazio e alla difesa, alla produzione di batterie elettriche e pannelli solari, ma anche importanti per il divario fra offerta globale e domanda prevista”, ha spiegato il numero uno del Mimit e in Italia ce ne sono 16, ma queste “si trovano in miniere che sono state chiuse 30 anni fa”. Da qui la necessità di riaprirle.

“La proposta di regolamento come noto si prefigge i seguenti gli obiettivi rafforzare la catena di valore delle materie prime critiche europee tutte le fasi estrazione, raffinazione, trasformazione, riciclaggio, diversificazione delle importazioni materie prime”, per ridurre le dipendenze strategiche, continua Urso, “assicurando al contempo un livello elevato di protezione dell’ambiente, attraverso il miglioramento del loro circolarità e sostenibilità al fine di garantire che entro il 2030 e questo è il primo obiettivo, le capacità dell’unione per ciascuna materia prima strategica”. L’Unione Europea, tra gli obiettivi del regolamento, al 2030 non dovrebbe dipendere per oltre il 65% da un unico Paese terzo per quanto riguarda l’approvvigionamento di qualsiasi materia prima strategica.

Per raggiungerlo, precisa Urso, “servono misure per rafforzare la catena del valore” delle materie prime critiche, nonché “sostegno per l’accesso ai finanziamenti e tempi di autorizzazione semplificate più brevi: quando vi è un progetto strategico, vi è una corsia accelerata che dovrebbe portare a una tempistica di 24 mesi per estrazione e 12 mesi per i permessi di trattamento e riciclaggio”. Insomma, il governo Meloni vuole accelerare. “Credo – ha aggiunto il ministro – che le ipocrisie debbano essere denunciate” e “per questo è meglio fare una miniera di cobalto in Italia piuttosto che in Congo” dove non ci sono condizioni di tutele e “c’è anche la presenza di mercenari e da cui il prodotto va poi in Cina per essere lavorato”.

Il ministro non ha mancato di fare un appunto agli ambientalisti: “Immagino che chi voglia difendere l’ambiente nel nostro Paese, voglia difendere l’ambiente anche a livello globale e coloro che si battono per gli standard lavorativi nel nostro Paese, vogliono che anche negli altri Paesi si elevino gli standard lavorativi”. Non solo: “Credo debbano esserci vincoli anche di politica commerciale” perché “non è possibile che chi realizza questi prodotti senza rispettare gli stessi standard ambientali e sociali che noi giustamente imponiamo ed eleviamo ogni giorno in Europa, poi esporti quei prodotti, con dumping, nel continente europeo. Su questo dobbiamo intervenire necessariamente”, ha concluso il ministro.

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