Il consiglio di amministrazione di Tim ha “molto apprezzato l’interesse espresso” nell’offerta non vincolante del fondo Kkr per una partecipazione in una società della rete da costituire, cui farebbe capo la rete fissa, inclusi gli asset e le attività di FiberCop, nonché la partecipazione in Sparkle. Ma ritiene che “non rifletta pienamente il valore dell’asset e le aspettative di Tim, anche in termini di sostenibilità della società risultante dall’operazione ivi contemplata”. Il gruppo delle tlc dunque risponde per ora “no grazie” ma esprime interesse e delibera di “mettere a disposizione di Kkr – non in esclusiva – alcuni specifici elementi informativi e di richiedere le ulteriori indicazioni necessarie per comprendere a pieno gli assunti e gli economics della proposta” con l’obiettivo di “ricevere un’offerta migliorativa, in esito ai suddetti scambi informativi ed entro il termine del 31 marzo 2023″. Il fatto che non ci sia in esclusiva, però, significa che se arrivassero altre offerte per la rete sarà possibile valutarle.

Le indiscrezioni circolate nei giorni scorsi parlavano di un valore economico dell’offerta di Kkr di poco inferiore ai 20 miliardi: una cifra che sarebbe stata lontana dalla stima che dell’asset avrebbe dato Vivendi, intorno ai 30 miliardi. Il socio francese, presente nel capitale con circa il 24%, ad oggi non ha rappresentanti nel cda (Arnaud de Puyfontaine si è dimesso proprio per avere mani più libere nella trattativa sulla rete). Comunque una decisione sull’infrastruttura passerebbe al vaglio dell’assemblea degli azionisti già convocata per l’approvazione del bilancio il prossimo 20 aprile.

Nella lettera del 22 febbraio in cui aveva prorogato il termine dell’offerta al 24 marzo, Kkr aveva spiegato che la proroga era dovuta a una richiesta del governo che nelle ulteriori quattro settimane intende effettuare “una analisi congiunta degli aspetti pubblicistici dell’operazione concernenti i poteri esercitabili” nel settore. Il governo infatti prosegue nel lavoro volto a individuare la soluzione per la creazione di una rete a controllo pubblico. All’ipotesi che circola da tempo di una seconda proposta per l’asset da parte di Cdp (già presente nell’azionariato di Telecom Italia con una quota vicina al 10% e che detiene il controllo di Open Fiber) con il fondo Macquarie si affianca come possibile scenario quello che Kkr e governo scendano in campo insieme con un’offerta in cui il controllo della rete rimanga comunque in mano pubblica.

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