Aumentare il Pil destinato all’acquisto di armi, rifornire gli arsenali svuotati dalla guerra in Ucraina e intervenire in Africa, da dove si parte per la traversata del Mediterraneo e dove la presenza di Cina e Russia sta diventando sempre più ingombrante. In Europa e nella Nato è corsa al riarmo. L’Ue, dopo il conflitto ucraino, continuerà a inviare armi finanziandole con il Fondo europeo per la pace, non solo a Kiev ma anche ad altri stati partner nel resto del mondo, mentre sul fronte Nato per i 30 paesi alleati l’obiettivo fissato nel 2014 di investire il 2% del Pil per la difesa diventa la base minima richiesta dall’Alleanza. Un doppio messaggio che arriva nello stesso giorno dall’Alto rappresentante Ue per la politica estera, Josep Borrell, che ha riunito lo Schuman Forum sulla difesa e la sicurezza, e dal segretario generale della Nato, Jens Stoltenberg, che ha presentato il rapporto annuale dell’Alleanza. Già con l’invio di armi a Kiev l’Ue aveva rotto un tabù, visto che i trattati non permettono di finanziare strumenti letali con il bilancio europeo. Da qui l’idea di usare un fondo inter-governativo – lo European Peace Facility (Epf) -, nato con l’intento di sostenere le missioni nei paesi terzi e svuotato dall’urgenza di sostenere l’Ucraina militarmente: dei 4,5 miliardi stanziati per il settennato 2021-2027 finora ne sono stati usati 3,6 per l’invio di attrezzature militari a Kiev, tanto che a dicembre il Consiglio ha deciso di aumentarlo di due miliardi, mentre c’è già un’intesa di massima tra gli Stati per aggiungere altri 3,5 miliardi.

“Quello che abbiamo fatto per l’Ucraina può e sarà fatto per gli altri – ha annunciato Borrell -. La prima misura di assistenza per fornire attrezzature letali ai partner africani, Niger e Somalia, sarà adottata presto”. L’idea è di usare l’Epf anche per altri partner, che “sono sempre più interessati al supporto letale“. Per settant’anni, è il messaggio trasmesso dal capo della diplomazia europea, l’Ue, “nata per risolvere i problemi intraeuropei”, ha garantito la pace, prima di tutto interna, ed è rimasta schiacciata tra i due blocchi della Guerra fredda. “Ora l’Unione europea deve fare qualcosa di più che fare la pace tra gli europei, ma essere un attore che possa contribuire a un mondo migliore. Ora l’Unione europea deve assumersi le proprie responsabilità“, ha rimarcato Borrell. Insomma, bisogna “rendere la difesa europea più forte ed efficace” e “diventare un partner più forte e di maggior valore. Dentro la Nato sicuramente, ma con il resto del mondo”.

Un’esigenza che era già stata espressa prima del conflitto ucraino e che aveva portato alla formulazione della Bussola strategica, con la creazione di una forza di intervento rapido di 5mila unità. L’aggressione all’Ucraina non solo ha accelerato il processo, ma ha impresso una svolta: le scorte di armi sono state svuotate e ora si pone il problema di aumentare la produzione e spingere sugli appalti congiunti. Lo stesso vale sul versante Nato, di cui fanno parte la maggioranza dei paesi Ue.

A pochi chilometri di distanza dal Forum di Borrell, nel quartier generale dell’Alleanza, il segretario Stoltenberg ha lancia un appello agli alleati a fare di più in termini di spesa e ha annunciato che proporrà ai leader, nel vertice di luglio di Vilnius, di fissare il 2% del Pil per la spesa nella Difesa, non più come obiettivo da raggiungere, ma come base minima. “Dal 2014, gli alleati hanno aumentato le spese per la difesa e ci stiamo muovendo nella giusta direzione. Ma non ci stiamo muovendo così velocemente come richiede il mondo pericoloso in cui viviamo”, ha sottolineato l’ex premier norvegese. Dei 30 alleati solo 7 hanno superato il target del 2% nel 2022. L’Italia è all’1,51%. Lo scorso anno la spesa per la difesa è aumentata del 2,2% in termini reali, e dall’inizio del conflitto “molti alleati hanno anche annunciato significativi aumenti“, ha ricordato Stoltenberg, ma “ora questi impegni devono trasformarsi in contratti e attrezzature concrete“. Il conflitto ucraino ha cambiato lo scenario internazionale e l’Occidente non può più restare a guardare, a maggior ragione se Russia e Cina dovessero continuare ad avvicinarsi come sta avvenendo in questi giorni. Perché, constata il capo della Nato, “anche se la guerra in Ucraina finisse domani, l’ambiente di sicurezza è cambiato a lungo termine”. Da non dimenticare che in Africa l’egemonia russa e quella cinese stanno guadagnando rapidamente terreno a scapito dell’influenza occidentale. E la Nato, ha dichiarato Stoltenberg, “sostiene l’Unione Europea nella sua azione contro l’immigrazione illegale. Noi, ha aggiunto, siamo un’alleanza militare e l’Ue ha disposizione mezzi che noi non abbiamo. Ma lavoriamo con partner come Mauritania e Tunisia per rafforzare la loro capacità e dunque la loro stabilità. Ma abbiamo visto l’aumento della presenza russa in Africa e questo dimostra che la Nato non ha il lusso di poter scegliere su quali fonti concentrarsi, deve essere attiva a 360 gradi. Come sulla protezione delle infrastrutture critiche, molte delle quali si trovano nel Mediterraneo”.

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