L’arresto di Paolo Bellini dà la cifra del calibro criminale dell’ex avanguardista, quarto uomo del commando che causò la strage di Bologna, secondo la sentenza che lo ha condannato all’ergastolo circa un anno fa in primo grado.

Bellini si trovava agli arresti domiciliari ma per lui è stato disposto il carcere per le minacce all’ex moglie Maurizia Bonini e al figlio del giudice Francesco Maria Caruso, presidente della Corte d’Assise di Bologna che in primo grado ha condannato all’ergastolo l’ex neofascista per concorso in strage. La signora Bonini, invece, ha fornito una testimonianza-chiave del processo contro di lui, riconoscendo l’ex marito in un video girato da un turista nell’immediatezza dell’esplosione. Bellini si sente dunque un leone in gabbia, rabbioso verso coloro che ne hanno segnato il destino di terrorista, fino ad oggi impunito.

Dicevamo che si trovava ai domiciliari prima di finire in carcere questa mattina: da un’intercettazione captata nei giorni successivi al deposito della sentenza di primo grado per la strage, la Procura generale di Bologna, accusa durante il processo, aveva ravvisato il pericolo di fuga. Parlando con un’altra persona Bellini gli avrebbe chiesto un aiuto per fuggire.

Tuttavia secondo i giudici della Corte d’Assise d’Appello di Bologna si sarebbe trattato di uno sfogo perché in realtà Bellini non avrebbe nessuna possibilità concreta di fuggire: ormai non gode più delle imponenti protezioni, a partire da quelle che gli diede l’ex capo della Procura di Bologna al tempo della strage, Ugo Sisti, che il 2 agosto del 1980, giorno della strage, non ci pensò proprio a stare al suo posto, accanto ai morti e ai sopravvissuti, ma andò in una gita relax (proprio così disse) dal suo amico Aldo, padre di Paolo, vecchio arnese del neofascismo, per un sinistro summit di valutazione finale di quanto successo quel giorno.

Impotente ancorché pieno di sentimenti di vendetta, Bellini potrebbe però far del male a qualcuno. Per questo sono state accolte le richieste della Procura di farlo finire in carcere: un epilogo che spezza la catena di protezione di cui ha goduto questo mercenario della destabilizzazione. Uno dei tanti, uno dei più feroci.