Sono passati 15 anni esatti da quando uccise i suoi cinque figli. Da quel giorno Genevieve Lhermitte ha vissuto in una cella di un carcere belga e, dal 2019, in una stanza di un ospedale psichiatrico. Ma il 28 febbraio, la 56enne ha visto esaudita la sua richiesta di poter ricorrere all’eutanasia, dopo una lunga procedura giudiziaria che prevede il consulto di diversi pareri medici e all’attestazione di una sofferenza psicologica insopportabile del richiedente.

La legge belga, infatti, prevede che in presenza di una “insopportabile” sofferenza psicologica e non solo fisica un cittadino possa chiedere di ricorrere all’eutanasia. E il tribunale ha ritenuto che il caso di Lhermitte, devastata dalle conseguenze psicologiche del suo atto per il quale stava scontando una condanna all’ergastolo, avesse tutti i criteri richiesti per poter mettere legalmente fine alla propria vita.

La donna è morta il 28 febbraio scorso, esattamente 15 anni dopo un altro 28 febbraio, quello del 2006, quando la sua storia scioccò il Belgio: uccise a coltellate i suoi bambini, un maschio e quattro femmine, tutti di età compresa tra i 3 e i 14 anni, mentre il marito si trovava fuori casa per un viaggio all’estero. Dopodiché tentò di togliersi la vita, ma in quell’occasione non ci riuscì e chiamò i soccorsi. Dal 2019, la donna si trovava in una clinica psichiatrica.

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