Matteo Messina Denaro si muoveva tranquillamente a Campobello di Mazara, il paese covo dove aveva trovato protezione. E dove poteva contare sull’appoggio di molti fiancheggiatori: pure una coppia di vivandieri. Persino poco prima di concludere la sua trentennale latitanza, il boss delle stragi si era concesso un pranzo domenicale a casa di questa coppia di amici: due coniugi che lo hanno assistito negli ultimi anni della sua fuga. Si tratta di Emanuele Bonafede, nipote dello storico boss di Campobello, e della moglie Ninfa Lorena Lanceri. A due mesi dal quel pranzo, la coppia è finita in carcere con le accuse di favoreggiamento e procurata inosservanza della pena, reati entrambi aggravati dall’aver agevolato Cosa nostra. Secondo gli inquirenti, infatti, la coppia ha fornito al padrino assistenza che ha agevolato la sua pluriennale latitanza. L’arresto dei due, dunque, allunga la lista dei favoreggiatori del boss delle stragi individuati dal Ros dei carabinieri. L’inchiesta condotta dai militari del colonnello Lucio Arcidiacono, è stata coordinata dal procuratore di Palermo Maurizio de Lucia, dall’aggiunto Paolo Guido e dai pm Piero Padova e Gianluca De Leo. I carabinieri hanno perquisito casa dei coniugi Bonafede in via Mare 89 a Campobello di Mazara.

I Bonafede, una famiglia di favoreggiatori – Oltre a essere nipote del boss di Campobello, Emanuele Bonafede è cugino di Andrea Bonafede, il geometra che ha prestato l’identità a Messina Denaro per consentirgli di sottoporsi alle cure oncologiche. Emanuele Bonafede è fratello di Andrea Bonafede junior, l’uomo arrestato nelle scorse settimane con l’accusa di aver fatto da postino delle prescrizioni sanitarie compilate dal medico Alfonso Tumbarello, finito in carcere per concorso esterno in associazione mafiosa. E se Bonafede faceva parte di una famiglia di origini mafiose, centrale era anche il ruolo di Lorena Lanceri, inserita nel circuito di comunicazioni che ha consentito all’ex latitante di mantenere contatti coi suoi familiari e i suoi fedelissimi. Secondo le accuse la donna “veicolava le informazioni tra Messina Denaro e le persone con cui egli intratteneva rapporti particolarmente intensi”. Nella misura cautelare si legge che la donna era considerata “snodo di trasmissione di comunicazioni allo stato da ritenersi di carattere privato tra Messina Denaro e una donna identificata in Laura Bonafede“. Si tratta della figlia della figlia di Leonardo Bonafede, storico capo della famiglia mafiosa di Campobello di Mazara e amico di don Ciccio Messina Denaro, cugina di Andrea ed Emanuele Bonafede, con la quale il latitante ha intrattenuto un intenso rapporto epistolare. Insomma: l’intera famiglia Bonafede aveva contatti con l’ultimo grande latitante di Cosa nostra.

