Lemon, di Kwon Yeo-sun (traduzione di Benedetta Merlini; Il Saggiatore), è un breve romanzo ipnotico, intenso e doloroso. Una magnifica prova di un’autrice di grande talento, capace di analizzare non solo il concetto di senso di colpa e di lacerazioni emotive che permangono nell’animo umano, ma anche di far emergere le devianze e la brutalità di un Paese spezzato quale è la Corea.

Lemon è la storia di Da-on,Hae-on, una ragazza ossessionata dalla verità per l’omicidio della sorella, Kim Hae-on, uccisa dopo la finale dei mondiali di calcio in Corea del Sud. Con indosso solamente un vestito giallo, Kim Hae-on viene ritrovata con la testa fracassata da una pietra nel cortile della scuola. Vengono individuati due compagni di liceo della vittima come sospettati, ma le indagini si chiudono senza che emerga il nome di un colpevole. Solo Da-on,Hae-on non si dà per vinta. Il suo percorso di giustizia diviene viaggio nell’animo umano, tra segreti inconfessabili, pulsioni alienanti e sul significato della vita stessa.

Giardino di primavera, di Shibasaki Tomoka (traduzione e postfazione di Roberta Lo Cascio; Atmosphere Libri), è un diretto, calmo e coinvolgente romanzo che potrebbe annoverarsi come esempio di antropologia urbana contemporanea. Ambientato nel centrale quartiere di Setagaya, a Tokyo, il testo segue le vicende di Tarō, uno dei pochi inquilini rimasti nel View Palace Saeki III, un condominio prossimo alla demolizione. Tarō vive da solo, conduce un’esistenza monotona e solitaria ed è restio a interfacciarsi con le altre persone. È una metafora bipede dell’assetto societario giapponese, così come lo sono i suoi vicini di casa: L’anziana signora Serpente che ha tagliato i ponti con la propria famiglia, la giovane madre Morio, che non ha amici e, infine, Nishi, la fumettista freelancer che sogna una vita ideale nella villa che sorge di fronte al condominio e che sarà in grado di distogliere, parzialmente, Tarō dal suo isolamento. Giardino di primavera, però, non è solo uno spaccato delle relazioni sociali del Giappone contemporaneo, ma anche analisi della metropoli: lo spazio urbano riflette lo stato d’animo dei personaggi e diviene chiave di lettura del romanzo stesso.

Il canto della balena, di Machida Sonoko (traduzione di Giuseppe Giordano; Atmosphere Libri), è una storia di violenza e di rinascita. Kiko è una ragazza con un passato fatto di violenza e vessazioni famigliari, di paura, frustrazioni, percosse e umiliazioni. Come la balena da cui prende il titolo il romanzo, Kiko è circondata da suoi simili che non riescono a sentirne la voce interiore. La sua solitudine la porterà in un villaggio di pescatori, prevalentemente anziani, alla ricerca di un’esistenza tranquilla, lontana dall’anafettività della madre. Nel villaggio, Kiko incontra un bambino dall’aspetto trasandato che, con la protagonista, condivide un passato di abusi e violenze e un presente marchiato dal senso di colpa. I due intraprenderanno un viaggio interiore per cercare di sconfiggere i fantasmi e trovare una determinante serenità di spirito.

Viaggio verso la riva, di Yumoto Kazumi (traduzione di Maria Elena Tisi; Atmosphere Libri), è un romanzo delicato, dai toni sommessi, che attinge nella realtà per analizzare aspetti inconsueti e, a tratti, paranormali. Dopo molti anni dalla scomparsa un uomo torna a casa, dalla propria moglie, comunicandole che lui è morto in mare, dove i granchi si sono cibati del suo corpo e di aver impiegato gli ultimi tre anni per ritornare a casa. Il giorno seguente i due sposi si mettono in viaggio ripercorrendo a ritroso la strada fatta dall’uomo per cercare di capire cosa sia effettivamente successo. Viaggio verso la riva è una storia sulle fragilità della vita, sul senso di perdita, su come separarsi con serenità da una persona cara ed è metafora di come gli estremi possano convivere senza contraddizioni e senza sforzo.

Luna nomade, di Nagira Yuu (traduzione di Marta Fanasca; Atmosphere Libri), racconta lo strano rapporto tra Sarasa, una bambina di nove anni affidata ai rigidi zii, e Fumi, un diciannovenne che, vedendola sola al parco, la invita a trasferirsi da lui. La bambina trascorre a casa del ragazzo alcuni mesi molto sereni, ma la polizia si mette sulle loro tracce, Sarasa viene affidata a una casa-famiglia e Fumi, accusato di rapimento, viene arrestato. Dopo quindici anni Sarasa ha un lavoro e un fidanzato, una vita apparentemente tranquilla, ma la sua mente continua a pensare a Fumi, al suo altruismo, alla sensazione di averlo fatto arrestare per colpa della sua inquietudine al mondo adulto. Un romanzo dove emerge prepotente un concetto: il confine tra giusto e sbagliato è molto labile. Opinabile.

Articolo Precedente

Morto Pino Roveredo, lo scrittore triestino che ha messo “gli ultimi” al centro. Premio Campiello con ‘Mandami a dire’, aveva 69 anni

next
Articolo Successivo

A Chiusi le tombe etrusche chiuse per il Covid nel 2020 e mai più riaperte. Il sindaco: “Mancano le risorse”

next