Il Segretario di Stato olandese non potrà più rimandare i richiedenti asilo in Italia perché nel nostro Paese esiste “un rischio reale che, al di là della loro volontà e delle loro scelte, i cittadini stranieri finiscano in una situazione di privazione materiale di vasta portata quando vengono trasferiti in Italia, che impedisce loro di soddisfare i più importanti bisogni primari, come un alloggio, cibo e acqua corrente”, scrive il Consiglio di Stato olandese in una sentenza del 26 aprile 2023, dove dichiara illegittime due decisioni delle corti amministrative che avevano disposto il trasferimento di due richiedenti asilo in base al regolamento di Dublino. Non è la prima volta che in un Paese europeo gli stranieri ricorrono contro l’applicazione del regolamento, che individua nello Stato di primo ingresso nell’Unione europea quello competente per la valutazione delle domande di protezione internazionale. Il regolamento si basa sulla “reciproca fiducia tra Stati membri”, che si fonda sulla presunzione che tutti i Paesi Ue sono “sicuri per i cittadini di Paesi terzi” e che garantiscano un eguale livello di tutela dei diritti fondamentali. Ma in Italia le cose non stanno più così. Parola del nostro governo, che ha sospeso i “trasferimenti Dublino” verso l’Italia fornendo ai giudici dei Paesi Bassi le motivazioni per una sentenza senza precedenti.

La decisione dei giudici olandesi La Divisione di diritto amministrativo del Consiglio di Stato olandese si è espressa sui casi di un cittadino nigeriano e di un altro uomo che sostiene di essere eritreo. Il primo ha presentato domanda di asilo in Italia per tre volte e successivamente nei Paesi Bassi. L’altro, anch’esso entrato in Europa attraverso l’Italia, non aveva presentato domanda di asilo. Il Segretario di Stato aveva respinto le domande di asilo dei due richiedenti con l’intenzione di trasferire entrambi in Italia, Paese competente. Decisione alla quale i due si erano opposti, sostenendo che la situazione dei richiedenti in Italia viola i diritti umani. Oggi il Consiglio di Stato ha dato loro ragione, ritenendo che il trasferimento li avrebbe esposti alla violazione dei loro diritti e in particolare dell’articolo 3 della CEDU e dell’articolo 4 della Carta dell’Ue. Obbligando così il Segretario di Stato a non trasferire i cittadini stranieri e a includerli nella procedura nazionale di asilo. Non proprio un bella notizia per il governo conservatore olandese, che condivide con l’Italia la necessità di rafforzare i controlli ai confini esterni dell’Ue ma ha tutt’altre idee sulla distribuzione di quote di richiedenti asilo.

La sentenza olandese e la circolare italiana A sostegno delle loro ragioni, i due ricorrenti hanno portato una circolare dell’Unità Dublino del ministero dell’Interno italiano che, con decisione unilaterale, lo scorso 5 dicembre ha comunicato a tutte le “Unità Dublino” degli altri Paesi la sospensione temporanea, a cominciare dal giorno successivo, dei cosiddetti “trasferimenti Dublino” verso l’Italia. La ragione? “Improvvise ragioni tecniche collegate all’indisponibilità di strutture di accoglienza”. Le condizioni offerte del nostro sistema di accoglienza avevano già motivato altre sentenze negli anni passati, anche della Corte europea. Ma stavolta è diverso: l’applicazione delle regole viene annullata perché a chiamarsi temporaneamente fuori è il governo di uno Stato membro, a causa del suo sistema di accoglienza che, dice, non ce la fa. Più precisamente, riporta la sentenza olandese, nella circolare “le autorità italiane spiegano che la necessità di sospendere i trasferimenti deriva dall’elevato afflusso di richiedenti asilo“. Insomma, dall’emergenza. Che nel frattempo, lo scorso 11 marzo, è stata anche dichiarata ufficialmente dal governo, salvo successivo distinguo del ministro dell’Interno Matteo Piantedosi: “Non esiste un allarme, ma uno stato di emergenza tecnicamente inteso“. Intanto però la richiesta di sospensione dei trasferimenti rimane. Anzi, l’Italia l’ha rinnovata il 4 gennaio confermando che “la carenza di strutture di accoglienza persisteva”, e poi ancora il 27 gennaio e il 7 febbraio. Poi il silenzio: dal 7 febbraio non sono arrivate “ulteriori informazioni dall’Italia”, ha raccontato il Segretario di Stato olandese ai giudici. Un comportamento, quello dell’Italia, che si sottrae agli obblighi internazionali alla base del regolamento di Dublino.

I numeri dei “dublinati” La decisione unilaterale dell’Italia, a la conseguente sentenza del Consiglio di Stato olandese, non possono certo favorire il dialogo con i Paesi del Nord Europa, da sempre restii a rivedere le norme europee e lo stesso regolamento di Dublino in favore dei Paesi di primo ingresso come il nostro. Assodato che l’allarme migranti per ora non c’è, come ha dichiarato lo stesso Piantedosi, l’Italia non ha nemmeno i numeri per accusare gli altri Stati membri di fare troppo poco. Rispetto a molti altri Paesi europei abbiamo un basso numero di richiedenti per numero di abitanti. Tra il 2012 e il 2021, infatti, in Italia c’è stato un richiedente ogni 100 abitanti, dato che ci mette al quindicesimo posto in Europa. Prima di noi anche gli stessi Paesi Bassi, con un rapporto di 1,15 su 100, la Francia con 1,28 su 100, la Germania con 2,72 richiedenti su 100, ma anche la Grecia che supera i 3 e la Svezia che va oltre i 4 ogni 100 abitanti. Quanto ai cosiddetti “dublinati”, i richiedenti che i Paesi Ue rimandano nello Stato membro attraverso il quale sono entrati in Europa, il sistema non funziona. Né l’Italia che tanto se ne lamenta può dire di aver fatto la sua parte. Nel 2021 i “dublinati” che abbiamo riaccolto sono stati 1.462 su 19.936 richieste provenienti da altri Paesi europei. E la recente decisione di sospendere del tutto questi trasferimenti è un altro passo indietro nella collaborazione che pretendiamo ma alla quale non contribuiamo. Forse perché accogliamo già troppi rifugiati? Nemmeno questo possiamo rinfacciare al resto d’Europa. Siamo dietro a tutti i grandi Paesi Ue e stabilmente sotto la media europea, che nel 2021 è stata di 1.196 rifugiati per milione di abitanti. Infine il sistema d’accoglienza sotto pressione. Come ilfattoquotidiano.it ha scritto più volte, continua ad essere gestito nella logica dell’emergenza, con la maggior parte dei posti disponibili nei Centri di accoglienza straordinari gestiti dalle prefetture e meno di 3 posti su 10 affidati alla Rete Sai, i progetti di accoglienza diffusa attivati da comuni e terzo settore, che funzionano meglio ma non abbiamo mai voluto davvero implementare.

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