In che modo i movimenti di disobbedienza civile hanno rafforzato la consapevolezza della crisi climatica?

All’indomani di grandi manifestazioni di massa come la giornata di mobilitazione femminista e transfemminista indetta per l’8 marzo dalla rete “Non una di meno”, che ha coinvolto 38 città italiane, può sembrare opportuno riflettere su quanto i movimenti di disobbedienza civile nonviolenta, tra cui Extinction Rebellion e Ultima Generazione, stanno impattando sulla società.

Lo Standford Social Innovation Review (SSIR), in un articolo comparso il 14 aprile scorso, riporta i risultati di uno studio secondo cui il numero dei movimenti di protesta è triplicato dal 2006 al 2020. Il quesito reale, però, è: qual è l’efficacia di questi movimenti di protesta nel determinare un cambiamento di percezione della crisi climatica e ecologica e dell’azione diretta a favore dell’azione climatica?

Secondo un sondaggio d’opinione riportato dal Guardian, la grande maggioranza dell’opinione pubblica britannica sostiene l’azione diretta nonviolenta per proteggere l’ambiente. Nel sondaggio, il 66% delle persone ha detto di sostenere chi intraprende azioni dirette nonviolente per proteggere la natura del Regno Unito, con il 34% contrario. Recenti azioni dirette in Gran Bretagna, da parte di Just Stop Oil, hanno incluso manifestanti che lanciavano zuppa contro un dipinto di Van Gogh e bloccavano importanti incroci di Londra.

Una ricerca uscita nel maggio 2022 su Social Change Lab riguardante proprio l’impatto di Just Stop Oil e Extinction Rebellion in Gran Bretagna si è basata su sondaggi di opinione pubblica rappresentativi a livello nazionale con duemila persone intervistate prima, durante e dopo un’importante campagna di protesta nel Regno Unito. Il numero di persone che si sono dichiarate disposte a prendere parte a qualche forma di attivismo per il clima è aumentato dall’8,7% all’11,3% della popolazione del Regno Unito, confrontando il dato delle risposte prima delle grandi proteste di Just Stop Oil ed Extinction Rebellion (29 marzo) e dopo le stesse (19 aprile). Si tratta di un aumento pari a circa 1,7 milioni di adulti britannici.

Nonostante le proteste dirompenti, non c’è stata alcuna perdita di sostegno per le politiche climatiche, a smontare l’idea secondo la quale le proteste dirompenti possano provocare una reazione pubblica negativa alle politiche pubbliche per la mitigazione del cambiamento climatico.

Eppure spesso le persone che sostengono la causa climatica pensano di essere in poche, solo una minoranza del proprio Paese. Si chiama effetto Massie e coinvolge gli uomini e le donne sostenitori di una giusta causa, convinti, però, di essere una minoranza. Così l’ha denominato il saggista statunitense Seth Godin, dal nome di Miranda Massie, che ha posto sotto la lente d’ingrandimento il fenomeno e ha fondato negli States il Climate Museum, il primo museo dedicato ai cambiamenti climatici.

L’80% degli statunitensi oggi ritiene che si debba intervenire per combattere la crisi climatica e ecologica e, al contempo, ritiene che solo il 37% di tutti gli abitanti degli States sia d’accordo su questo. A spiegarlo uno studio dell’università di Princeton, pubblicato dalla rivista Nature Communications. In particolare, i conservatori sono coloro che sottovalutano maggiormente l’ampiezza del sostegno alle politiche climatiche, ma anche i progressisti sostengono che solo una minoranza degli americani è propensa ad interventi a favore del clima.

I ricercatori hanno asserito che il fenomeno risulta problematico poiché le persone tendono a sposare il pensiero comune, l’opinione diffusa. Forse è dovuto al fatto che “passare molto tempo a cercare di convincere chi si oppone a ogni intervento sul clima può far ritenere che ci siano più persone che la pensano così di quante sono in realtà”.

E gli italiani cosa ne pensano?

Il Digital Transformation Institute ha condotto una ricerca in cui l’80% degli intervistati pensa di conoscere il tema della sostenibilità, ma solo il 46% ritiene prioritarie le scelte sostenibili. Ben il 62% degli intervistati inoltre non è in grado di coniugare il tema della sostenibilità con le scelte economiche e sociali, in teoria, coerenti con essa. È chiara, dunque, la non consapevolezza degli italiani di come le nostre azioni quotidiane possano impattare positivamente sulla crisi climatica in corso.

A rincuorare gli animi, però, c’è l’indagine condotta dalla Banca europea per gli investimenti BEI sul clima 2021-22. Infatti, da questa analisi, sarebbero tre su quattro gli italiani a sostenere che la transizione green potrà impattare positivamente sulla qualità della vita, sul loro potere d’acquisto e sull’economia. Il 75% degli italiani afferma che l’attuazione di politiche contro il disastro ambientale sarà fonte di crescita economica contro il 56% della media europea.

In conclusione, specialmente in Italia è necessario continuare con le azioni di disobbedienza civile nonviolenta che hanno forte impatto sul pubblico e allo stesso tempo sensibilizzare l’opinione pubblica su queste tematiche, a partire dai nuclei familiari, dagli amici fino alla società tutta, affinché la crisi climatica diventi un tema chiave dell’agenda politica italiana.

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