Alla fine è andata quasi bene. Per come si era aperta la giornata, i cali finali dei titoli bancari europei sono contenuti. Quello più sotto pressione, Deutsche Bank, era arrivato a perdere il 14% ma ha poi chiuso a meno 8,5%. La rivale Commerzbank è scesa del 5,4%. I credit default swap su Deutsche Bank, ossia prodotti finanziari che consentono di assicurarsi contro il possibile fallimento di una società, spesso usati a scopi puramente speculativi, sono saliti sensibilmente. Il costo di un Cds a 5 anni ha raggiunto i 220 punti base, dai 134 di mercoledì. In scia alla principale banca della Germania sono scesi tutti i concorrenti europei. A Parigi Société Générale ha ceduto il 6,1%, Bnp Paribas il 5,3%. A Milano Intesa Sanpaolo lascia sul terreno oltre il 2,4%, Unicredit il 4% così come Banco Bpm e Bper. La svizzera Ubs ha perso il 3,7%. Lo Stoxx 600, indice settoriale delle banche europee, è sceso del 3,7%.

Nel tentativo di calmare i mercati Deutsche Bank ha annunciato che ripagherà in anticipo un’obbligazione subordinata con scadenza 2028 dal valore di 1,5 miliardi di euro. La sortita sembra però aver ottenuto l’effetto opposto. In generale le preoccupazioni riguardano soprattutto i rischi connessi ai bond subordinati AT1, dopo che le autorità svizzere hanno deciso di azzerarne il valore in via prioritaria rispetto alle azioni nell’ambito dell‘operazione di salvataggio e vendita ad Ubs di Credit Suisse. Alcune delle obbligazioni di questo tipo di Deutsche Bank sono state vendute in modo cospicuo negli ultimi giorni provocandone una caduta del prezzo e alzandone il rendimento fino al 23%.

“Il sistema bancario dell’Ue è robusto e sicuro” e possiede “le strutture di controllo necessarie”, ha detto il cancelliere tedesco Olaf Scholz nella tarda mattinata, di fronte ai crolli dei titoli degli istituti tedeschi, aggiungendo che “Deutsche Bank è una banca molto redditizia, non c’è motivo di preoccuparsi”. In effetti gli indicatori sulla solidità patrimoniale della banca tedesca sono in regola, tecnicamente il Cet1 ratio, ossia la quota di capitale “pregiato” in rapporto alle attività era al 13.4% a fine 2022, così come buoni erano i dati sulla liquidità. Sono garanzie importanti ed attendibili ma non assolute.

“La Banca centrale europea segue da vicino le vicende del mercato ed è pronta a intervenire se sarà necessario.” Questa, in sintesi, l’assicurazione fornita da Christine Lagarde ai leader europei che hanno partecipato oggi al Consiglio Ue. Secondo la Bce la volatilità dei mercati potrebbe durare ancora ma gli istituti di credito europei dispongono di una forte resistenza e liquidità e questo deve essere considerato come un elemento di forza rispetto a movimenti speculativi. Gli analisti della banca statunitense Citigroup scrivono che quello a cui stiamo assistendo è “Un mercato irrazionale”. Gli esperti aggiungono: “Il rischio è che ci sia un impatto psicologico dei titoli di giornali e media sui risparmiatori, indipendentemente dal fatto che i timori siano corretti o meno”.

In questo scenario appare davvero un po’ surreale il dibattito in corso dentro ad Unicredit per un aumento di bonus e retribuzioni del già pagatissimo amministratore delegato Andrea Orcel che ha sollecitato una revisione al rialzo dei suoi compensi. “Lo stipendio di Orcel rispetto alla situazione economica internazionale e nazionale è eccessivo. Orcel non ha lavorato male, ha lavorato bene, ha prodotto dei risultati, quantomeno ha corretto in maniera approfondita gli errori che ha commesso Mustier. Non so se rimarrà, sarà una sua decisione, all’interno di UniCredit per i prossimi anni”, ha detto oggi il segretario generale della Fabi (il principale sindacato dei bancari, ndr), Lando Maria Sileoni.

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