L’attesa per le motivazioni della sentenza della Corte d’appello federale in arrivo entro il 30 gennaio sono solo il prossimo passo del “campionato parallelo” che la Juventus dovrà giocare nei primi mesi del 2023 in seguito all’inchiesta Prisma della procura di Torino. In molti continuano a chiedersi come sia stato possibile intercettare i dirigenti bianconeri e come mai in altre inchieste simili, per quanto noto al momento, questo non sia avvenuto. E in ballo nelle prossime settimane ci saranno altre questioni giuridicamente delicate, come la competenza territoriale dell’inchiesta. A breve si aprirà anche il secondo filone della giustizia sportiva legato alla “manovra stipendi”, in particolare la seconda, che rischia di avere un impatto sui conti bianconeri e coinvolgere anche i tesserati che avevano aderito. Ecco 5 cose da sapere per orientarsi nelle prossime tappe della vicenda.

Perché è stato possibile intercettare la Juve?
Una delle domande più frequenti è perché in questa inchiesta sui dirigenti della Juventus siano state utilizzate le intercettazioni. Tra i diversi reati ipotizzati dalla procura di Torino c’è il falso in bilancio, punito con una pena massima di 5 anni. Ma la pena massima è aggravata – fino a 8 anni – se la società è quotata in Borsa, come la Juventus appunto. Il codice di procedura penale (articoli 4 e 266) prevede la possibilità di usare le intercettazioni solo se il reato ipotizzato è punito con una pena massima superiore ai 5 anni. Ecco perché nel caso della Juventus è stato possibile intercettare i suoi dirigenti. Un altro caso concreto: la procura di Napoli ha in questo momento un’inchiesta aperta per falso in bilancio (e altri reati) nei confronti della club partenopeo. Il Napoli non è quotato in Borsa, quindi la pena massima è 5 anni e i magistrati non possono chiedere al giudice per le indagini preliminari di autorizzare le intercettazioni. Lo stesso varrebbe per una qualsiasi altra società, anche fuori dal contesto calcistico, al centro di un’inchiesta per la stessa ipotesi di reato.

Il processo sarà a Torino? Lo scontro dal 27 marzo
La vicenda della sede giudiziaria “naturale” del procedimento sarà il primo scontro tra accusa e difesa. Tutto ruota attorno al reato di aggiotaggio informativo contestato dai magistrati torinesi. Se ne parlerà già il 27 marzo di fronte al giudice per l’udienza preliminare Marco Picco. Anzi, se n’è già iniziato a discutere. I legali della difesa avevano chiesto infatti alla Cassazione di chiarire chi debba indagare e giudicare: magistrati torinesi oppure il procedimento dev’essere trasferito a Milano o a Roma? Il procuratore generale della Suprema Corte si è dichiarato “incompetente” per ragioni tecniche e ha lasciato tutto in mano a Torino, per ora. Secondo la difesa, l’aggiotaggio informativo – ovvero la pubblicazione di notizie false, esagerate o tendenziose che comporti una possibile alterazione di un titolo di Borsa – si sarebbe consumato a Milano, dove ha sede Piazza Affari, o a Roma, dove ha sede la piattaforma 1INFO su cui la Juve carica i propri comunicati destinati al mercato. Di diverso avviso la procura di Torino che, già a giugno nella richiesta di misure cautelari, aveva chiarito il suo punto di vista specificando la differenza tra aggiotaggio informativo, cioè il reato contestato, e l’aggiotaggio operativo. Il primo si consuma nel momento in cui il comunicato viene diffuso. Tutto, sulla base degli accertamenti della Guardia di finanza, è avvenuto a Torino: lì ha sede legale la Juve, lì vengono prese tutte le decisioni, da lì i comunicati vengono caricati sulla piattaforma 1INFO. “Il comando di invio è sempre ordinato da dispositivi-uffici di Juventus” e da quel momento l’operazione è “irreversibile”, il file è “immodificabile” e il comunicato risulta pubblicato nel giro di pochissimo tempo, spesso questione di secondi. Il giudice Picco potrà decidere in autonomia o potrà chiedere alla Cassazione di chiarire qual è la sede del procedimento.

Qual è il rischio sportivo della manovra stipendi?
Un’altra vicenda di stretta attualità è quella del procedimento sportivo per la “seconda manovra stipendi”, quella in cui la Juventus ha fatto firmare scritture private – non depositate in Lega Serie A – a 16 tesserati che garantivano il recupero “incondizionato” delle tre mensilità sospese nella stagione 2020/21. Oltre alla vicenda di Cristiano Ronaldo, che non ha firmato, e per la quale gli inquirenti – come svelato da Ilfattoquotidiano.it – seguono anche una “pista United” relativa al pagamento. Lunedì scadono i termini dell’inchiesta della procura della Figc, ma è possibile una proroga di 40 giorni. In caso di deferimento, la Juventus dovrà rispondere in base all’articolo 31 comma 3 del Codice di giustizia sportiva della Federcalcio: “La società che pattuisce con i propri tesserati o corrisponde comunque loro compensi, premi o indennità in violazione delle disposizioni federali vigenti, è punita con l’ammenda da uno a tre volte l’ammontare illecitamente pattuito o corrisposto, cui può aggiungersi la penalizzazione di uno o più punti in classifica”. In quella manovra, infatti, la Juventus ha fatto firmare ai calciatori che hanno aderito una scrittura privata, mai depositata in Lega Serie A sui moduli federali, come previsto dal regolamento.

Quale sarebbe l’impatto sui conti in caso di condanna?
Oltre alla possibile nuova penalizzazione, la Juventus corre un rischio economico importante. La manovra, secondo l’ipotesi della procura di Torino, riguarda circa 59 milioni di euro di stipendi. E l’articolo 31 comma 3 recita che la sanzione è un’ammenda “da uno a tre volte l’ammontare illecitamente pattuito”, termine che tra l’altro comporta l’ininfluenza dell’effettivo pagamento. È quindi possibile quantificare quanto eventualmente la società dovrebbe pagare in caso di condanna sportiva: tra 59 e 177 milioni di euro.

I giocatori rischiano? E chi sono?
Sì, anche i giocatori rischiano una squalifica sulla base del comma 8 dello stesso articolo 31: “I tesserati che pattuiscono con la società o percepiscono comunque dalla stessa compensi, premi o indennità in violazione delle norme federali sono soggetti alla sanzione della squalifica di durata non inferiore a un mese”. Tra i 16 tesserati di cui è stata ritrovata la scrittura privata ce ne sono 12 firmate da tutte le parti e 4 per cui mancano le firme dei calciatori. Hanno sicuramente siglato le carte Bernardeschi, Cuadrado, Dybala, Mc Kennie, Rabiot, Arthur, Ramsey e Szczesny. Mancano invece le firme di Bentancur, Chiesa, Danilo e Demiral. Quando i calciatori sono stati ascoltati come persone informate sui fatti hanno in molti casi confermato a verbale la ricostruzione della procura. E Demiral, pur non avendo firmato, ha spiegato agli investigatori di aver ricevuto quanto gli spettava. Un dettaglio non trascurabile: Demiral andò via dalla Juventus all’inizio della stagione 2021/22 e, stando alle carte depositate in Lega, non avrebbe dovuto aver diritto all’integrazione degli stipendi sospesi, subordinata alla permanenza nel club a una determinata data. E invece ha ricevuto, secondo la procura, una cifra a titolo di “incentivo all’esodo” sovrapponibile “al centesimo” a quanto avanzava.

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