Azione va in pezzi anche sul Superbonus. Come se il flop alle elezioni Regionali non avesse già creato abbastanza problemi alla compagine Azione-Italia viva, ora i dirigenti si scoprono in disaccordo anche sulla linea politica. Dopo l’annuncio del governo sullo stop al bonus per l’edilizia, la vicesegretaria di Azione Mariastella Gelmini ha deciso di unirsi al coro di protesta: “La maggioranza sta andando in tilt”, ha dichiarato. Tempo neanche 24 ore e il suo leader Carlo Calenda è intervenuto per smentirla e allinearsi all’esecutivo: “Giorgetti ha ragione sull’importo dei bonus, che non sono solo il Superbonus”, ha dichiarato a Tagadà su La7. “Con 120 miliardi metti a posto la Sanità per 15 anni”. E su Twitter ha rincarato la dose: “La scelta del governo è totalmente condivisibile. È un provvedimento che ha generato uno spreco di risorse mai visto nella recente storia repubblicana. Un provvedimento iniquo e che ha drogato il mercato. Brava Giorgia Meloni“.

Peccato però, che la sua vicesegretaria avesse appena detto il contrario. Tanto da mettersi all’opposizione dell’esecutivo: “Sulla questione dell’acquisto dei crediti del superbonus la maggioranza sta andando in tilt”, aveva dichiarato in una nota, “e il governo si prepara a contraddire anche regioni guidate dalle stesse forze politiche che lo sostengono”. Gelmini ci ha proprio tenuto a prendere le distanze dall’intervento dell’esecutivo: “A rimanere schiacciate da questa morsa rischiano di essere famiglie e imprese. Si può legittimamente essere critici sulla natura di questa misura agevolativa di cui tanto si è discusso, ma non si può consentire che a pagare le conseguenze di scelte politiche incerte e contraddittorie sia un intero comparto produttivo insieme a migliaia di onesti committenti che sulla possibilità di vendere i crediti hanno fatto legittimo affidamento. In merito al paventato stop totale alla cessione e allo sconto in fattura devono essere garantiti tutti gli interventi già in corso“.

Ma lo scontro tra dirigenti sulla linea politica è solo l’ultimo dei problemi all’interno di Azione-Italia viva. Dopo il flop della candidata in Lombardia Letizia Moratti che non è riuscita neanche a superare il 10 per cento, per Matteo Renzi e Carlo Calenda è iniziata la resa dei conti interna. E decidere se fare o non fare un partito unico è solo uno dei temi sul tavolo. Infatti, mentre il leader di Azione faceva la sua analisi della sconfitta accusando gli elettori di aver sbagliato, lo scontro si spostava sulle relazioni con i renziani. “Io e Renzi non siamo mai stati amici, facciamo un percorso politico perché condividiamo alcune cose”, ha detto Calenda in diretta tv. Ma, al di là delle simpatie reciproche, le cose condivise sembrano ridursi, soprattutto dopo la performance delle elezioni regionali. Per il leader di Azione, lo scontro è sui tempi di costruzione del partito. “Io voglio fare il partito subito e Renzi lo vuole fare più tardi, dopo le europee, ma per me non ci arriviamo, si deve fare prima”. Italia Viva ha replicato con i portavoce nazionali Ciro Buonajuto e Alessia Cappello. “Renzi ha detto, sia privatamente a Calenda che pubblicamente, che siamo pronti a fare il partito unico anche subito. Il problema non è il se, né il quando. Ma il come”. Il riferimento è al dibattito necessario per evitare una fusione a freddo. Ma intanto per Calenda resta anche il problema di tenere compatto il suo partito. Ed evitare che, magari, lui e la sua vice dicano uno il contrario dell’altra.

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