Nonostante le sentenze dei supremi giudici non abbiano un valore di merito, ma di legittimità, la Corte di Cassazione sembra mettere una pietra tombale sull’inchiesta delle presunte minacce nella campagna mediatica che ha riguardato il direttore generale dell’Ulss 7 Pedemontana del Veneto, Carlo Bramezza. Le motivazioni della decisione, che ha confermato ciò che il Tribunale del Riesame aveva deciso alcuni mesi fa, cassando la sospensione dell’editore televisivo Giovanni Jannacopulos, lasciano solo macerie nell’istruttoria che, da minacce a pubblico ufficiale, si è trasformata in una inedita contestazione di stalking giornalistico. Eppure qualche giorno fa il sostituto procuratore Chiara Chimichi di Vicenza ha chiesto il rinvio a giudizio dell’ingegnere Jannacopulos, ritenendo che le prove raccolte sostengano le accuse in un’udienza preliminare fissata dal gip per ottobre. Il pubblico ministero ha firmato la richiesta prima di attendere che fossero rese note le motivazioni in arrivo da Roma.

Appena entrato in possesso del documento, l’editore ha avuto buon gioco a diffondere un comunicato stampa, su carta intestata delle emittenti Antenna Tre, Rete Veneta e Telenordest che coprono Veneto, Friuli Venezia Giulia e Trentino. “Nessuna minaccia, nessuna diffamazione o campagna denigratoria: lo dice la Cassazione” scrive Jannacopulos, che è assistito dall’avvocato Maurizio Paniz. “Nel dispositivo viene chiaramente ribadito il carattere di interesse pubblico dei servizi trasmessi da Rete Veneta e Antenna Tre ‘in materie di forte interesse sociale per l’evidente impatto delle decisioni del direttore generale sulla gestione ospedaliera e sul diritto di tutela della salute degli utenti dei servizi sanitari’. La Corte sentenzia poi come gli stessi servizi non siano in alcun modo riconducibili a diffamazione e, tantomeno, minaccia”.

In effetti il giudice Emilia Anna Giordano, relatrice della sesta sezione penale, presieduta da Pierluigi Di Stefano, scrive: “Si deve pervenire alla conferma del provvedimento del Riesame impugnato (dal procuratore della Repubblica di Vicenza, ndr) che ha escluso che il contenuto dell’incontro tra Jannacopulos e Volpato (il segretario di Bramezza, ndr) e la successiva campagna di stampa, attraverso la messa in onda di servizi critici sull’operato del direttore generale dell’azienda sanitaria, ancorché massiva e connotata da aspetti di faziosità, ma non involgente giudizi sulla persona e sulle sue qualità, siano idonei ad integrare il reato di minacce”.

Tutto era nato dall’incontro di Jannacopulos con Marco Volpato, che per otto anni (dal 2010 al 2018) è stato capo staff del presidente della Regione Veneto, Luca Zaia. Lasciato quell’incarico per motivi personali, Volpato ha cominciato a lavorare nella struttura sanitaria di Bassano e nel luglio 2021 aveva incontrato l’editore. Poi aveva riferito alla guardia di Finanza che l’editore aveva annunciato una campagna stampa contro Bramezza perché il direttore generale non aveva accolto alcune sue richieste su ruoli e attività di medici dell’ospedale di Bassano. In una parola: adombrava pressioni indebite da parte dell’anziano editore bassanese.

Anche su questo punto Jannacopulos dichiara: “Perfino sul conto di uno dei pilastri mossi dall’accusa, ovvero il colloquio ‘privato e confidenziale’, emerge che fu il segretario di Bramezza, Marco Volpato, a sollecitare l’ing. Jannacopulos con l’obiettivo di ottenere ‘una stampa più accondiscendente’ dopo alcuni servizi critici. La Cassazione è netta e conferma come ‘non fossero ravvisabili minacce dirette o indirette’”. Infatti, nelle motivazioni si legge che “la ricostruzione della Procura nel ricorso è manifestamente infondata”. L’inchiesta contesta a Jannacopulos anche il reato di stalking, “perché con condotte reiterate minacciava e molestava Carlo Bramezza”. L’arma utilizzata? Una quarantina di servizi televisivi, per i quali però Bramezza non ha presentato querela per diffamazione. L’inchiesta ha valorizzato numerose intercettazioni, tra cui quelle con il governatore Zaia, con il vicepresidente del consiglio regionale Nicola Finco e con Giacomo Possamai, ex capogruppo dem in Regione e oggi sindaco di Vicenza. Commento dell’avvocato Paniz: “Motivazioni ineccepibili. La Cassazione ha valutato i fatti e stabilito che in nessun servizio vi siano profili di minaccia o diffamazione”.

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