Il 14 marzo scorso, il senatore di Fratelli d’Italia Alberto Balboni ha presentato il Disegno di Legge dal titolo: ‘Disposizioni in materia di disturbi del comportamento alimentare’. Per commentarlo, FqMagazine ha raggiunto telefonicamente Stefano Tavilla, ideatore della Giornata del Fiocchetto Lilla, premiato lo scorso anno anche dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella. “È una ripetizione di cose già fatte in passato“, ha esordito per poi spiegare, con delusione, perché questo Ddl non porterà da nessuna parte. “Non si possono ridurre in questo modo malattie di questo tipo – ha detto Tavilla, anche Presidente dell’Associazione Mi Nutro Di Vita e papà di Giulia, che soffriva di DCA, morta a 17 anni -. L’unico pregio è che si parla di ‘emergenza sociale’, perché di questo si tratta. Ma per il resto ci vuole dell’altro. Così si torna indietro di 30 anni. Negli anni 90 si diceva che era colpa del rapporto delle ragazze con la madre, poi nel 2000 era colpa delle modelle, poi delle ballerine e adesso dei social. Circoscrivere in questa maniera non aiuta effettivamente tutto il mondo dei disturbi del comportamento alimentare“.

Qual è il passaggio particolarmente critico del testo?
Ad esempio quando si parla di prevenzione, il testo recita: ‘supporto di uno psicologo scolastico che permetta di diagnosticare tempestivamente la malattia’. Quella non è prevenzione. Innanzitutto dovrebbe essere un esperto in DCA; poi teniamo conto che sono malattie in cui la presa di coscienza e la richiesta di aiuto avviene dopo un processo lungo e non certo in un contesto pubblico. La persona che soffre di DCA tende a nascondersi. Quindi lo psicologo, al limite, potrebbe solo recepire la persona che è già malata. Prevenzione è altro. Questo lavoro va fatto dalle scuole primarie, con progetti ad hoc.

Il Governo non ha avviato alcun progetto in questo senso? Voi avete provato ad avere un confronto?
Ai bambini bisogna insegnare a relazionare le proprie emozioni con il cibo, perché queste malattie partono da emozioni non gestite. La vera prevenzione si fa con progetti seri. Per quanto riguarda il Governo attuale… se queste sono le prime manifestazioni, direi che non si vuole prendere in carico il problema. Questo DDL è stato scopiazzato male. Addirittura parlano di Giornata nazionale contro i DCA, ma non sanno neanche che già c’è, è proprio quella del Fiocchetto Lilla, ormai riconosciuta dallo Stato italiano. Pensi come siamo messi. Con la maggioranza che hanno in parlamento, se non c’è un’adeguata informazione, rischia di passare. Chi sta al Governo prima di tutto dovrebbe sentire noi che siamo dentro a questi ambiti e invece non lo fanno. Io ho saputo che i loro referenti erano una start-up, ho detto tutto. Nel DDL si parla anche di ‘ruoli di genere’, insomma di stron*ate, scusi il francesismo. Ma preferisco tralasciare, non voglio che venga strumentalizzata questa cosa, non fa bene neanche alle battaglie che portiamo avanti.

In passato, invece, siete riusciti a raggiungere qualche obiettivo?
Nel tempo eravamo riusciti ad arrivare a una transizione. Mi spiego: è del tutto sbagliato prendere in considerazione il discorso della pena, perché le persone incolpate di questi reati, nella maggior parte dei casi, sarebbero persone che non stanno bene. Non le recuperi in carcere e neanche in un istituto psichiatrico.

Quale, allora, la vostra idea?
Durante l’ultimo governo Conte, nel 2021, nella legge di bilancio, oltre ad un piccolo stanziamento per i DCA c’era la promessa che venissero portati alla commissione di revisione dei LEA (Livelli Essenziali di Assistenza) per scorporarli dalla macroarea della salute mentale dove si trovano adesso. Avevamo iniziato questo percorso con Pierpaolo Sileri.

Cosa cambierebbe, se fossero scorporati?
Avrebbero un percorso a sé, dedicato e uniforme su tutto il territorio. Purtroppo in Italia la cura di queste malattie ci sono solo in poche Regioni virtuose. Lombardia, Emilia Romagna e Veneto sono al top. Sicilia, Calabria e Puglia, non hanno nulla. Neanche il Lazio, questo è gravissimo. Pensiamo a Roma, la Capitale, una città enorme che ha un’unica struttura residenziale di 12 posti letto (inaugurata un anno fa) e che lavora ad intermittenza. Ovvero quella della ASL RM 1 – Santa Maria Della Pietà. Tutti gli altri devono emigrare dal Lazio o avere le tasche piene. Noi chiediamo di percorrere lo stesso iter fatto per le malattie dello spettro autistico. Con gli stanziamenti ad hoc si possono fare dei lavori a 360 gradi.

Aurora Caporossi, fondatrice di Animenta, ha commentato così il ddl sui DCA: “Credo che ancora una volta ci stiamo perdendo il fulcro centrale della questione: in Italia mancano le cure, le strutture e i professionisti che sappiano prendere in carico le persone. E qui che dobbiamo concentrarci, è su questi aspetti che dobbiamo lavorare. Sono state diverse le proposte di legge presentate prima di questa per affrontare il tema dell’istigazione ai disturbi alimentari e la domanda che rimane è una: mettiamo in carcere persone affette da una patologia grave come un disturbo alimentare? Perché chi gestisce quei profili sta, molto spesso, anche lei/lui affrontando quel tipo di patologia”. E ancora ha aggiunto: “Si rischia inoltre di far passare il messaggio che i social media siano gli unici fattori di rischio per l’insorgenza di un DCA, e questo non è scientificamente corretto. Perché i disturbi alimentari hanno una patogenesi multifattoriale in cui rientrano i fattori bio-psico-sociali. I social possono creare sì un terreno fertile, ma non sono l’unica causa. Non dobbiamo quindi mai dimenticarci del nucleo psicologico che queste patologie hanno”. “Qui lavoriamo ancora sui margini, e non entriamo mai nel fondo della questione”, ha infine concluso Caporossi, che solo qualche settimana fa ci aveva raccontato la sua toccante storia personale.

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