In questi giorni abbiamo assistito ad una crociata tutta italiana contro la nuova direttiva europea sull’efficienza energetica degli immobili che verrà votata al Parlamento europeo tra qualche settimana. In Italia si è parlato di patrimoniale camuffata, di una eco-patrimoniale europea. Ma di cosa stiamo parlando in realtà?

Le dichiarazioni incendiarie di Salvini e di vari esponenti del governo Meloni, che fomentano cittadini poco avvezzi a controllare se le loro dichiarazioni corrispondono a qualcosa di concreto, su presunte patrimoniali sulle case degli italiani, sulla presunta perdita di valore della stragrande maggioranza degli immobili e sul conseguente impoverimento generale delle nostre famiglie, non è altro che l’ennesima propaganda becera di chi non legge il contenuto della proposta, non conosce l’iter legislativo europeo, oppure conosce bene entrambe le cose e ha qualche strano interesse da difendere per sostenere tesi come quelle che abbiamo sentito.+

La battaglia per il clima – e in questo caso l’efficienza energetica del nostro paese – si dimostrano ancora una volta obiettivi da non perseguire per questo governo. Un governo che ha già dovuto ritrattare più della metà delle sue promesse elettorali in meno di 4 mesi. Peraltro, guardando la direttiva in modo cinico, questa porterebbe vantaggi macro-economici per tutto il tessuto economico-sociale italiano e vantaggi politici anche al governo.

Ma andiamo con ordine e cominciamo a smontare punto per punto le bizzarre tesi complottistiche di Salvini, Meloni & co.

Stiamo discutendo di una direttiva, non di un regolamento. Ricordate, la direttiva per entrare in vigore deve essere trasformata in legge dai parlamenti nazionali. Quindi sarà il parlamento italiano a decidere il piano nazionale di ristrutturazione degli immobili.

Nella proposta su cui sta lavorando adesso il Parlamento europeo (la direttiva non è ancora stata votata e quindi non è ancora stata modificata e approvata), dove il mio collega di gruppo irlandese Claran Cuffe è relatore, si chiede nettamente una piena armonizzazione tra paesi europei per edifici che si trovano in categoria G e F. Cosa vuol dire?

La nostra proposta, discussa e negoziata in Parlamento, indica un obiettivo del 15% per la classe G a cui si sommano alcune richieste per le classe F, da cui sono esentati i beni storici che in Italia sono ben rappresentati. Il testo della direttiva prevede infatti delle eccezioni alla regola: gli immobili storici, quelli protetti secondo la legislazione nazionale, saranno esentati dalle ristrutturazioni. La stessa definizione di immobile storico sarà demandata ai singoli Stati membri dell’Ue, quindi nel nostro caso al parlamento, composto in maggioranza proprio da quelli che urlano alla luna puntando il dito contro l’Unione europea.

Uno degli argomenti usati dalla destra italiana per terrorizzare i cittadini è la teoria secondo la quale diventerebbe non possibile affittare o vendere gli immobili non ristrutturati e quindi più inquinanti. Questa affermazione è falsa. La direttiva non introduce alcun limite di questo tipo e non sono previste sanzioni per i cittadini che non sono a norma. Abbiamo esempi di legislazioni che in questo senso sono state adottate in Francia o in Olanda. Ma nella direttiva non c’è alcun obbligo. La scelta è prettamente nazionale, quindi sono sempre gli stessi urlatori e fomentatori di menti distratte a dover scegliere cosa e come fare.

Il governo Meloni, che per via del suo ministro Pichetto Fratin al Consiglio Ue del 25/10/22 aveva promosso la proposta definendola un compromesso, un equilibrio, tra ambizione e fattibilità, ha tuonato contro l’Ue per l’ipotetico coinvolgimento di 9 milioni di beni immobili. Anche questo dato è difficile da interpretare, visto che si stima che la classe G e F in Italia riguardi circa il 30% di 12,2 milioni di immobili. Quindi si parla di un numero che oscilla tra 3.1 e 3.7 milioni di edifici, numeri ben diversi dai 9 milioni di cui parla la destra. Senza considerare che una parte di questi edifici sono edifici storici o seconde case, esentati dalla direttiva.

Infine, sfatiamo la bufala della nuova patrimoniale. La direttiva va proprio nella direzione opposta, per proteggere sia i cittadini proprietari di casa che i loro affittuari dagli shock in bolletta e dal valore degli immobili che senza ristrutturazioni perderebbero di valore nei prossimi anni. La Direttiva è pensata per diminuire il costo in bolletta e rivalorizzare gli immobili degli italiani con uno sguardo alle fasce più deboli e agli immobili più energivori. Quindi attraverso l’aiuto pubblico alla ristrutturazione.

Investimenti e iniezioni di liquidità

Per tutelare le classi più deboli la direttiva, partorita dalla proposta della Commissione e migliorata dal testo del Parlamento, ha presentato una serie di aiuti finanziari. Investimenti e liquidità a sostegno dei cittadini via:

1. Pnrr, dove un intero capitolo è dedicato alla ristrutturazione;

2. Fondo sociale per il clima (più di 65 miliardi per l’Europa);

3. Fondi Regionali;

4. Investimenti privati e pubblici che orienterebbero la loro attenzione agli edifici con classi a maggior impatto ambientale (G e F).

La dialettica della destra e delle associazioni delle proprietà immobiliari del “giù le mani dalle nostre case, Bruxelles vuole imporci la patrimoniale” e altre castronerie varie non solo è fuorviante, fuori da ogni logica e senza nessun riscontro reale, ma anche dannosa per i nostri cittadini che vedranno le loro bollette aumentare e il valore delle proprie case diminuire. Ci sono tre ragioni principali, oltre a quel che ho già scritto sopra, per cui tali proteste sono ingiustificate ed è semmai vero l’esatto opposto:

1. La questione sull’efficientamento energetico è sul tavolo da 13 anni;

2. L’Italia ha sperperato milioni di euro in bonus edilizi in questi anni, spesso non calibrati bene, come succedeva altrove, e sfruttati da fasce della popolazione che non avevano bisogno di alcun aiuto;

3. Chi legge la direttiva, esercizio che andrebbe fatto prima di prendere posizione sulla base di dichiarazioni infondate, capisce da solo che non vi è alcuna imposizione per l’Italia (comprese le fantomatiche multe ai cittadini), ma ci sono varie opportunità che il parlamento nazionale può trasformare in vantaggi per i cittadini.

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