di Matteo Bersani

Da quando si è insediata come nuova Presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha avuto come priorità quella di dare una legittimazione alla sua area politica, di istituzionalizzare un’ideologia basata fondamentalmente solo su un forte conservatorismo e su un altrettanto forte populismo.

Per realizzare questo suo intento la Presidente del Consiglio ha adottato dei provvedimenti in netta continuità con il governo precedente, talvolta anche a costo di apparire incoerente agli occhi del suo elettorato (come nel caso della mancata riduzione delle accise sui carburanti). Questa non vuole in alcun modo essere una critica, sia chiaro, tutto ciò è assolutamente legittimo e necessario. È stata una necessità alla quale la Presidente Meloni non poteva sottrarsi, per governare aveva bisogno di fare un’operazione di pulizia rispetto alla sua immagine, talvolta irriverente e sguaiata, da leader dell’opposizione.

Peraltro bisogna ammettere che la Presidente del Consiglio dal canto suo sta conseguendo quest’obiettivo con un sufficiente successo, ma il suo lavoro di istituzionalizzazione si scontra con due forti criticità: la necessità fare campagna elettorale pur essendo al governo, quindi di mantenere anche la propensione populistica che porta questa destra così in alto nei sondaggi, e la classe dirigente. Quest’ultimo è un bel problema per Giorgia Meloni, lei infatti è innegabilmente una donna molto scaltra, ma lo stesso non si può dire della maggior parte dei soggetti che la circondano. Si tratta molto spesso di figure totalmente impreparate ed imbarazzanti che, forse nella speranza di fare leva sull’animo più conservatore dell’elettorato, sempre più frequentemente fanno delle dichiarazioni totalmente inaccettabili.

Mi riferisco ad esempio alla folle teoria della sostituzione etnica avallata dal ministro Francesco Lollobrigida e soprattutto all’ultima in ordine cronologico, quella di uno degli uomini politicamente più vicini alla premier: Ignazio Benito Maria La Russa (nomen omen!). Le posizioni personali di La Russa sono più che note, è un uomo politicamente schierato molto a destra (questa non è una colpa, è libero di pensarla come vuole) e notoriamente nostalgico del fascismo (questo invece è totalmente sbagliato ed inaccettabile). Non c’è libertà di pensiero su questo tema, ed è giusto che sia così: il fascismo è un reato, non c’è altro da aggiungere. È un reato semplicemente perché siamo italiani e la Repubblica italiana si fonda sull’antifascismo. Coloro che ostentano il loro essere idealmente “patrioti” sono gli stessi che non condannano il regime fascista: che incoerenza!

A chi dice, come La Russa, che la nostra Costituzione non è antifascista, consiglio un bel corso di diritto costituzionale, tutti questi soggetti potrebbero imparare molto. L’Assemblea Costituente che ha redatto la nostra Costituzione era composta da 556 membri in disaccordo su tutto, facevano tutti parte di forze politiche contrapposte, solo una convinzione univa tutti i membri dell’assemblea: il ripudio del fascismo. Se ne facciano una ragione La Russa e tutti coloro che la pensano come lui. La destra italiana non ha ancora fatto i conti con il passato, è tuttora legata ad una delle pagine più buie della nostra storia. Ma d’altra parte da un soggetto come La Russa, che tiene in casa un busto di Benito Mussolini, non ci si può aspettare molto altro.

La vera domanda è: com’è possibile che quest’uomo faccia ancora il politico? Poi però ricordo che si tratta del Presidente del Senato, la seconda carica dello Stato, per di più eletto a questa carica con i voti del centro e soprattutto di certa sinistra. Questo è molto eloquente circa lo stato della democrazia rappresentativa italiana.

In conclusione, alla luce di tutto ciò, auguro alla nostra destra e soprattutto al Presidente del Senato La Russa una buona festa della Liberazione dal più abietto regime dittatoriale che l’Italia abbia conosciuto.

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