di Gionata Borin

Cari amici lombardi,

credo che quella di Pierfrancesco Majorino, come candidatura alla presidenza della Regione Lombardia, sia stata un’ottima scelta da parte del Pd. Majorino negli anni ha dimostrato molta sensibilità e preparazione su varie tematiche: politiche giovanili, lotta alle dipendenze, servizi per fragili e disabili, diritti civili, contrasto alle mafie e alla corruzione, immigrazione. Da sempre contrario ai decreti sicurezza salviniani, ma anche al disumano Memorandum Italia-Libia voluto dal suo stesso partito, all’epoca di Marco Minniti al ministero dell’Interno, col beneplacito dell’allora Presidente del Consiglio Paolo Gentiloni.

Una candidatura in netta controtendenza rispetto alle solite tentazioni e alle solite logiche suicide del Pd: inseguire il centrodestra nel proprio terreno proponendo personaggi complementari, a suo appannaggio e a volte impresentabili. Una candidatura che rappresenta un punto di rottura da quelle idee liberiste, da quella logica del “meno peggio” e del “male minore” che ha portato, e tuttora porta, una grossa fetta di elettorato di sinistra a rifugiarsi nell’astensione o a votare altri partiti.

Pierfrancesco Majorino rappresenta un’ottima alternativa di governo raccogliendo ampio sostegno all’interno del centrosinistra, 5 Stelle compresi: un progressista valido, onesto e preparato; una vera discontinuità a tutto quello che Roberto Formigoni, Attilio Fontana e Letizia Moratti hanno rappresentato in questi oltre 25 anni di politica lombarda: un rodato sistema politico-affaristico volto a potenziare l’interesse privato a discapito dei servizi pubblici; un sistema che, in molti casi, si è dimostrato financo non esente da pratiche corruttive e collusioni mafiose.

Di Pierfrancesco Majorino mi piace ricordare che, durante la stagione di Mani Pulite, da giovane rappresentante dei movimenti studenteschi si schierò apertamente a sostegno dell’azione della magistratura organizzando manifestazioni sotto al palazzo di giustizia anche in onore di Giovanni Falcone. Ricordo quando, intervistato da Gad Lerner come ospite tra il pubblico, durante una puntata di “Milano-Italia” del 15 giugno ’92 dichiarò pubblicamente: “Abbiamo detto sì ad Antonio Di Pietro, no alla vecchia politica!”.

Nel 2010 prese le difese di Francesco Saverio Borrelli quando lo storico ex procuratore capo di Milano venne cacciato, come logica punitiva, dalla presidenza del Conservatorio di Milano su ordine della ministra dell’Istruzione Mariastella Gelmini. Nel 2012 da assessore alle Politiche Sociali del Comune di Milano ideò il Festival dei beni confiscati alle mafie, per contribuire allo sforzo per il loro riutilizzo sociale sensibilizzando la popolazione e le autorità con iniziative, convegni e mostre.

Nel 2017, il sindaco di Milano Beppe Sala aprì all’intitolazione di una via a Bettino Craxi; ma Majorino da assessore espresse la sua netta contrarietà: “Non cambio idea. Per me Craxi è un esempio negativo. Non c’è bisogno di una via!”. Infine, pochi giorni fa, ha annunciato che se verrà eletto Presidente di Regione Lombardia, nella sua squadra sarà presente l’integerrimo e straordinario Gherardo Colombo, ex magistrato dello storico pool di Mani Pulite, che si occuperà “della cultura della legalità, della trasparenza, del valore e del rispetto delle regole”.

Sì, se fossi lombardo, se fossi in voi cari amici, voterei convintamente per Pierfrancesco Majorino; un amministratore che cercherà di fare da argine contro mafie, corruzione e illegalità diffuse all’interno della Pubblica amministrazione.

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