“Non siamo contro la tecnologia, ma non vogliamo il biodigestore così vicino alle nostre case”. Fa discutere la costruzione di un impianto per il trattamento di 17mila tonnellate di rifiuti organici a Primosello Chiovenda, un paesino in Val d’Ossola, in Piemonte. A gennaio 2023 l’amministrazione ha offerto al Consorzio Rifiuti del Verbano Cusio Ossola, l’aera di un ex poligono militare, vicino alla località turistica di Mergozzo. L’idea è quella di costruire, grazie ai finanziamenti del Pnrr (Piano nazionale di ripresa e resilienza) un sistema di produzione di biogas e compost. I cittadini però non ci stanno. “Il centro abitato è a meno di 500 metri dal sito – spiega Miriam Nicastro, del Comitato Bassa Ossola – La nostra valle è lunga e stretta. L’odore sprigionato dal biodigestore quindi rimarrebbe e sarebbe insopportabile”. Per il gruppo inoltre il progetto, se realizzato, comporterà diversi problemi per la viabilità, il consumo d’acqua e, in generale, il benessere dei cittadini.

“Il progetto è stato voluto dall’amministrazione e permetterà un grande risparmio per le casse pubbliche – afferma Roberto Righetti, direttore Consorzio Rifiuti del Verbano Cusio Ossola – Da dieci anni abbiamo conferito a Bergamo oltre 400mila tonnellate di rifiuti, al costo di 80 euro ciascuna, ai quali vanno aggiunti altri 20 euro per il trasporto. L’impianto di digestione anaerobica- aggiunge – incentiva l’economia circolare”. Il biodigestore, secondo le stime, ha un costo di 20 milioni di euro, recuperati dalla popolazione “con l’alleviamento della tassa rifiuti”, la vendita del compost e l’immissione in rete del biogas ottenuto.

Il piano è però ancora lontano dall’arrivare sul tavolo della regione Piemonte. Il Comitato della Bassa Ossola ha inviato una diffida ai sindaci dei 74 comuni del Consorzio Rifiuti. Inoltre, il comune di Mergozzo ha deciso di svolgere ulteriori verifiche, prima di destinare al progetto aree aggiuntive rispetto a quelle di Primosello. “Abbiamo fatto dei sopralluoghi in altri impianti e non si sente un ‘profumo di sottobosco’, come ci dicevano. Metalli e plastiche vengono poi separati grossolanamente dagli scarti verdi e rischiamo di respirarli. Da ultimo, si riscontra un proliferare di insetti – spiega Sara Carbone del Comitato – I sistemi per questo di solito sono fuori città. Qui la prima casa sorge a 20 metri invece”. Per Roberto Righetti, la preoccupazione dei cittadini è però eccessiva: “I lavorati non saranno all’esterno e i capannoni saranno chiusi e pressurizzati, cioè l’aria potrà entrare da fuori ma non uscire”.

Gli ossolani sono però preoccupati anche dall’aumento del traffico, causata dai camion che caricheranno e scaricheranno in prossimità dell’impianto. “Loro parlano di 15 passaggi giornalieri, ma per 17mila tonnellate, che dovrebbero arrivare a 26 annue, noi ne contiamo oltre 30, solo per ciò che deve entrare”, afferma Miriam Nicastro. “Il lavoro per 24 ore al giorno provocherà anche inquinamento acustico e ci preoccupa anche la possibilità di incidenti, come lo sversamento di acque reflue o esplosioni nell’impianto, che tratta comunque gas – aggiunge Sara Carbone – Qui vicino c’è anche una fabbrica di plastica”. Poi, secondo il Comitato, il biodigestore richiederà un eccessivo consumo di acqua, in una zona che ultimi anni ha sofferto la carenza idrica, con razionamenti e altre misure. “Per noi saranno tra le 9 mila e le 18 mila tonnellate. Non sappiamo dove saranno reperite”, afferma Nicastro. “Il progetto definitivo è in fase di elaborazione – risponde Righetti del Consorzio – I nostri tecnici sono al lavoro per offrire maggiori dettagli e rassicurare i cittadini. Poi sarà la Regione a valutare”.

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