L’intelligenza artificiale (Ia) sta arrivando nelle nostre scuole dall’alto delle imposizioni ministeriali e dal basso per via delle comodità che offre ai docenti. Con la lettera di Giuseppe Valditara al Foglio il ministro ha già sposato questa innovazione senza pensarci troppo. Ma c’è anche la spinta che arriverà dagli insegnanti quando si renderanno conto che l’Ia riduce la fatica del loro lavoro, soprattutto dei compiti più sgradevoli: quelli burocratici e della valutazione. Una fatica che è grande e chi pensa il contrario è solo perché non è mai entrato in aula con trenta alunni. Se diventa possibile evitare di trascorrere i weekend a correggere pacchi di verifiche, quanto tempo ci metteranno gli insegnanti a decidere che l’Ia fa per loro?

Non riusciremo a evitare questa ennesima slavina tecnologica anche perché con il piano scuola 4.0 i finanziamenti ministeriali promuoveranno quest’innovazione che non è solo una moda, ma un cambiamento destinato a restare. L’unica possibilità è trasformare l’Ia per umanizzare il mondo della scuola a partire dalle relazione che costruiamo ogni giorno con i nostri alunni. O, almeno, provarci.

Se la correzione dei compiti diventa automatica nasce il rischio che il lavoro del docente si trasformi sempre più in quello di un somministratore di prove che non si cura troppo dell’aspetto umano della valutazione. A meno che non troviamo, inventiamo, modi nuovi per utilizzare questa tecnologia per migliorare proprio la qualità della relazione educativa nel tempo liberato dai carichi burocratici. Sì, sta a noi trovarla nello spazio della relazione educativa. Quella umana, non quella artificiale.

Saremo capaci di prenderci il tempo di spiegare ai nostri alunni gli errori corretti automaticamente? Uno a uno, calma e senza l’ansia di restare indietro col programma? La risposta non è scontata perché la tentazione della comodità tecnologica che ci vorrà appendici stupide dell’Intelligenza artificiale può diventare forte. Saremo capaci di sfruttare il tempo liberato per dedicarlo a una relazione umana, quella sì, davvero emotivamente intelligente? Proprio quella che l’Ia non riesce a sviluppare. Noi che la scuola la facciamo ogni giorno saremo chiamati a decidere se andare verso un’esperienza educativa più ricca e soddisfacente anche grazie all’Ia, oppure no. Dipende da noi.

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