Non è stato possibile dare un volto ai presunti corrotti dell’affaire Metropol, ma l’obiettivo della manovre nel celebre hotel di Mosca era portare denaro nelle carte della Lega. L’archiviazione dell’inchiesta, su una compravendita di petrolio che, stando ad un audio, avrebbe dovuto avere lo scopo di alimentare con 65 milioni di dollari al Carroccio, fa emergere questo e altri particolari dopo gli accertamenti durati tre anni da parte dei pm. Scrive il giudice per le indagini preliminari, Stefania Donandeo, che gli accertamenti della Guardia di finanza hanno fatto emergere che gli “atti posti in essere erano inequivocabilmente diretti verso l’obiettivo finale di finanziare illecitamente il partito Lega, grazie ai rapporti che Savoini, presidente dell’associazione culturale Lombardia-Russia, aveva saputo tessere con influenti personaggi del mondo politico, economico, culturale russo”. Ma “detti atti non possono qualificarsi idonei a raggiungere, almeno potenzialmente, lo scopo non essendosi conclusa non solo la fase finale di destinazione di una certa percentuale” alla Lega “ma neanche l’operazione principale di compravendita” di petrolio. Del resto gli stessi pm, che avevano chiesto l’archiviazione, avevano concluso che il segretario del partito, Matteo Salvini che invoca scuse e minaccia querele, fosse consapevole della trattativa ma non della ipotizzata tangente. Nel registro degli indagati erano finiti il leghista Gianluca Savoini, ex braccio destro di Salvini, l’avvocato d’affari Gianluca Meranda e l’ex bancario Mps Francesco Vannucci.

L’impossibilità di identificare i russi e la mancata rogatoria – Nel 18 pagine del provvedimento la magistrata non solo spiega perché archivia l’accusa di corruzione internazionale mossa nei confronti di Savoini, Gianluca Meranda e Francesco Vannucci, i tre indagati nell’inchiesta, ma chiarisce anche che non è possibile nemmeno contestare un presunto finanziamento illecito al partito, nemmeno nella forma “tentata”. In definitiva, scrive il gip accogliendo le richieste dei pm, “non essendosi perfezionate neppure le prime fasi della trattativa (l’acquisto dei prodotti petroliferi da una società russa da parte di Euro IB e la rivendita a ETS, o ad altra diversa entità, ad un prezzo superiore), l’intera operazione rientra in un proposito criminoso non costituente reato”. La “impossibilità di identificare con precisione i soggetti russi coinvolti nelle trattative descritte e le cariche pubbliche rivestite dagli stessi a causa della mancata risposta della Russia alla rogatoria”, inoltrata dalla Procura di Milano “già prima dell’inizio della guerra in Ucraina”, e “l’ancora maggiore improbabilità di ottenere una risposta a seguito del conflitto, non consentono di formulare una ragionevole previsione di condanna degli indagati per il reato di corruzione internazionale”.

I fatti “emersi dalle indagini”, spiega il giudice, “non sono sufficienti a ritenere integrata la fattispecie di corruzione” internazionale “né per l’esercizio della funzione né per un atto contrario ai doveri d’ufficio”, non tanto “per il fatto che l’operazione economica non sia andata a buon fine”, quanto “perché i soggetti russi, con cui gli indagati si sono interfacciati, non appaiono rivestire la qualifica di pubblici ufficiali o incaricati di pubblico servizio”. Per il gip “i termini dell’accordo si possono ritenere sufficientemente definiti nel corso della trattativa che si è snodata almeno da giugno a ottobre 2018” e si può “a tutti gli effetti parlare di perfezionamento di un accordo tra gli indagati e i mediatori russi”. Tuttavia, non è stato possibile nelle indagini identificare i presunti pubblici ufficiali russi destinatari delle tangenti ipotizzate.

L’inchiesta fatta a posteriori, recuperando mail e chat sui telefoni sequestrati, era approdata a una certezza su Savoini: era “accreditato in Russia” insieme a Meranda e Francesco Vannucci “quale membro dello “staff di Salvini” con il quale aveva avuto “contatti intensi nel periodo di interesse investigativo”. L’indagine aveva messo poi in luce i dissidi interni lato Mosca sull’affaire italiano dal quale l’ex portavoce di Matteo Salvini contava nel 2018-2019 di ricavare metà di un tesoretto di 110 milioni di dollari con cui finanziare illecitamente la campagna della Lega per le elezioni europee e amministrative del 2019.

