di Kevin De Sabbata*

Leggo l’interessante blog di Dario Balotta sul fattoquotidiano.it mentre sono sul treno da Stoke-on-Trent a Derby, nelle Midlands inglesi. Il trenino a diesel arranca fra le verdi colline punteggiate dalle pecorelle senza dare garanzie di puntualità, sul pavimento una patina appiccicaticcia di sporco, sui sedili le bottiglie e le lattine di birra lasciate dai passeggeri del servizio precedente. Sarà perché sono sempre un po’ con un piede di qua e un piede di là della Manica, ma ho l’impressione che l’Inghilterra sia a volte la premonizione della realtà auspicata da certe proposte che in Italia discutiamo da decenni e non abbiamo il coraggio di attuare del tutto. Nel caso dei treni, però, non sembra una premonizione confortante.

Il trasporto ferroviario inglese è probabilmente uno degli esempi principali, in Europa, di sistema basato sulla concorrenza. Al di là delle linee che portano alla Capitale, i treni anche per città-capoluogo sono spesso insufficienti, antiquati, in ritardo. Anche per raggiungere centri importanti si è non di rado costretti a destreggiarsi tra cambi, buchi nell’orario e treni che partono ad un’ora diversa da quella indicata sul sito internet. In più, ormai dall’anno scorso una sequenza continua di scioperi nazionali, che non hanno risparmiato nemmeno la settimana dell’Eurovision, rendono difficile pianificare qualsiasi spostamento. TransPennine Express, una delle principali compagnie che collegano fra loro grandi città del Nord come Liverpool, Manchester e Leeds, ha dovuto essere nazionalizzata dopo mesi di ritardi biblici e soppressione di circa un treno su quattro. Nel 2016 Southern Rail, che gestisce la maggioranza dei treni locali intorno a Londra, finì in un simile caos, creato dalla combinazione fra dispute sindacali e certe caratteristiche del contratto di servizio. Questo naturalmente senza dimenticare le quotidiane lamentele dei clienti della miriade di società di trasporto ferroviario che dai primi anni ‘90 sono spuntate come funghi.

Anche sulle linee intercity per Londra le cose sembrano scricchiolare. Nonostante treni generalmente più frequenti, veloci e moderni, a meno che non si prenoti con settimane di anticipo un biglietto con data e orario rigidamente prefissati (e non emendabili), i prezzi sono spesso molto cari, e comunque è difficile trovare un treno che ti riporti a casa dalla Capitale dopo le 21.30. Inoltre, anche in questo caso il servizio è diventato progressivamente sempre più inaffidabile. Avanti West Coast, che gestisce la tratta a lunga percorrenza fra Londra, Manchester e Glasgow, è stata oggetto di accese polemiche per i numerosi ritardi, l’offerta inadeguata sia in termini di qualità che di quantità e regolari apocalittici meltdown dell’intero servizio. Una volta sono rimasto bloccato per svariate ore a Rugby e, mentre mi lamentavo di come la situazione fosse anche peggio che in Italia, una distinta signora inglese con i fiori in testa mi disse “ma lo sanno tutti che i treni italiani sono ottimi!”. Quando perfino gli inglesi ammettono di invidiare l’efficienza italiana, sai che la situazione ha toccato il fondo.

Insomma, in questi anni di attese al freddo umido delle stazioni inglesi, le privatizzazioni non mi hanno scaldato il cuore. Ho invece una grande nostalgia dei treni olandesi (ho vissuto ad Amsterdam per quattro anni). Certo, parliamo di un paese piccolo e piatto e questo semplifica le cose. Cionondimeno, ricordo ancora il senso di libertà dato da un sistema di trasporti pubblici in cui si può tornare in treno all’una di notte, ogni pur piccolo punto sulla mappa è ben collegato e comunque ad ogni stazione la società delle ferrovie ti noleggia una bicicletta per andare dove vuoi; i prezzi sono accessibili per gli stipendi locali e tutti i residenti hanno in tasca una tesserina gialla che permette di montare sul treno senza prenotare o fare file in biglietteria e dà accesso ad offerte che con circa 30 euro al mese permettono di viaggiare gratis attraverso l’intero territorio nazionale tutto il weekend. Non so di preciso quale sia l’assetto societario e normativo che governa la Nederlandse Spoorwegen (la compagnia che gestisce la stragrande maggioranza dei treni olandesi), ma sono piuttosto sicuro che sia pubblica.

Non essendo un esperto in economia dei trasporti non saprei fornire un modello preciso per migliorare il sistema ferroviario italiano. Tuttavia, mi sento di poter dire che, forse, invece di limitarci a sottolineare le (indubbie) virtù della concorrenza, dovremmo discutere che tipo di privatizzazione vogliamo, in quale misura, con quali regole e se potrebbe effettivamente funzionare nel nostro paese. In questo, grandi esperti come il professor Balotta possono senz’altro esserci di aiuto.

*docente presso la Facoltà di Giurisprudenza della Keele University in Inghilterra

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