“Togliete quei due tappi dal fiume. Il Misa e il Nevola sono una minaccia, una bomba a orologeria, se non si interviene subito siamo destinati a nuove catastrofi. Basta promesse”. Andrea Morsucci, uno dei rappresentanti del “Comitato tra due fiumi“, avverte la Regione Marche e le strutture d’intervento nate a seguito dell’alluvione del 15 settembre scorso. Dopo le sollecitazioni, in alcuni casi veementi, da parte di alcuni sindaci delle due valli e dei comitati territoriali degli alluvionati, una parte, ancora insufficiente, dei lavori per la messa in sicurezza dei fiumi esondati quasi 200 giorni fa è stata solo approntata. Si sta agendo secondo il criterio di “somma urgenza”, ma ancora c’è tantissimo da fare e le stagioni umide si stanno affacciando. Il “Comitato tra due fiumi” è attivo nella parte bassa del corso del Misa, alle porte di Senigallia, città balneare e principale comune della valle. Nella zona tra Borgo Bicchia e Borgo Passera il fiume diventa una specie di serpentone e il rischio di un nuovo alluvione, con effetti devastanti come quelli dell’anno scorso, fa paura.

Nella voce e nelle parole di Morsucci c’è sincera preoccupazione: “L’effetto dell’erosione ha creato due tappi di materiale di sedime che hanno cancellato il letto naturale del fiume. Sono delle isole di ghiaia alte sei metri, create dalla forza dell’acqua a settembre e ritoccate dalle piogge successive. Così gli argini sono stati divorati. L’alveo non esiste più, è qualcosa di incredibile da spiegare. Il 1° marzo scorso è bastata una pioggia normale per rischiare di andare di nuovo sott’acqua: se dovesse tornare l’alluvione, per noi è la fine”. Alcuni ritengono che i mesi più delicati siano settembre e ottobre, ma l’attivista non è d’accordo: “La grande alluvione del ’76 è stata ad agosto e quella più recente del 2014, quando Senigallia è annegata, è di inizio maggio. Non possiamo aspettare mesi affinché qualcuno intervenga. È possibile che dal 15 settembre a oggi qui nessuno abbia spostato neppure una foglia? L’acqua non ha più spazio per passare, è così difficile da capire?”.

L’Ufficio speciale di fiume (una struttura operativa creata nei mesi scorsi dalla Regione), il Genio civile, l’Autorità di bacino, la Protezione civile. In campo sono scesi tutti, ma i progressi sono scarsi a quasi sette mesi dall’evento che ha provocato danni per miliardi di euro e 12 vittime. Tra gennaio e febbraio le ruspe hanno iniziato a sistemare tratti di argine del Misa a Pianello d’Ostra, la frazione più colpita: lavori provvisori e incompleti, voluti fortemente dalla giunta comunale che ha bussato disperatamente alla porta della Regione per chiedere un intervento. L’amministrazione guidata da Francesco Acquaroli invece punta a realizzare il piano di ripristino dei corsi dei due fiumi attraverso uno studio tecnico nel medio-lungo periodo, lasciando però i territori sotto la costante minaccia di nuove alluvioni: “Nel tratto in cui il Nevola passa nel nostro territorio, alcuni lavori sono stati fatti e altri sono in corso, penso agli argini in particolare. Tuttavia non sono d’accordo con la tempistica scelta dagli apparati decisionali, che puntano sullo studio realizzato da una società ligure esperta del settore. La scadenza di presentazione del progetto è fissata al 31 dicembre prossimo, poi partirà tutta la fase istruttoria, dalla parte progettuale al bando di gara fino all’affidamento. Tradotto, le opere partiranno nel 2025 e nel frattempo la gente qui resta col naso all’insù sperando che non piova”, si sfoga il sindaco di Barbara, Riccardo Pasqualini.

“Io non sono un tecnico”, premette, “ma per capire certe cose non servono lauree. Il fiume va pulito lungo tutto il suo percorso, subito. Se succede un altro 15 settembre le vasche di espansione non servono a nulla”. Il primo cittadino di Trecastelli, Marco Sebastianelli, invece è meno catastrofico e meno scettico: “Nel mio comune il Genio civile sta lavorando e da qualche giorno hanno iniziato in modo deciso a sistemare gli argini nei punti più a rischio. Non è la prima volta, tutti i lavori di somma urgenza sono stati fatti, spero che li abbiano fatti bene. Così come per la questione dei ristori per famiglie e imprese, anche per i lavori sui fiumi voglio aspettare i risultati”. Come accennato prima, il territorio più colpito è stato quello di Ostra, con le due frazioni di Pianello e Casine. Gli argini sono stati sistemati in maniera non definitiva nel tratto in cui il Misa passa dentro la parte vecchia della frazione di Pianello, e già una parte ha ceduto rendendo necessari degli aggiustamenti. Qui è molto attivo il Comitato 15 sttembre: “Per ora i lavori fatti hanno avuto qualche effetto benefico sulla sicurezza”, racconta al fatto.it il presidente Eraldo Raffaeli, “ma a livello di organizzazione le cose non vanno bene per niente. La seconda fase degli interventi è stata completata, ne serve almeno un’altra, ma poi entra in gioco una sorta di concorrenza interna tra tecnici, dirigenti e assessorati. L’Ufficio di Fiume, sotto la Protezione civile, dice una cosa e il Genio civile ne dice un’altra, in mezzo ci sono i Rup (Responsabile unico del procedimento, ndr), ingegneri, agronomi. I cantieri sono attivi su Misa e Nevola, ma c’è troppa confusione sulle competenze. A Pianello gli argini nuovi sembrano poter tenere, il 1° marzo la pioggia caduta ha creato qualche problema di erosione sulle sponde trattate, nulla di grave tutto sommato”.

In realtà l’argine nuovo a Pianello non sembra così granitico e con una pioggia più violenta e abbondante del solito forse potrebbe non bastare. C’è chi lo vede dalla finestra della sua attività, a pochi metri, e ha paura: “Siamo cornuti e mazziati”, sintetizza Romina Olivetti, titolare del ristorante il Coppetto. “Gli argini non esistono più e nessuno ha tolto un ramo al letto del fiume in questi mesi. Un albero è caduto di traverso lungo il corso a fine febbraio, abbiamo chiesto al Comune di Ostra di rimuoverlo, ma come vede è ancora lì”. Nei giorni scorsi, a lanciare il grido d’allarme sulla situazione dei due fiumi sono stati i sindacati, che attraverso una nota congiunta hanno evidenziato la loro preoccupazione: “A oggi manca la progettazione per la messa in sicurezza dei due fiumi e una pianificazione generale”, attacca Giovanni Giovannelli della Cisl di Senigallia. “Dodici mesi per presentare uno studio sono troppi, bastava adottare, adeguandolo ovviamente, quello deliberato dalla Regione nel 2015. In questo modo i tempi si allungano, così come la minaccia dei fiumi. Va trovato uno strumento burocratico per snellire il percorso. Serve un Commissario per la messa in sicurezza di Misa e Nevola, quello per l’emergenza non serve più”.

Articolo Precedente

L’ora della terra, a Roma Maccio Capatonda è testimonial del Wwf: sabato ha spento il Colosseo con il suo “super dito”

next
Articolo Successivo

“Non c’è neve, cambiamo paradigma”. L’Alpe Devero resiste al masterplan per funivie e impianti da sci con il turismo lento

next