Negli atti incontri e contatti di Salvini – La “faccenda del petrolio”, ossia la presunta compravendita al centro anche dell’incontro all’hotel Metropol di Mosca del 18 ottobre 2018, emerge “espressamente” in “una conversazione” a Roma dell’11 luglio dello stesso anno tra l’ex bancario Francesco Vannucci e l’avvocato Gianluca Meranda “in cui i due fanno riferimento anche a contatti diretti con Matteo Salvini”. E il primo avrebbe detto pure “di aver saputo da Savoini che Matteo ufficialmente avrebbe incontrato il ministro degli Interni russo ma che in realtà vi sarebbe stato un incontro anche con questo Konstantin”, che potrebbe essere “Malofeev”, “uno dei duecento oligarchi russi soggetti a misure restrittive da parte dell’Onu”. Un’inchiesta nella quale Salvini non è mai stato indagato. Tra questi atti appunto dei passaggi di un lunghissimo colloquio tra Vannucci e Meranda, registrato da quest’ultimo. Vannucci dice: “Vanno al Four Season (…) in una stanza super segreta che c’è lì dentro con Konstantin (…) ti dico che si va a parlare di due o tre cose direttamente (…) arrivano da Putin tra cui questa cosa qui (…) Matteo va ufficialmente a vedere il ministro degli Interni”. Savoini avrebbe anche riferito a Vannucci, a detta di quest’ultimo e come riassume il gip, che “l’interlocutore russo ‘K’ aveva chiesto i dettagli del ‘piacerè che i russi avrebbero dovuto fare alla Lega in modo da quantificare l’operazione” sul petrolio.

La fuga di notizie – Le “trattative” fra i presunti intermediari della Lega a Mosca con Rosneft e Gazprom “non hanno avuto sviluppi stante la divulgazione a mezzo stampa delle trattative in parola”. Per il gip “occorre chiedersi se dette trattative possono integrare un fatto penalmente rilevante” e “i risultati delle indagini svolte non consentono di formulare una ragionevole ipotesi di condanna”. Le diverse trattative intavolate – tutte saltate e non andate in porto – avrebbero riguardato la vendita dalla Russia di 6 milioni di tonnellate metriche di prodotti petroliferi facendole acquistare dalla banca Euro IB – di cui Meranda e Vannucci “rivendicavano l’affidabilità” – a un prezzo inferiore a quello di mercato per rivenderle a un prezzo superiore a accantonare il fondo con cui finanziare la Lega e remunerare i russi coinvolti nell’operazione, che salterà per il “rifiuto da parte di Rosneft dovuto all’eccessivo sconto richiesto dal potenziale acquirente

La difesa e la vicenda mediatica – “Si mette la parola fine dunque ad una vicenda dai tratti squisitamente giornalistici e certamente priva di rilevanza giuridica” dice l’avvocato e professore Ersi N. Bozheku, legale dell’avvocato Gianluca Meranda e dell’ex bancario Francesco Vannucci. “Abbiamo appreso con viva soddisfazione che il Gip di Milano ha accolto la richiesta di archiviazione avanzata dai pm della Procura della Repubblica con riferimento al caso cosiddetto Metropol, che tanto clamore e dietrologie aveva creato nell’estate del 2019”, spiega l’avvocato. La difesa “non ha mai coltivato dubbi in merito all’estraneità dei propri assistiti in ordine al reato contestato, così come, nel silenzio che la serietà che il sistema penale richiede nel rispetto del lavoro della magistratura, ha sempre confidato nella giustizia. Si mette la parola fine dunque – conclude il difensore – ad una vicenda dai tratti squisitamente giornalistici e certamente priva di rilevanza giuridica”.

“Non siamo affatto sorpresi dell’esito delle indagini nei confronti del dottor Savoini. È il risultato scontato di un’indagine durata purtroppo quattro anni e che non poteva avere altro sbocco. L’ipotesi accusatoria aveva manifestato sin dalla sua genesi tutta la sua inconsistenza” commenta l’avvocato Lara Pellegrini, difensore di Gianluca Savoini. “Non c’è alcuna relazione finanziaria o di altro tipo tra Lega, Salvini e Russia. Non esiste. Ora è impossibile avere una normale cooperazione per questa politica di sanzioni russofobica ma non credo sia possibile ci siano affari finanziari o commerciali” dice Alexey Komov, ambasciatore russo presso le Nazioni Unite del Congresso Mondiale delle Famiglie, commentando con l’Adnkronos l’archiviazione.

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