Una chiusura che certifica lo stallo. Le speranze riposte nel faccia a faccia tra Papa Francesco e Volodymyr Zelensky si sono affievolite in 40 minuti, il tempo dell’udienza privata tra il pontefice e il presidente ucraino. È bastato attendere il riassunto del numero uno di Kiev all’uscita dall’incontro per comprendere come la linea dell’Ucraina, al momento, non incroci quella di Bergoglio. Almeno pubblicamente. Zelensky ha parlato di “onore” nell’incontrare Francesco, al quale ha affidato l’aspetto umanitario legato ai bambini deportati in Russia, ma come in ogni comunicazione che contiene un “però” o un “ma” è la parte che segue quella che conta. E il leader ucraino ha infatti continuato: “Però lui conosce la mia posizione, la guerra è in Ucraina e il piano deve essere ucraino. Siamo molto interessati a coinvolgere il Vaticano nella nostra formula per la pace”.

La richiesta pubblica, insomma, è quella di accodarsi ai dieci punti proposti da Kiev e ai quali, ha sottolineato Zelensky, Vladimir Putin ha già risposto con i missili. Per il presidente ucraino quella formula di pace è “l’unico algoritmo efficace per una pace giusta”. E per raggiungerla – “con tutto il rispetto per Sua Santità” – a suo avviso “non abbiamo bisogno di mediatori”. La seconda richiesta a Francesco, oltre all’interesse per riportare in patria i circa 19mila bambini allontanati dopo l’occupazione dei territori, è semmai di prendere una posizione ancora più netta: “Ho chiesto di condannare i crimini russi in Ucraina. Perché non può esserci uguaglianza tra la vittima e l’aggressore”. Se non un naufragio dei tentativi del Vaticano, quantomeno uno stallo. Riassunto nelle fredde righe diffuse dalla Santa Sede, in riferimento anche al successivo incontro tra Zelensky e l’arcivescovo Paul Richard Gallagher, segretario per i rapporti con gli Stati e le organizzazioni internazionali della Segreteria di Stato, una sorta di “ministro degli Esteri” del Vaticano, nelle quali è ribadita la “necessità di continuare gli sforzi per raggiungere la pace”.

Tanto sono cordiali i toni, tanto è percepibile la distanza che resta tra l’impostazione vaticana e l’idea che Zelensky ha per la risoluzione del conflitto. L’unico terreno comune, per adesso, restano i bambini deportati da riportare in Ucraina. Il Papa ha assunto l’impegno di mediare con la Russia. Tra l’altro, proprio quello è uno dei dieci punti della pace proposto da Kiev. E la speranza di Francesco è che sia anche un modo per poi iniziare a parlare proficuamente anche di altro. La via è ben più stretta di quanto immaginato negli ultimi mesi, anche se nel suo discorso serale Zelensky parla di una “conversazione che potrebbe davvero influenzare la storia, potrebbe davvero aiutare a fermare il male dell’aggressione”. E ha aggiunto di credere che “la volontà e la sincerità di Sua Santità possano avvicinare l’attuazione della nostra formula di pace, possano avvicinare una pace giusta e onesta”.

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