Non c’è solo l’allargamento delle maglie per i contratti a termine. Nel decreto Lavoro licenziato in settimana dal consiglio dei ministri, del quale peraltro manca ancora il testo definitivo, trova spazio anche un’ulteriore liberalizzazione dei voucher. Dopo la loro reintroduzione su larga scala fatta con la legge di Bilancio a dicembre, il governo Meloni interviene di nuovo sulla disciplina dei buoni lavoro. E lo fa con un articolo, il 37, contenuto nell’ultima bozza del Decreto: la norma innalza da 10mila a 15mila euro il limite per la loro emissione da parte dei datori che operano nei settori dei congressi, delle fiere, degli eventi, degli stabilimenti termali e dei parchi divertimento. Viene anche estesa l’applicazione dei buoni, in precedenza limitata alle imprese fino a 10 dipendenti a tempo indeterminato: la soglia, in questo caso, sale a 25 lavoratori subordinati.

“È un intervento molto marginale che tocca solo questo settore particolare e non sarebbe nemmeno tanto significativo se non fosse che si inserisce in un contesto più ampio di incentivazione della precarietà”, commenta al fattoquotidiano.it l’avvocato giuslavorista, Vincenzo Martino. “Inoltre è il secondo intervento che il governo Meloni fa sui voucher, entrambe le volte nella direzione dell’allargamento del loro utilizzo”. Per Fabrizio Russo, segretario generale di Filcams-Cgil, “è un provvedimento sbagliato che liberalizza ulteriormente rispetto a quanto era stato già fatto con la legge di Bilancio. In un settore che è caratterizzato da lavoro povero, precario e irregolare, l’unica misura che viene adottata dal governo è una conferma ulteriore dei voucher. Per noi è un forte peggioramento in termini di condizioni di lavoro”. L’alibi secondo cui i voucher faciliterebbero l’emersione dal lavoro nero? Secondo Russo è vero il contrario: “È uno strumento di agevolazione di forme di lavoro irregolare. Ne abbiamo avuto la riprova negli anni in cui si è fatto ricorso ai voucher nel nostro settore. Secondo un nostro studio, tra il 2008 e il 2017 sono stati venduti 400 milioni di voucher, dei quali il 20% nel turismo. Il ricorso ai voucher per singolo lavoratore è stato di 60-70 all’anno per un dato salariale medio di 480 euro all’anno”.

Con la legge di Bilancio l’esecutivo aveva ripristinato in grande stile lo strumento creato nel 2003 con la riforma Biagi, dal nome del giuslavorista Marco Biagi assassinato dalla nuove Brigate Rosse, ed effettivamente in uso a partire dal 2008. Dal primo gennaio scorso, i voucher da 10 euro lordi (7,50 netti all’ora) possono essere utilizzati nel comparto Horeca (hotel, ristoranti e bar) e della cura della persona, in particolare per quel che riguarda i lavori domestici. Rispetto ai vincoli previsti dal decreto Dignità del 2018, che limitava i buoni al mondo agricolo e turistico (ma solo per pensionati, studenti con meno di 25 anni e disoccupati), ora il loro uso è molto più esteso. È stato infatti raddoppiato il reddito che un lavoratore può percepire con gli assegni, passato dai 5mila euro fissati dal decreto Dignità a 10mila euro l’anno. Anche il tetto al numero massimo di dipendenti è stato alzato: da 5 a 10.

Da ultimo, il decreto Lavoro ha ampliato le possibilità di ricorrere ai voucher in alcuni sotto settori turistici, come le fiere e i congressi. “Non è un intervento radicale, è un piccolo restyling”, prosegue Martino. “Evidentemente il governo è sensibile a pressioni da parte di particolari settori del mondo imprenditoriale, ma non è la prima volta che accade. Questo intervento è solo la tessera di un mosaico più complessivo che conferma la tendenza a precarizzare e a frammentare ulteriormente il mondo del lavoro, del quale la parte più preoccupante è la norma sui contratti a tempo determinato”. “A fronte di tutte le tipologie contrattuali che sono presenti e utilizzate nella filiera del turismo e della ristorazione, non c’era la necessità di introdurre un nuovo strumento”, chiosa Russo.

Prima della loro abolizione nel 2017 ad opera del governo Gentiloni, che però li reintrodusse subito dopo con il nome di “Libretto di famiglia” e di “PrestO” (contratto di prestazione occasionale), i voucher erano diventati una vera e propria piaga. In seguito alla loro completa liberalizzazione, avvenuta tra il 2014 e il 2015 nell’ambito del Jobs Act, quando a Palazzo Chigi c’era Matteo Renzi, l’emissione dei buoni era letteralmente esplosa. Un dato su tutti: mentre nel 2008 ne vennero staccati 536mila, nel 2016, ultimo anno in cui lo strumento ha funzionato a pieno regime, addirittura 134 milioni. Nel complesso, sono stati emessi 433 milioni di voucher.

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