Ho letto il programma del partito di Carlo Calenda (scritto dal prof. Giuseppe Zollino) su un ritorno al nucleare in Italia.

Massimo rispetto professionale per il collega, professore associato all’università come me, tuttavia i tempi che indica per costruire i reattori nucleari in Italia (tre reattori entro il 2036 e altri 23 nei successivi 14 anni) sono, a mio avviso, irreali. Quanto tempo è stato necessario nel mondo occidentale in epoche recenti per realizzare un singolo reattore? Ne abbiamo già parlato qui e qui.

In Finlandia, c’è voluto dal 2005 al marzo 2022 per il terzo rettore di Olkiluoto. Tralasciando i costi lievitati da 3.3 a 11 miliardi di euro e il fatto che che la produzione regolare di energia elettrica dovrebbe partire solo dopo un altro anno. In Francia, ci vorrà dal 2007 al 2024 per il reattore di Flamanville (ammesso si finisca per quella data). Anche qui lasciamo perdere la questione costi lievitati a 19 miliardi di euro. Nel Regno Unito, la costruzione di Hinkley Point C, iniziato nel 2016, non sarà terminato prima del 2027, con i costi per la costruzione di due reattori che sfiorano i 37 miliardi di euro. Negli Stati Uniti, solo uno dei due reattori di Vogtle (iniziati nel 2013) è stato terminato. Il progetto di altri due reattori a Virgil Summer è stato cancellato dopo aver speso 9 miliardi di dollari di fondi pubblici.

Attenzione: i reattori di cui sopra sono stati costruiti ove era già operativo un programma nucleare e su siti che già ospitavano altri reattori. Per l’Italia andrebbero aggiunti (almeno) altri 5 anni solo per posare la prima pietra.

Da dove derivano dei tempi invece così diversi e improbabili (26 reattori in 27 anni) nella proposta di Azione? Dal prendere come modelli la Francia nel 1980-86 e la Cina nel 2012-2020, in periodi particolari, e ipotizzando che queste situazioni possano ripetersi in Italia nei prossimi anni.

In una gara di atletica, è errato pensare che chi non gareggia da decenni possa ripetere le stesse performance di chi invece si allena da anni. In modo analogo è molto improbabile che l’Italia possa costruire nuovi reattori con gli stessi tempi di chi costruiva diversi reattori nuovi ogni anno (Francia negli anni ‘80 e Cina adesso). Infatti, Stati Uniti e Francia hanno ripreso a costruire nuovi reattori dopo un lungo stop: a causa della perdita delle competenze si sono verificati una serie di previdibilissimi imprevisti (vedi Flamanville).

Per quanto riguarda il paragone con la Francia negli anni 80, si tratta di un modello inadatto per l’Italia di oggi. I reattori quaranta anni fa si costruivano in tempi decisamente ridotti rispetto a quelli attuali e infatti quando la Francia ha deciso di costruire il terzo reattore di Flamanville ecco che ha incontrato una serie di problemi descritti sopra. Per non parlare di quanto sia cambiati i controlli e i regolamenti nella costruzione dopo Chernobyl.

Per quanto riguarda invece la Cina di oggi, questo paese dovrebbe essere preso come modello perché ha un tasso di crescita enorme rispetto all’Europa e quasi tre volte la popolazione del nostro continente. Se davvero però vogliamo parlare del nucleare in Cina, ricordiamo che a distanza di 27 anni dall’inizio della costruzione del primo reattore in Cina (2001) quelli in funzione erano solamente tre, non certo ventisei.

È anche il caso di ricordare che i 417 TWh di energia elettrica prodotta con il nucleare nel 2022 in Cina rappresentano solo il 5% del totale e che lì dal 2008 l’elettricità prodotta eolico e fotovoltaico è cresciuta in modo esponenziale, passando da 14 TWh a ben 1200 TWh, tre volte quella da nucleare.

Infine, ricordiamo che in Italia stiamo andando incontro a una procedura di infrazione europea per non aver ancora nemmeno individuato il sito per il deposito nazionale di scorie radioattive. Figuriamoci quanto ci vorrà davvero per decidere i siti per costruire ben ventisei nuovi reattori atomici.

Qualcuno potrà obiettare: “se i rettori servono davvero, per fermare il cambiamento climatico e ottenere l’indipendenza energetica allora facciamoli non importa quanto tempo ci vuole!”. Con tempistiche reali di costruzione delle centrali nucleari, l’Italia andrebbe a spendere decine, forse centinaia di miliardi per avere non ventisei, ma al massimo tre-quattro reattori entro il 2050 che darebbero un contributo marginale (al massimo qualche punto percentuale) alla produzione di energia elettrica e nessuno alla lotta contro il cambiamento climatico, visto che nel frattempo e dopo dovremmo continuare a usare i combustibili fossili. Con la spada di Damocle di un nuovo referendum che potrebbe bloccare tutto in qualsiasi momento.

Infine, come spiegato su Nature Energy e sul New York Times, la Russia ha una posizione di assoluta predominanza non solo sul mercato dei combustibili fossili, ma anche nella produzione e arricchimento di quelli nucleari tramite Rosatom. Dopo esserci cascati con la dipendenza del gas di Putin, vogliamo davvero crearcene un’altra dall’atomo russo? Qui il mio articolo con Torquato Cardilli sul Blog di Beppe Grillo nel quale analizziamo questi aspetti.

Altro che nucleare! Bisogna invece puntare sempre di più sulle rinnovabili, che hanno tassi di crescita enormi e si installano in pochi anni producendo da subito energia, sulle reti diffuse, sull’efficientamento energetico e sulla razionalizzazione di consumi.

La proposta di Azione è non solo ideologica e irrealizzabile, ma anche inutile e dannosa.

PS. Se il prof Giuseppe Zollino volesse argomentare nei commenti e spiegare perché lui ritiene possibile costruire 26 reattori entro il 2050 sarebbe il benvenuto.

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