Sembra un paradosso, ma in un’Italia dove le culle sono sempre più vuote il capitolo finora più tormentato del Pnrr riguarda proprio uno degli interventi più importanti per rilanciare la natalità: la realizzazione di nuovi asili nido e la riqualificazione di quelli esistenti. Già perché, dopo una serie di ritardi, dovuti alla lentezza della burocrazia e a un eccesso di puntiglio da parte del ministero dell’Istruzione, il piano subirà, molto probabilmente, un rinvio. Il termine del 30 giugno per l’aggiudicazione dei lavori concordato con l’Unione europea, infatti, è troppo vicino e il rischio di perdere i fondi concreto. Per questo, il ministro per gli Affari europei, Raffaele Fitto, ha avviato un’interlocuzione con Bruxelles per modificare la scadenza. I Comuni, responsabili della “messa a terra” degli interventi, premono per spostarla almeno a ottobre, in modo da garantirsi un certo margine di sicurezza. Nella speranza che non ci siano altri intoppi.

Terminate le formalità burocratiche, e con il supporto tecnico fornito da Invitalia agli enti locali, la strada dovrebbe essere in discesa. Di sicuro, però, il programma, che stanzia 3 miliardi di euro a cui si aggiungono 900 milioni di euro per la gestione e 700 milioni di risorse nazionali per finanziare interventi in 333 scuole materne e 1.857 fra nidi e poli per l’infanzia, non ha avuto vita facile. Le scadenze rilevanti per la Commissione sono due: una milestone che prevede l’aggiudicazione entro il 30 giugno 2023 dei contratti per la costruzione, la riqualificazione e la messa in sicurezza, e un target che prescrive di creare 264.480 nuovi posti tra asili nido e scuole materne entro la fine del 2025. Come detto, sarà la prima a subire uno slittamento. Colpa di una serie di ritardi che si sono accumulati nel corso del 2022, e che hanno costretto il nuovo ministro dell’Istruzione, Giuseppe Valditara, a correre ai ripari, e Fitto a chiedere un rinvio a Bruxelles.

Ma andiamo con ordine. Alla chiusura del bando del 28 febbraio 2022 erano pervenuti progetti per solo la metà delle risorse stanziate (3 miliardi dei quali 2,4 per i nidi). Il ministero dell’Istruzione, all’epoca guidato da Patrizio Bianchi, aveva deciso di prorogarne la scadenza al 31 marzo, a sua volta prolungata al 31 maggio 2022 per venire incontro ai comuni del Mezzogiorno (con priorità per Basilicata, Molise e Sicilia) che avevano dato forfait. Tutto risolto? Non proprio, perché, in seguito, a dilatare i tempi ci si è messo pure il ministero dell’Istruzione. Dopo la pubblicazione della graduatoria con gli interventi finanziati il 16 agosto, invece che a giugno come originariamente previsto, ci sono voluti oltre due mesi per registrare il decreto con il riparto delle risorse alla Corte dei Conti. “Dal Miur sono stati un po’ rigidi”, spiega Veronica Nicotra, segretaria generale dell’Associazione nazionale dei comuni (Anci). “Ad agosto non hanno infatti consentito ai Comuni di avviare la progettazione nonostante ci fosse una norma che lo consentiva una volta pubblicata la graduatoria”.

La mancata registrazione nei tempi del decreto ha impedito di procedere con gli step successivi, come la sottoscrizione degli accordi di concessione, con cui gli enti locali si impegnano a rispettare una serie di clausole. La conseguenza è stata di rallentare a catena tutta la macchina burocratica, facendo saltare il cronoprogramma stabilito dal ministero. Il 15 novembre scorso il nuovo titolare dell’Istruzione Valditara ha spostato il termine per l’aggiudicazione degli appalti dal 31 marzo al 31 maggio 2023. Una data che appare fuori portata. “Aggiudicare i lavori entro il 31 maggio, come prevede il governo, è molto difficile”, sottolinea Nicotra. L’indicazione di Anci e governo però è quella di non contare su un rinvio della scadenza del 30 giugno, perché è tutt’altro che scontato che Bruxelles dia via libera.

Il piano per gli asili è troppo importante. Soprattutto considerando la situazione delle regioni del Sud Italia, a cui, non a caso, sono state destinate il 55,29% delle risorse per la fascia 0-2 anni. Uno degli obiettivi principali, infatti, è ridurre i rilevanti divari territoriali. Mentre la copertura totale (pubblica e privata) per i servizi per la prima infanzia nel 2019 si attestava al 26,9% a livello nazionale, oltre sei punti in meno rispetto al 33% fissato dall’Europa, nel Mezzogiorno i valori oscillavano intorno al 15%. Secondo l’Ufficio di Parlamentare di Bilancio, che alla misura ha dedicato un focus, nonostante i 2,4 miliardi stanziati dal Pnrr solo per gli asili nido, Campania e Sicilia non riusciranno a colmare il gap dei posti mancanti. Inoltre, alla chiusura dei bandi, la Basilicata non ha sfruttato metà delle risorse assegnate (47,9 milioni) mentre la Sicilia ha utilizzato la sua fetta solo in parte, rinunciando di fatto a 119 milioni di euro. Risultato: ad oggi, 3.400 comuni dove meno dell’11% dei bambini trova posto al nido non hanno partecipato al programma. E questo anche a causa dei bandi. Già a gennaio 2022, l’Ufficio parlamentare di bilancio definiva i criteri seguiti dal ministero “discrezionali” e “senza alcun apparente fondamento”. Non certo un bel viatico per contrastare la denatalità.

Articolo Precedente

Pnrr, la Corte dei Conti rivede al ribasso il contributo a occupazione dei giovani e parità di genere. Flop delle “quote” negli appalti

next
Articolo Successivo

Pnrr impantanato: per la sanità speso meno di un quarto del previsto. Al palo anche la spesa per inclusione e coesione sociale

next