“Forse per l’onda lunga della monocoltura dello sci, la popolazione è ancora convinta che quella degli impianti sia la strada giusta. Con la neve che si alza di quota, investire nelle infrastrutture significa investire nello spreco di risorse idriche ed energetiche, per in un mercato saturo e al tramonto”. Nicola Pech del Comitato Tutela Devero non ha dubbi: per salvare il turismo montano è necessario cambiare paradigma.

Nel caso dell’Alpe Devero, gioiello naturale del Piemonte, è ancora più semplice: “Bisogna preservare e a non stravolgere le dinamiche di turismo lento che, per bravura o per casualità, già ci sono”. Per questo motivo dal 2017, insieme al Comitato Tutela Devero, che raccoglie diverse associazioni del territorio, è impegnato a difendere il suo territorio “dai canti delle sirene” dei progetti di sviluppo privato. L’obiettivo è proporre nuovi modi di vivere la montagna, che mettano al centro la natura e le tradizioni centenarie, come quella del formaggio Bettelmat.

Il gruppo ha ottenuto una prima vittoria a fine 2022: il ritiro del piano strategico Avvicinare le montagne, per la costruzione di nuovi sistemi di risalita, bacini di innevamento artificiale, parcheggi e strutture ricettive. Sono in molti però, sia tra gli amministratori del Verbano-Cusio-Ossola, sia in Regione, a ritenere che si tratti di un’opportunità sprecata e a insistere per archiviare il progetto: “Alcune delle singole procedure e autorizzazioni vanno avanti – dice Alberto Preioni, consigliere della Lega della Regione Piemonte – Le strumentalizzazioni ideologiche e il no ambientalista a qualsiasi sviluppo sono dannose. Il piano, a compimento, potrebbe portare fino a 350 posti di lavoro. Per abitare e vivere la montagna anche l’economia è fondamentale”.

Il masterplan prevedeva un investimento da oltre 170 milioni di euro. Di questi, 43 sarebbero dovuti arrivare dalle risorse pubbliche (della VCO e dei comuni di Baceno, Crodo, Trasquera e Varzo) e i restanti dalla società privata San Domenico Sky. Le nuove infrastrutture tra le valli Antigorio e Divedro rischiavano però di alterare il paesaggio e la biodiversità del Parco Devero Veglia. Un’area tutelata da Rete Natura 2000 e come Sito di Interesse Comunitario e Zona di Protezione Speciale. Proprio per questo l’iniziativa è stata bocciata alla Vas (Valutazione ambientale strategica).

“Anche se l’accordo è stato ritirato dai proponenti, c’è ancora il pericolo ‘spezzatino’ – avverte Pech –, cioè che si facciano dei singoli interventi per evitare una nuova valutazione d’impatto”. L’Unione Montana Alta Ossola ha chiesto infatti l’intervento della Regione Piemonte per utilizzare i fondi del Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr), per alcune opere come la cabinovia Varzo-Trasquera-San Domenico o la funivia per l’Alpe Veglia. L’eventualità non è così distante visto che nel progetto sono stati già spesi quasi 600mila euro per analisi e studi di fattibilità. I soggetti pubblici e privati, secondo il Comitato, stanno spingendo anche altri interventi: 160mila metri cubi di nuovi bacini d’acqua per l’innevamento artificiale, 9mila metri quadrati di nuove superfici costruite, 77.200 metri quadrati di nuovi parcheggi asfaltati e 444.000 metri quadrati di nuove piste da sci. Senza considerare le quasi 109mila firme raccolte online dalle associazioni per la conservazione dell’Alpe.

“Penso che la grande maggioranza siano di persone che non conoscono il VCO – afferma Alberto Preioni, tra i sostenitori del progetto in consiglio regionale – Nei piani sono previsti l’efficientamento di impianti di trasporto a fini turistici, di quelli sciistici e per le mountain bike fuori dal Parco”. Per il Comitato però tali servizi non porteranno benefici agli abitanti delle valli: “Come sta avvenendo per le Olimpiadi Milano-Cortina, ci spacciano le funivie come mobilità dolce – dice Pech – ma nessuno le usa per andare a scuola o al lavoro. La nostra paura è che siano un pretesto per ripartire con il masterplan intero”.

Secondo l’attivista, per salvare il turismo montano bisogna fare in modo che l’approccio di conservazione non sia un tabù, “soprattutto in un periodo nel quale si incominciano a vedere i danni, a livello di inquinamento e perdita della biodiversità, dello sviluppo economico incontrollato – afferma Pech – Possiamo però parlare di progresso e di riorganizzazione e sfruttamento delle risorse che già abbiamo”. Sono molte le aree sull’Alpe Devero che vivono di escursionismo, scialpinismo, arrampicata e altri sport con un basso impatto sulla natura. Il territorio può poi contare su un’antica tradizione lattero-casearia, anche se ancora poco conosciuta.

“Dobbiamo lavorare su questa parte e sull’ospitalità – spiega l’attivista del Comitato – Nella nostra idea di turismo lento c’è un cambio della frequentazione dell’Alpe, dalla gita di un giorno a un soggiorno di più giorni, attraverso un sistema di alberghi diffusi, per conoscere l’unicità di questi luoghi”. Un’immagine che si oppone agli impianti da sci, “tutti uguali”. Anche la politica però deve fare la sua parte: “Non possiamo essere gli unici a proporre alternative. Noi ambientalisti dobbiamo essere solo le sentinelle”.

Articolo Precedente

Marche, a duecento giorni dall’alluvione lavori ancora a rilento. Comitati e sindaci: “Se non si interviene siamo destinati a nuove catastrofi”

next
Articolo Successivo

Rigassificatori, la lotta da Piombino al resto d’Italia: “La battaglia non è non averlo vicino ma perché la politica cambi rotta: stop soldi al fossile”

next