“A differenza di tanti miei connazionali trasferiti all’estero, io amo il mio Paese. Ho la fortuna di essere cittadino di due Paesi diversamente stupendi ma, purtroppo, l’Italia non si è saputa evolvere come ha fatto il Canada”. Andrea Boi ha 43 anni, è originario di Cagliari e dal 2017 è in Canada, in Ontario, dove vive con la sua famiglia, anche se frequenta il Paese dal 1994.

No, trasferirsi non è stato facile: Andrea mette subito in chiaro le cose. “Le mie figlie avevano appena 1 e 2 anni quando siamo atterrati. Vivere in un Paese così distante da soli significa dover pensare a tutto. Devi contare solo su te stesso. Mia moglie si è dimostrata capace di seguirmi in questa avventura”, ricorda al fatto.it. Le principali difficoltà appena arrivati riguardano l’alloggio: il mercato delle case è molto particolare e la forte domanda, non essendo compensata da un’offerta sufficiente, porta a incessanti aumenti degli affitti e dei prezzi di acquisto, spiega Andrea. I costi per l’abitazione sono anche quelli che penalizzano di più il bilancio familiare. “Fortunatamente si riesce a risparmiare su altri aspetti, ad esempio il costo del carburante e degli alimenti. Esistono molti supermercati che vendono prodotti a prezzi decisamente vantaggiosi se non si hanno molte pretese”.

Andrea ha una laurea in economia aziendale e per anni, prima di cambiare settore e continente, ha gestito l’azienda di famiglia in Italia. Oggi, che lavora come consulente finanziario, la giornata inizia alle 8.30, tra riunioni interne e incontri con i clienti. “Ma quando posso fuggo dalla città per avventurarmi alla ricerca di nuovi sentieri nei boschi canadesi”, sorride. In Canada si lavora tanto ma la meritocrazia “paga quasi sempre – aggiunge –. Esiste, inoltre, una vera e propria contrattazione tra il candidato e l’azienda: questo significa che per ogni ruolo, specie quando sono richieste competenze specifiche, il candidato può cercare di negoziare il suo stipendio”. Le ferie sono generalmente “meno di quelle riconosciute in Italia, specie quando appena assunti”, continua.

Le tasse non sono “mai un peso”, grazie ad un’aliquota progressiva. Il livello dei servizi è “ottimo”. Governo federale, provinciale e municipale si occupano di cose diverse e la formazione scolastica garantisce un giusto sbocco professionale, spiega Andrea. “L’agenzia delle entrate canadese è molto efficiente: se sei a credito puoi essere certo di ricevere il pagamento atteso con la massima puntualità”, sorride.

Agli occhi di Andrea il Canada è un Paese di migranti e questa consapevolezza aiuta anche nell’accoglienza. Al contrario, le maggiori difficoltà sono arrivate dagli altri italiani che, “almeno nella mia esperienza personale, sembravano talmente desiderosi di crearsi il loro spazio da escludere e isolare alcuni neoarrivati perché colpevoli di non conoscere a dovere la mentalità canadese, associata quasi esclusivamente al raggiungimento del successo economico e professionale”.

Da italiano e canadese, Andrea nota “differenze enormi tra i modi di pensare a cui ero abituato” e sottolinea la “cultura progressista di questa grande nazione: il Canada per me rappresenta la libertà, l’assenza di pregiudizi. Nessuno ti giudica per quello che pensi, indossi o per il tuo orientamento sessuale”. Anche per questo, forse, non si è mai pentito delle scelte fatte. Anzi. “Quando ho qualche dubbio e mi immagino di ritornare in Italia, ecco, quello è il momento in cui capisco che la mia permanenza in Canada è quello che voglio”.

Dell’Italia mancano la famiglia e qualche amico. “Sono valori non trasferibili all’estero, specie quando vai in un Paese così competitivo, dove anche organizzare un’uscita tra amici richiede tempo e programmazione. Spesso sei solo, anche quando non lo sei – continua –. Chi ti sta accanto in Canada a volte lo fa per convenienza. La competitività alle volte non è soltanto un pregio ma anche un difetto”.

L’Italia per Andrea rimane un Paese stupendo ma vecchio. “Per vecchio non intendo certo riferirmi all’antichità delle sue città e borghi quanto al sistema in sé, incapace di mutare e adeguarsi con gli anni restando così ancorato a tanti pregiudizi e a un’organizzazione distante anni luce da quella di Paesi più moderni come ad esempio il Canada”. E il futuro? “Mi vedo insegnare alle mie figlie a fare scelte coraggiose così come ho fatto io e a non accontentarsi mai. La vita è troppo breve per avere rimpianti. Non tornerei mai in Italia per chi vi governa – conclude –. Non credo a nessuno, ho finito di farlo da quando ero ragazzino”.

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“Vivo da freelance su un’isola delle Filippine, circondata dalle palme. In Italia non riuscirei più a riadattarmi”

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