“La sentenza verrà depositata entro 90 giorni”. Ma quei tre mesi sono diventati ormai due anni e sulla decisione incombe la prescrizione. È l’assurdo caso di una famiglia di Agrigento, quella di Chiara La Mendola, morta a causa di una buca nel manto stradale, che dopo aver vinto il processo in tribunale rischia di veder vanificato tutto a causa del documento contenenti le motivazioni che non è mai stato depositato dopo più di 700 giorni.

La Mendola perse la vita a 24 anni, il 30 dicembre 2013: in una notte di pioggia, mentre era a bordo del suo scooter, finì con una ruota dentro una buca sull’asfalto profonda 12 centimetri perdendo il controllo del mezzo e finendo così contro un’automobile. Un lungo processo ha portato alla condanna, in primo grado e in appello, di due funzionari comunali poiché la buca era stata segnalata ma nessuno dei responsabili dei due uffici si è premurato di eliminare il pericolo o di segnalarlo. Il giudice ha condannato così a un anno di reclusione Giuseppe Principato e Gaspare Triassi, ma è proprio nel processo d’appello che la vicenda assume connotati poco chiari. La sentenza non viene depositata e le famiglie rischiano di veder sopraggiungere la prescrizione, oltre a veder inficiato il percorso per il risarcimento in sede civile.

Il mancato deposito delle motivazioni da parte della giudice della Corte d’appello di Palermo, Alfonsa Ferraro, ha portato i familiari della vittima a un passo dalla protesta a Roma: “Questo inammissibile ritardo nel depositare tale sentenza – scrivono i familiari in una lettera indirizzata al presidente di sezione della Corte di appello, Antonio Napoli – si colloca in stridente, violento e oltraggioso contrasto con le leggi dello Stato Italiano, oltre che con sentimenti e diritti di noi congiunti della povera Chiara”. Se l’intenzione dei familiari di incatenarsi davanti la sede del ministero della Giustizia è stata sventata solo dai due avvocati della famiglia, adesso l’obiettivo dei fratelli e dei genitori della 24enne morta per una buca è quello di far arrivare il comportamento della giudice al ministro Nordio.

In questo senso hanno ottenuto già un primo successo: il sottosegretario alla Giustizia Andrea Delmastro ha infatti parlato del fatto, dicendo che farà i dovuti accertamenti. Sul caso è intervenuto anche il senatore Salvo Sallemi, il quale ha annunciato una prossima interrogazione sull’accaduto: “Lo Stato deve dare giustizia a una famiglia che vive un lutto così grande – ha detto – auspico una pronta verifica per comprendere le ragioni di questi tempi così dilatati”. Intanto la famiglia La Mendola, che ha già dovuto fare i conti con il dolore per la perdita di una figlia e una sorella, adesso è aggrappata alla speranza che il ministero possa risolvere la questione e mettere la parola ‘fine’ a un’altra lenta agonia legata alle lentezze di un giudice.

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