Foto Filippo Gini/Wikipedia – Attribuzione – Condividi allo stesso modo 2.0 Generico (CC BY-SA 2.0)

Le opere pubbliche a mare propedeutiche alla realizzazione di Piattaforma Europa nel porto di Livorno rappresentano il più grande affidamento di denari pubblici attualmente in corso in Italia: 383 milioni di euro per 7 chilometri di nuove dighe davanti allo scalo a protezione di un gigantesco scavo marino che sposterà 15,6 milioni di metri cubi di fondali, più o meno quanto quattro stadi di San Siro. La “vera” piattaforma nei progetti e negli auspici dovrebbe permettere di raddoppiare i traffici commerciali al porto livornese perché potrebbe accogliere anche le navi portacontenitori di nuova generazione. Arrivato al momento della Valutazione d’Impatto Ambientale sulla prima fase di lavori, tuttavia, il progetto ha ricevuto una brusca interruzione. A determinarla un documento di 16 pagine firmato dalla responsabile dell’Ufficio Biodiversità e autorizzazioni ambientali del Parco Regionale di Migliarino, San Rossore e Massaciuccoli, Francesca Logli: secondo la sua relazione “sia i lavori di costruzione della darsena, che le opere di smantellamento e ricostruzione della diga foranea del nuovo porto di Livorno, andranno a costituire una seria minaccia per le specie e le biocenosi bentoniche presenti” sia nelle zone più prossime al cantiere sia in quella “di massima tutela dell’area marina protetta”. Si tratta dell’area delle Secche della Meloria, il cui simbolo è la torre che si eleva a circa 7 chilometri dalla costa, tutelata e controllata soprattutto quando rispetto al traffico estivo dei diportisti. La conclusione della relazione dell’ente parco (coinvolto nel percorso di “Via” in relazione alla comunità vegetali e animali) è insomma per un parere “sospensivo e non definitivo” sull’impatto ambientale dell’opera. Il documento segnala tra l’altro che gli studi presentati da chi ha presentato il progetto di realizzazione della Piattaforma Europa hanno “criticità di impostazione, metodo e analisi” che non “rendono possibili valutazioni adeguate e pertinenti con la portata del progetto proposto”.

A soffrire il maggior impatto dell’opera sarebbero gli oltre 1043 ettari di praterie di Posidonia Oceanica dell’area marina protetta, un asse portante dell’ecosistema marino che produce ossigeno e cattura CO2 – contrastando quindi i cambiamenti climatici dati dal riscaldamento globale – oltre ad offrire habitat faunistico a pesci e delfini e a prevenire l’erosione costiera. Per i proponenti, ovvero l’Autorità di Sistema Portuale del Mar Tirreno Settentrionale, l’opera impatterebbe sulla sola posidonia presente nell’area di cantiere, poco più di mezzo ettaro, che di fatto prevedono di togliere in blocco per procedere ad un reimpianto su due siti diversi limitrofi. L’Ente Parco di San Rossore contesta però questo approccio che non avrebbe natura scientifica, data la mobilità dell’ecosistema marino, e invita a misurare l’impatto ambientale sul complesso ecosistemico delle praterie che proteggono e danno vita ai fondali di fronte al porto di Livorno.

Per parte sua l’Autorità di sistema portuale ha pronte le contromisure. “Stiamo valutando quanto richiesto nell’ottica di fruire ogni elemento, anche aggiuntivo, che possa evidenziare il corretto inserimento di quest’opera strategica per il porto di Livorno ed il Paese, senza quindi procurare alcun impatto significativo all’ambiente, come riteniamo che i nostri studi possano dimostrare” spiega a ilfattoquotidiano.it il presidente e commissario per Piattaforma Europa, Luciano Guerrieri. Il Parco di San Rossore non è di questo avviso: “Lo studio deve essere non solo integrato, ma di fatto re-impostato nel suo complesso” scrive Logli perché “risulta basato su dati carenti e conoscenze insufficienti in rapporto alle particolari ed estremamente complesse condizioni dell’area interessata ed in funzione della notevole rilevanza dell’opera”.

