La nuova edizione del campionato femminile under 17 dell’Asia meridionale, il cui avvio è previsto in Bangladesh il prossimo 20 marzo, non è certo una notizia degna di attenzione a livello mondiale. Invece è stata rilanciata dalla Reuters. Il motivo è squisitamente politico: si tratta della presenza della Russia come paese ospite. A un anno dall’invasione dell’Ucraina, questo è uno dei primi eventi internazionali ufficiali che vedrà presenti atleti russi e avviene nel continente con il quale la Russia è in trattativa per un possibile ingresso nella Federazione calcistica continentale. Soprattutto, però, la Saff (South Asian Football Federation) fa parte della Fifa, che ha bandito ufficialmente la Russia, e quindi la sua iniziativa va a creare una crepa nel fronte tutt’altro che compatto del panorama pallonaro mondiale contro l’esclusione dei russi.

Ci sono stati dei paesi – Kirghizistan, Tagikistan e Uzbekistan, ai quali a breve si unirà l’Iran – che hanno disputato partite amichevoli contro la Russia, e all’interno della AFC (Asian Football Confederation) sono diversi gli Stati favorevoli all’ingresso dei russi tra le proprie fila. Lo stesso presidente della Federazione, lo sceicco Salman bin Ebrahim Al Khalifa, membro della famiglia reale del Bahrein, ha parlato della Russia quale “paese su cui si può sempre contare”, mentre le sole Corea del Sud e Australia hanno espresso parere nettamente contrario. Una situazione lontana dall’unità di intenti che regna all’interno della Uefa, anche se quest’ultima, dopo aver cancellato la finale di Champions da San Pietroburgo e quella Supercoppa da Kazan, senza dimenticare il contratto rescisso con Gazprom, non ha espulso la Russia dalle proprie fila. Anzi, gli incontri e i colloqui tra le parti non sono mancati in questi mesi, e a detta di Frans De Weger, avvocato sportivo nonché arbitro presso il Cas (il Tribunale Arbitrale dello Sport), “molte associazioni internazionali stanno cautamente valutando la possibilità di riammettere gli atleti russi”.

Restando in ambito calcistico, la Uefa è uno dei soggetti più freddi a un riavvicinamento con la Russia, mentre quest’ultima, pur spinta da ragioni geopolitiche sempre più lontana dall’Europa, preferisce giocarsi fino in fondo le proprie carte con l’Uefa piuttosto che affiliarsi all’Afc. Le ragioni sono principalmente economiche, perché le società russe preferiscono prendere parte alla ricchissima Champions League europea. Senza dimenticare il prestigio di misurarsi con Bayern Monaco e Manchester City, piuttosto che contro Al-Hilal e Persepolis. Secondo De Weger però la mossa della Saff non va sottovalutata, “perché le Federazioni spesso guardano l’una cosa fa l’altra, e potrebbe innescare un effetto domino. E se un domani un pezzo grosso, poniamo il Cio, decidesse di revocare il divieto, la situazione potrebbe sbloccarsi rapidamente. Del resto, per quanto tempo è ancora giusto escludere automaticamente questi atleti per un periodo di tempo imprecisato? Molti se lo chiedono, anche perché la guerra potrebbe durare anni”.

Un tema caldo riguarda i contratti dei giocatori con le società calcistiche russe. Attualmente è in vigore una regola che sospende il contratto permettendo al giocatore di trasferirsi in prestito all’estero, con il rientro previsto a fine stagione. Un sistema predisposto dalla Fifa al momento dello scoppio del conflitto come misura temporanea, attualmente giunto al secondo anno di applicazione. Ma l’ulteriore proroga annuale è un’opzione che non piace a FIFPro, la federazione mondiale dei sindacati dei calciatori, già contraria alla soluzione fin dall’inizio, avendo preferito la possibilità di rescissione unilaterale “come previsto in qualsiasi altro settore”. Ma la Fifa ha optato per la tutela delle società russe, che avrebbero rischiato di perdere a zero giocatori pagati milioni di euro, con conseguente danno economico in una situazione già di per sé difficile.

Roy Vermeer, direttore legale di FIFPro, ha parlato di situazione non più sostenibile per i calciatori. “Prendiamo come esempio un calciatore straniero che abbia firmato un quinquennale con un club russo: è già stato prestato due volte, dovrà essercene pure una terza? Gli danneggerebbe la carriera, perché quale allenatore dovrebbe mai puntare su un giocatore che dieci mesi dopo non sarà più in squadra? E anche rientrare nel club, in un paese dove criticare questa guerra è reato, non mi sembra la situazione più comoda da affrontare”. L’unico giocatore ad essersi liberato da un contratto che lo legava a una società russa è stato il norvegese Erik Botheim, che ha rescisso il contratto appena firmato con il Krasnodar accasandosi a parametro zero alla Salernitana. Il club russo, che lo aveva pagato 7 milioni di euro al Bodø/Glimt, ha fatto ricorso al TAS che, dopo un anno, si è pronunciato a favore del giocatore, accogliendo anche la sua domanda di risarcimento, pari a circa 500mila euro più interessi. Somma che, se non versata, costerebbe al Krasnodar il divieto di fare mercato per tre sessioni. Su quali basi giuridiche il TAS abbia preso questa decisione non è dato sapersi, visto che le motivazioni alla base della decisione non sono state rese note.

Il caso Botheim rappresenta un esempio della necessità di chiarezza regolamentare da parte della Fifa. Secondo De Weger la situazione attuale si presta a essere abusata sia dai giocatori che dai club più scaltri. ”Alcune società affermano di non poter effettuare determinati pagamenti a causa della situazione di guerra, senza però fornire prove adeguate. Poi ci sono quei giocatori che dichiarano di non sentirsi al sicuro nel club in cui militano, trovano un accordo e dopo nemmeno un giorno hanno già trovato un’altra squadra. Ci sono molte questioni di cui parlare e, visto il perdurare della situazione di crisi per un tempo non stimabile, da definire nella maniera più limpida possibile”.

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