La villa Volpi in stile palladiano realizzata sulle dune di Sabaudia negli anni 60 da Tomaso Buzzi, di cui molto si è letto nella cronaca di questi ultimi giorni, è ascrivibile al Kitsch più che all’ambito dei capolavori. “D’altronde il kitsch è di sua natura figurativo, anzi, tende a una figuratività eccessiva, fuori misura che tende a scivolare nel grottesco”, scrive Valerio Paolo Mosco, architetto, docente e critico di architettura, in questo suo ultimo libro Kitsch, un vero e proprio viaggio nel tempo e nella storia del kitsch.

Come i veri libri anche questo è un errare tra altri libri: profondo conoscitore degli itinerari dell’architettura e dell’arte, Valerio Paolo Mosco analizza come uno speleologo gli infiniti rimandi del kitsch declinati nei diversi ambiti delle discipline e della società che conducono sempre altrove. “Il kitsch è un’invenzione della modernità, coniato nell’800, il termine kitsch ha avuto una configurazione lenta e l’inizio di questo lungo processo può avere la data del 787 d.C. l’anno in cui si svolge il Concilio di Nicea (…)”, inizia Mosco, per continuare poi in una serrata, appassionata e avvincente escursione nelle varie epoche e a diverse latitudini.

Il kitsch capace di trascendere sé stesso nel design italiano: dal Pratone di Ceretti, Derossi e Rosso del 1971, all’iconica poltrona Proust di Alessandro Mendini del 1978 ; il kitsch “addomesticato” da Adolf Loos nella Vienna di inizio ‘900 nel progetto della stanza per la moglie del 1903. La cappella evocativa di Ronchamp di Le Corbusier: dopo la sua costruzione il kitsch in architettura cesserà di essere un tabù; Robert Venturi e la demolizione dei tabù dottrinali del Movimento moderno, gli inevitabili rimandi alla Pop Art e alla Biennale Arte del 1964: la trasfigurazione della banalità a cui viene attribuita una identità estetica che Venturi intendeva importare in architettura. Fino ad arrivare ai nostri giorni, Rem Koolhaas, per primo ha compreso come fosse cambiato il kitsch e ha coniato il termine Junkspace “spazio-spazzatura”. Non possono ovviamente mancare gli “antidodi” al kitsch nell’architettura che l’autore individua nell’astrazione; lo straniamento; la frugalità; la nudità.

Valerio Paolo Mosco nella sua disamina sul kitsch a cavallo dei secoli, non bonifica né riconcilia, guarda al presente, scruta il futuro e ci mette in guardia dagli attacchi del nuovo kitsch, quello del buon gusto semplificato e massificato. Oggi infatti, due tipi di kitsch convivono insieme: quello ormai diventato classico, della prevalenza della forma sul contenuto, e quello nuovo, della “forma inflazionata”, un fenomeno che coinvolge gli oggetti di consumo, dagli utensili all’architettura, che sceglie come suo ambito espressivo la mediocrità e che ha come riferimento Ikea, che diffonde uno stile fatto appunto, da elegante mediocrità.

Mediocrità, confort e inflazione sono infatti i caratteri del nuovo kitsch che dagli oggetti è andato ad attrarre a sé anche l’architettura, e che l’architetto spagnolo Alejandro Zaera Polo definisce sarcasticamente instagram architecture che nella sua iconicità semplificata, si presta a figurare bene negli schermi dei nostri telefonini.

L’autore lo presenterà giovedì 15 giugno, alle ore 18:30 , presso la libreria Note Book all’Auditorium Parco della Musica, Viale Pietro De Coubertin 30, Roma.

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