Incastrati dalle telecamere – Dopo l’arresto di Messina Denaro Emanuele Bonafede e Lorena Lanceri andarono dai carabinieri per raccontare di aver conosciuto il latitante, ignorando però la sua vera identità: gli era stato presentato nel 2018 da un parente come un medico in pensione di nome Francesco Salsi. Con quest’uomo, raccontano i Bonafede, avevano una frequentazione sporadica. Un racconto smentito dalle telecamere piazzate nelle strade di Campobello: il presunto dottor Salsi, infatti, andava dai Bonafede quasi tutti i giorni, spesso a ora di pranzo o cena. “La visione dei filmati effettuata dalla polizia giudiziaria documentava che durante l’intero periodo esaminato Matteo Messina Denaro si era recato ogni giorno presso l’abitazione dei coniugi Bonafede-Lanceri in orari compatibili con la consumazione del pranzo e della cena e si era colà trattenuto per numerose ore”, scrive la procura nella richiesta di misura cautelare. La procura fa notare come l’Alfa Romeo Giulietta del boss fosse spesso parcheggiata davanti casa dei Bonafede. “Si è trattato, del resto, di una ospitalità che ha senza dubbio avuto dei costi non irrilevanti per una famiglia non particolarmente benestante, famiglia che quindi è del tutto irragionevole pensare che possa essersi assunta il pieno sostentamento di uno sconosciuto medico in pensione”, scrive il gip Alfredo Montalto nell’ordinanza di misura cautelare. Nelle immagini marito e moglie sono ripresi mentre escono di casa con fare circospetto per controllare la presenza di eventuali poliziotti o carabinieri e dare poi il via libera all’ospite che solo allora, sinceratosi che non ci fosse pericolo, lasciava l’abitazione. Secondo i pm i coniugi hanno dunque fornito al boss “prolungata assistenza finalizzata al soddisfacimento delle sue esigenze personali e al mantenimento dello stato di latitanza“. Per il gip aver ospitato Messina Denaro “in via continuativa e per numerosi giorni“, ha consentito al padrino di “mantenere quella apparenza di vita normale che ha senza dubbio costituito uno dei pilastri della pluridecennale capacità di Messina Denato di nascondersi e mimetizzarsi pur rimanendo attivo sul proprio territorio”.

La foto in salotto e il Rolex – Messina Denaro si è inoltre fotografato nel salotto di casa Bonafede: uno scatto in cui il boss fuma un sigaro e tiene in mano un bicchiere da Cognac è tra gli elementi che incastrano i due coniugi accusati di favoreggiamento. La foto risale a qualche anno fa e mostra solo il corpo dell’allora latitante al quale è stato appositamente tagliato il volto ed è stata sicuramente scattata nel salotto della abitazione della coppia. I due, infatti, conoscevano Messina Denaro almeno dal 2017, anno in cui il boss fece da padrino di cresima al figlio dei Bonafede. In quell’occasione il boss regalò ai due 6.300 euro per comprare al ragazzo un Rolex. L’orologio è stato effettivamente trovato in casa dei Bonafede: è stato acquistato l’11 gennaio 2017 in una gioielleria di Palermo. Stranamente, al contrario di quello che prescrivono le regole della gioielleria, in quell’occasione non era stata compilata la scheda cliente e quindi non era possibile risalire all’acquirente. Nei pizzini trovati nell’ultimo appartamento abitato da Messina Denaro, gli investigatori hanno trovato un pizzino in cui il boss, in merito alle spese, appuntava: “6300 OROL“.

Le chat vocali – Da quello che emerge Lorena Lanceri era molto legata a Messina Denaro: per nascondere l’identità della donna, il latitante la chiamava “Diletta“. Gli investigatori sono risaliti all’identità di Diletta partendo dalla testimonianza di una delle pazienti con cui Messina Denaro faceva la chemioterapia alla clinica La Maddalena di Palermo. Sentita il 18 gennaio dai carabinieri, la testimone racconta che Messina Denaro, da lei conosciuto come Andrea Bonafede, le aveva detto di avere una storia con una ragazza di nome Diletta. Il mafioso aveva anche fatto parlare le due donne tramite messaggio vocale. “Ah c’è Diletta che ha il Covid gliel’ho passato io si sta curando stiamo qua a casa assieme e Diletta ti saluta anzi ora te la passo per messaggio”, dice il falso Andrea Bonafede all’amica che si curava con lui. Segue l’audio della fantomatica Diletta inviato sempre alla paziente: “Io qua con la creatura (si riferisce al boss) quello che mi sta facendo passare non solo mi ha trasmesso il Covid però alla fine per lo meno mi fa ridere perché è simpatico”. Durante la registrazione dei vocali (inviati tutti dal telefono di Messina Denaro), però il cellulare di Diletta riceve una chiamata. Nella registrazione delle conversazioni, poi ascoltata dagli investigatori, si sente lo squillo e la donna rispondere. L’analisi delle celle telefoniche svela ai militari l’identità di Diletta. Nell’istante in cui le chat vocali vengono registrate e il cellulare della donna che è col boss riceve la chiamata, i telefonini di Messina Denaro e della Lanceri agganciano le stesse celle. I due, evidentemente, sono insieme. E dunque Diletta è la Lanceri.

