Qualche anno fa, durante una delle troppo poche visite alla mia amata Genova, faccio il mio solito giro dei vicoli per emergere in Piazza De Ferrari, contornata da palazzi che sembrano Gotham, con al centro una fontana che sembra una coppa di champagne. L’acqua della fontana era rossa. Maledetti vandali! Ho pensato. Invece era stato il Comune, per celebrare il rosso dei mezzi dei pompieri. L’acqua si rinnova e se si usano coloranti appropriati non c’è alcun danno.

Gli attivisti che cercano di attirare l’attenzione sui problemi ambientali hanno versato carbone attivo nella Fontana del Bernini, di fronte alla scalinata di Trinità dei Monti. Se n’è presto andata, come il rosso della fontana genovese. Alcuni notiziari, però, hanno parlato di vernice. Uno, alla fine del servizio, ha fatto passare le immagini della fontana vandalizzata dagli ultras del calcio. Non era chiarissimo che non si trattava dello stesso episodio.

Gli ambientalisti hanno imbrattato, in modo reversibilissimo, le coperture di opere d’arte, palazzi, e le basi di statue. I media li dipingono, con rare eccezioni, come vandali, cretini (o gretini), mentecatti, delinquenti, e invocano pene severissime. Quello che denunciano (stiamo distruggendo le condizioni planetarie a noi favorevoli, autodistruggendoci) non suscita indignazione. Nessun risentimento contro chi avvelena l’aria, l’acqua e il suolo.

Concordo in pieno con le proteste, ma vedo che le modalità con cui sono attuate non procurano simpatie alle argomentazioni degli attivisti, se non da parte di chi già la pensa come loro. Gli altri, e sono la maggioranza, fomentati da un uso distorto delle informazioni, si radicalizzano sempre più contro chi fa certi discorsi. Se la protesta non ottiene i risultati sperati ma ha, invece, l’effetto opposto, forse bisogna cambiare tattica, per perseguire una strategia giustissima.

Gli attivisti mi potrebbero dire: ma solo così riusciamo ad andare in prima pagina, altrimenti ci ignorano. Se vado in piazza del Duomo e mi tiro giù i pantaloni finisco in prima pagina. Ma come? Stimato professore universitario impazzisce e si denuda in pieno centro, tra la gente. Arrestato per oltraggio al pudore. Poi magari potrei dire che era una protesta, ma intanto il sindaco Sala potrebbe togliersi il cappotto e coprire le mie nudità, diventando un eroe popolare.

Ho partecipato a diversi flash mob per lanciare lo stesso messaggio degli attivisti inzaccheranti, ma senza avere la stessa risonanza. Loro arrivano sulle prima pagine ma, ancora: come? Ora non voglio insegnare a questi ragazzi come si fa a protestare, dicendo: ai miei tempi… nel ’68… che poi era il ’69, da noi. Cominciarono i bonzi a protestare in modo drammatico contro la guerra: dandosi fuoco. Lo fece anche Ian Palach, sempre in quegli anni. Non è un sistema che consiglio. Ai miei tempi… si tiravano le uova alle signore impellicciate che andavano alla prima della Scala. I cui allestimenti sono pagati con fondi pubblici, visto che i biglietti non coprono le spese e, spesso, chi ci va non paga neppure il biglietto. Le attiviste di Femen si denudano per protestare contro Putin, e finiscono in galera. In effetti denudarsi e cospargersi di colori che vadano via facilmente potrebbe essere efficace per finire in prima pagina, senza essere accusati di vandalismo. Bisogna prima assicurarsi che Berlusconi non sia nei dintorni, ma poi giovani femmine a seno nudo potrebbero correre pochi rischi e attirare l’attenzione, esponendo le loro ragioni, oltre alle tette.

Ora non ditemi che non devono per forza essere femmine e giovani e belle. Lo so. Era solo per fare la battuta su Berlusconi. Comunque, se si vuole attirare l’attenzione, i pubblicitari lo sanno benissimo, le tette funzionano alla grande. E mettiamoci anche i pettorali di maschietti tipo quello che va a mangiare, rigorosamente, la pasta a casa di femmine adoranti, più qualche esponente del gay pride, per completare la gamma. E qualche modella curvy.

Scherzi a parte, questi ragazzi (e ragazze, direbbe Loretta) hanno ragione da vendere e mi prudono le mani a vedere la superficialità con cui i loro argomenti sono trattati dai media. Vorrei che fossero presi più seriamente, ma temo che il modo con cui vengono diffuse le notizie su di loro non sia prodotto di superficialità o ignoranza, ma che sia voluto. Chi oggi controlla sistemi di produzione che distruggono l’ambiente spesso controlla anche i media e non ha nessuna intenzione di cambiare. I lobbisti di chi vende combustibili fossili sono molto attivi, e quando si hanno miliardi a disposizione si trovano argomenti molto convincenti per influenzare i media e i decisori politici.

Lo scandalo sono i giovani che sporcano (senza davvero sporcare) non quello che denunciano: chi sporca davvero l’ambiente che ci sostiene, rendendolo invivibile per generazioni che hanno deciso di ribellarsi all’estinzione. Non basta avere ragione, bisogna anche riuscire a farla valere. La lotta è impari, ma se vincono “loro”, quelli che inquinano, perderemo tutti, anche loro.

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La legge della Lega contro gli ambientalisti arriva in Senato. “E meno male che Meloni aveva detto che avrebbe ascoltato i giovani”

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