La storia inizia il 4 agosto 2007 quando decolla dalla Terra alle 5:26:34 EDT (Eastern Daylight Time). Un anno dopo, il 25 maggio 2008 alle 23:38 UTC (Coordinated Universal Time), tocca il suolo marziano. Si chiama Phoenix ed è una sonda. Obiettivo della missione è cercare eventuali tracce di acqua e microbi, il che spiega perché si trovi nei pressi della calotta polare settentrionale del pianeta, una regione ricca di ghiaccio.

Phoenix ha un braccio robot, capace di grattare il terreno artico fino alla profondità di 50 centimetri. Il 19 giugno, alla profondità di pochi centimetri, estrae degli oggetti, della dimensione di un dado da gioco, biancastri. Poco interessanti, a prima vista delle telecamere del lander Phoenix. Però…

Però, quatto giorni dopo l’estrazione, il 23 giugno, non ci sono più. Spariti.
L’ipotesi di qualche marzianino spiritoso che li abbia sottratti al campo della telecamera non è percorribile. Anche perché la telecamera lo avrebbe ripreso. L’unica spiegazione razionale possibile è che siano evaporati. I “dadi” biancastri erano pezzetti di ghiaccio d’acqua, sublimato, ovvero passato dallo stato solido a quello gassoso, in seguito all’estrazione. Vero che anche il ghiaccio secco sublima alle condizioni di temperatura e pressione registrate dal Lander, ma avrebbe dovuto farlo molto più velocemente.
Dunque non si ha che fare con anidride carbonica allo stato solido, ma con acqua allo stato solido.

Alla Nasa hanno imparato a essere prudenti nel fare annunci importanti e si prendono il tempo necessario per controllare e verificare immagini, dati, linee temporali. Non come l’autore dell’indimenticabile interpretazione, poco scientifica, ma molto efficace dell’immagine che segue:

Nessuno può affermare che sia falso che ci sia “Water on Mars”… fosse anche solo un bicchiere…

Occorre attendere il 31 luglio 2008, perché la Nasa dichiara ufficialmente che c’è acqua su Marte. Ovvio che si sono dati molto da fare nell’intervallo temporale. Infatti, sono stati raccolti altri campioni di terreno per sottoporli all’analisi dei tre sistemi presenti su Phoenix: un forno per scaldare il terreno e analizzare i gas emessi, un microscopio e un mini laboratorio di chimica delle soluzioni acquose.

Dai primi risultati, il terreno superficiale è moderatamente alcalino, sono presenti ioni di magnesio, sodio, potassio e cloruro, livello di salinità modesto. Rilevate anche molecole di acqua e anidride carbonica, rilasciate dai minerali contenuti nel campione di terreno durante riscaldamento con temperature attorno ai 1000 °C.
Le analisi di un campione di terreno, raccolto il 30 luglio, hanno fornito la prima prova, da analisi di laboratorio, della presenza di acqua libera sulla superficie di Marte.

Il 31 luglio 2008 la Nasa ha annunciato che la sonda aveva confermato la presenza di ghiaccio d’acqua su Marte, come ipotizzato dai dati dell’orbiter Mars Odyssey. L’acqua in forma liquida non può esistere in superficie a causa della pressione atmosferica eccessivamente bassa, tranne per brevi periodi di tempo ad altitudini inferiori.

Però, chi è del mestiere, considera la data da festeggiare il 23 di giugno, quando vennero estratti i dadi di ghiaccio. Ghiaccio d’acqua. La missione del lander Phoenix si è conclusa il 10 novembre 2008.

Già che siamo su Marte e si parla di acqua, è opportuno ricordare il silenzioso e incessante lavoro del rover Curiosity. Sono dieci anni che se ne va a spasso su Marte. Caracollando lentamente si avvicina alla base di una montagna e registra le immagini di rocce che mostrano in modo evidente una morfologia che può essere stata definita solo dal moto delle onde di quello che una volta era un lago. Sono rocce che una volta erano nelle vicinanze del bagnasciuga, miliardi di anni fa. La profondità delle “rughe” sulla superficie della roccia e la loro distanza forniscono indicazioni su quale fosse la profondità dell’acqua e la dimensione delle onde che hanno generato le ondulazioni.

L’8 febbraio scorso la Nasa ha divulgato le foto scattate da Curiosity, alla quota di circa 800 metri, sulle pendici del monte Sharp, alto circa 5mila metri. Una volta c’era un lago. Acqua allo stato liquido, con delle spiagge, lambite da onde e interessata dalla risacca, che ha marcato il fondo.

Un’ulteriore prova che il pianeta Rosso, oggi un gigantesco deserto, una volta era Blu, con fiumi, laghi, mari e oceani. Dove c’è acqua liquida possono esserci forme di vita, magari microbiale.

La domanda che ancora cerca risposta è sempre la stessa: cosa è accaduto per fare perdere a Marte atmosfera, acqua, atmosfera e forse la vita? A dire il vero non tutto è andato perduto. Di acqua, non più in superficie, ma sotto di essa, ce ne sono su Marte più di 5 milioni di chilometri cubi. Capaci di dare supporto a decine di migliaia di possibili futuri coloni. Essenziali per produrre idrogeno, indispensabile come combustibile dei razzi per tornare sulla Terra.

Di atmosfera ce n’è poca. La pressione media dell’atmosfera terrestre è pari a circa 101 kPa (chiloPascal), quella marziana è fra gli 0,7 e i 0,9 kPa. Se si esprime il valore di pressione in mbar (millibar), ce ne sono 1013 sulla Terra e circa 6 su Marte.
Della vita non sappiamo ancora. Ci sono possibilità che un tempo sul pianeta rosso fossero presenti le condizioni per lo sviluppo di micro-organismi. Possibilità, certezza nessuna.

Continuiamo a cercare evidenze inequivocabili. Il bello della scienza.

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