Tra le varie stranezze dello studio al centro della diatriba anche la costruzione di un sabbiodotto di 2,2 chilometri nell’arenile attiguo del comune di Pisa, a Tirrenia, da far funzionare nel periodo autunnale e invernale per garantire sabbia alla spiaggia. L’intervento è citato infatti come di mitigazione dell’erosione benché l’autorità di sistema sostenga l’assenza di rischio erosivo. Eccesso di generosità? “Lo studio specifico che abbiamo prodotto, confermato anche dallo studio autonomamente prodotto dal Comune di Pisa – chiarisce ancora Guerrieri – prevede un impatto assente o modesto. Coerentemente con questo risultato, nell’ottica della mitigazione/risoluzione di questo effetto, per quanto minimo (o addirittura assente), abbiamo proposto il sabbiodotto“.

In attesa della prossima mossa dell’Autorità di Sistema di certo l’azione dell’ente parco ha acceso un faro su questa grande opera finora accettata senza distinguo in modo bipartisan da governo, Regione, Comune di Livorno a guida centrosinistra – che in sede di Via ha eccepito solo per i 5 milioni di metri cubi di materiale di cava che arriveranno al cantiere su gomma – e persino Comune di Pisa a guida centrodestra. Questo nonostante il fatto che le opere propedeutiche pagate con 383 milioni di euro di fondi pubblici rappresentano una scommessa ad oggi alla cieca, perché acquisiranno un senso solo a seguito della realizzazione della vera Piattaforma Europa, il terminal container da realizzare con fondi privati di cui ad oggi nulla si conosce. Nel marzo 2022 il presidente Guerrieri aveva indicato a ilfattoquotidiano.it la predisposizione “a breve” di una gara per la sua realizzazione e gestione. Un anno dopo ammette l’eccesso di ottimismo: “Il percorso è stato più impegnativo del previsto – chiarisce – per via della necessità di predisporre nel progetto il refluimento della quasi totalità dei sedimenti di dragaggio (i 15,6 milioni di metri cubi di cui sopra, ndr) in cassa di colmata” quindi nella discarica a mare. “Solo a seguito della pronuncia di compatibilità ambientale apriremo anche la fase di gara per il terminal”. Quindi il privato senza Via non si muove.

Guerrieri resta ottimista sulla riuscita dell’operazione, nonostante in passato le gare analoghe siano andate per anni deserte e lo scenario sia presumibilmente da riscrivere dopo la guerra in Ucraina e la ridefinizione dello scacchiere internazionale, mentre anche altri porti nazionali sono già strutturati per accogliere le navi container più grandi di quelle accoglibili nel porto di Livorno rinnovato dalla piattaforma Europa. Non è che alla fine pagherà il pubblico anche la realizzazione del terminal? “L’ipotesi di carenza di interesse (del privato, ndr) la vedo assai remota – risponde Guerrieri a ilfatto.it -. Il porto di Livorno è al centro dell’attenzione dei principali operatori ed è evidente la carenza attuale di nuovi spazi, continuamente ricercata dai medesimi”. La crescita del settore container in Italia lo sostiene “dal 2019 al 2022 più 1 milione di euro di Teu (l’unità di misura dei container) – precisa – e il nostro sistema internazionale si sposta sempre di più verso il mare ed il trasporto marittimo: dal 28% del 2003 al 40% del 2022 rispetto alle altre modalità di trasporto. Stimiamo prudentemente un low scenario di crescita per i prossimi 2 decenni del 42% ed un high scenario del 112%. E Livorno conseguirebbe i propri obiettivi mantenendo in percentuale la propria quota ma incrementando comunque i propri traffici in volume, grazie anche alla possibilità di servire navi di più grandi dimensioni”.

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