Il messaggio d’amore: “Sei stato un regalo nella mia vita” – In alcuni messaggi che il padrino manda alla sorella Rosalia, inoltre, si comprende chiaramente quanto Diletta conti per lui. Raccontando le ore successive all’intervento chirurgico subito il 4 maggio del 2021 il boss scrive: “Ero tutto bagnato dal sudore, Diletta che lavò i miei indumenti li torceva ed uscivano gocce di acqua, era senza parole”. “Nessun dubbio può quindi residuare sulla centralità del ruolo della donna – scrive il gip – per assicurare al latitante il più ampio conforto emotivo e relazionale – oltre a quello logistico e assistenziale”. La donna aveva indirizzato al boss anche una lettera appassionata: “Il bello nella mia vita è stato quello di incontrarti, come se il destino decidesse di farsi perdonare facendomi un regalo in grande stile. Quel regalo sei tu”, scriveva nel 2019. Il biglietto è stato trovato a casa della sorella del boss Rosalia, arrestata di recente. “Penso che qualsiasi donna nell’averti accanto si senta speciale ma soprattutto tu riesci a far diventare il nulla gli altri uomini. – proseguiva – Con te mi sento protetta, mi fai stare bene, mi fai sorridere con le tue battute e adoro la tua ironia e la tua immensa conoscenza e intelligenza. Certo hai anche tanti difetti, la tua ostinata precisione …. ma chi ti ama, ama anche il tuo essere così. Lo sai, ti voglio bene e come dico sempre un bene che viene da dentro. Spero che la vita ti regali un pò di serenità e io farò di tutto per aiutarti”. Il pizzino si concludeva così: “Sei un grande anche se non fossi MMD. Tua Diletta“. Secondo gli investigatori quelle parole “non lasciano alcun dubbio in merito al fatto che Diletta fosse a conoscenza della reale identità del destinatario del messaggio”.

Le immagini alla Coop – Dall’inchiesta emerge anche un rapporto epistolare “molto intenso” tra Messina Denaro e Laura Bonafede, figlia del boss di Campobello Leonardo Bonafede e moglie dell’ergastolano Salvatore Gentile. Nel covo del boss, infatti, è stata ritrovata una lettera-diario scritta da una persona che si firmava con lo pseudonimo di “cugino“. In principio i carabinieri non sanno chi sia “cugino”, ma poi scoprono un pizzino scritto dal boss il 14 gennaio, due giorni prima dell’arresto. “Ci siamo visti da vicino ed anche parlati. – scriveva Messina Denaro all’interlocutore – mi avrai trovato invecchiato e stanco a me ha fatto piacere vederti e parlarti, cercavo di tenere la situazione sotto controllo ma non ho visto niente di pericoloso, certo c’è da vedere cosa ha pensato l’affetta-formaggi, perché a te ti conosce e sa che tipo sei, a me mi conosce di vista come cliente ma non sa nulla, certo ora che mi ha visto parlare con te sarà incuriosito di sapere chi sono”. Chi è l’affetta formaggi? Gli investigatori si ricordano che nel covo di Campobello di Messina Denaro c’era uno scontrino della Coop del 14 gennaio. A quel punto acquisiscono le immagini interne del negozio e vedono Messina Denaro davanti al banco dei salumi parlare con Laura Bonafede: ecco dunque chi era “cugino”. D’altra parte Messina Denaro usava l’identità di Andrea Bonafede, che è appunto cugino di Laura. L’incontro, immortalato dalle telecamere del supermercato, risale a soli due giorni prima che il boss delle stragi concludesse la sua latitanza.

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“Gioco d’azzardo in mano a mafie e lo Stato chiude gli occhi”: l’allarme del procuratore di Bari. “Tetto al contante alto? Più facile riciclare”

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Messina Denaro, il pizzino indirizzato al boss: “Il bello della mia vita è stato di incontrarti. Sei un grande anche se non fossi Md”

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