La forma senza sostanza è retorica. I necrologi degli inconsolabili del Cavaliere ne sono pieni da giorni. La forma è quella solenne dei funerali di Stato, incartati con lenzuolate celebrative per il “grande riformatore che ha cambiato l’Italia” con la sua “rivoluzione liberale”. Inchiostro intinto in calamai neri e rossi, poco importa: il punto è che dell’eredità patrimoniale è facile mettere in fila numeri, per quella politica è difficile trovare parole non di circostanza ma di sostanza. Perfino gli adulatori di sempre faticano a trovare uno straccio di riforma cui appendere il feticcio da “statista” che meriti funerali di Stato dopo 3.339 giorni, nove anni, al governo. Meno che mai i sinceramente commossi.

Una plastica prova della difficoltà si è vista ieri in diretta tv. A La7 era ospite la senatrice di Forza Italia Stefania Craxi. Lilli Gruber le chiede dritto dritto: “Mi dica una riforma importante, solo una, che Berlusconi ha lasciato in eredità a questo paese”. Risposta: “Ha fatto tante e piccole grandi cose”, ma quali non si sa, neppure ricorda l’unica forse, la legge Sirchia contro il fumo di 20 anni fa. “Le cose buone sopravanzano quelle cattive…”, quali, boh. Molla il collegamento prima di svelare l’arcano in mondovisione. Cimentarsi nell’impresa, del resto, significa fare i conti con bicamerali fallite, leggi ad personam, bavagli e così via.

E allora, meglio starne alla larga o nel mezzo, coma fa Il Giornale, cioè lo storico giornale della famiglia Berlusconi. Ci prova, dedicando al tema un’intera pagina con due articoli, entrambi con lo stesso problema: a ogni riforma “memorabile” segue la postilla che è poi saltata, una buona idea ma poi…. Prendiamo quella ad Antonio D’Amato, ex presidente Confindustria. Titolo: “Le riforme fondamentali di Berlusconi”. “Ha recepito la voglia di cambiamento e ridato slancio al sistema”, promette l’occhiello, salvo trovare nel pezzo misure benedette dalle imprese (e maledette da chi le ha subite) come l’introduzione dei contratti a tempo determinato, la cancellazione dell’articolo 18 o la riforma delle pensioni e la “riforma fiscale” che “si proponeva di riportare più certezza del diritto ai contribuenti”. Una certezza che si rinnova di anno in anno, a suon di condoni fiscali e saldo-stralcio delle cartelle.

A certificare il carrello vuoto delle riforme è stata ieri la presidente del Senato Maria Elisabetta Casellati: “Aveva in mente il premierato, il progetto che aveva in mente dalla legislatura 2001-2006 in avanti, dedico al lui le riforme”. Lo aveva in mente, appunto. In mancanza di esempi, meglio buttarla sul lato umano. Per il ministro Guido Crosetto “l’eredità politica di Berlusconi è la pragmaticità”, qualunque cosa voglia dire. Il testimone lo raccoglie Casini, che con B. è stato al governo dal 1994: “L’eredità politica? L’ha già presa la Meloni alle scorse elezioni”. Insomma, non era poi questo gran fardello di tavole della legge di Mosé da caricarsi sulle spalle. Anche a sinistra, o giù di lì, si fa fatica ad ammettere che la “pragmaticità” al lato pratico lascia ben poco, salvo le false promesse su posti di lavoro, pensioni, dentiere. Insomma, tutti convinti che Berlusconi “entri nella Storia”, ma perché e a che titolo meglio non dirlo. Si vedrà. La parola al ministro dell’Interno Matteo Piantedosi: “Un gigante che ha cambiato il Paese”, come e in che direzione non è dato sapere, sono dettagli. Tocca al ministro per i rapporti col Parlamento, Luca Ciriani: “Ha segnato la storia. E’ stato uno statista, la sua eredità continuerà ad essere viva”, come, quale, chissà.

La sindrome delle frasi di circostanza contagia tutti. E così, un povero Paolo Gentiloni, stretto tra il momento di cordoglio e il ruolo istituzionale (oggi rappresenta la Commissione Ue ai funerali), se ne esce con: “Berlusconi? Il suo ruolo comunque straordinario”. Qualunque cosa significhi, nel bene e nel male, “comunque”. L’importante è non sminuire la cifra dello statista (cit Cesa, Brugnaro e tanti altri) nel bel mezzo dei funerali di Stato. Roba per “rancorosi”, come si legge in tanti editoriali e nelle dichiarazioni di politici, che poi il lutto nazionale (mai concesso prima a un ex presidente del Consiglio) suona come un’imposizione. E il funerale di Stato come un funerale allo Stato. E non sta bene.

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