In queste settimane molte classi in tutta Italia partono per le settimane bianche. Anche la scuola dei miei figli organizza una “gita bianca”: tre giorni da passare tra impianti da sci, neve (per lo più artificiale), pattinaggio sul ghiaccio e discoteca la sera. Il costo è circa 300 euro per ragazzino, senza contare il noleggio degli sci. I ragazzini delle famiglie che non possono permettersi questo costo, o che obiettano per motivi ecologici ed etici, restano a scuola.

Sono gite definite “educative” dalla scuola, perché così i ragazzi “imparano l’autonomia”. Io ho obiettato che l’autonomia si può imparare anche facendo trekking, ciaspole, sci di fondo o altri sport meno impattanti (e più economici), ma senza successo. Mi hanno risposto: “la maggioranza delle famiglie è entusiasta della gita sugli sci, perché cambiare?” e poi “è una gita ecologica perché ci si va in bus, piuttosto che ognuno con la sua auto”. Questo è il livello di consapevolezza della crisi climatica e ambientale a scuola.

Ho chiesto almeno di far leggere ai ragazzi il report di Legambiente “Neve diversa” che ogni anno racconta l’impatto dello sci di discesa e connessi impianti di risalita. Un documento che si potrebbe studiare nell’ora di scienza, geografia ed educazione civica. Così che i ragazzi possano avere una visione diversa, più critica, e non solo superficiale e consumistica, della gita sugli sci. Ma neppure questa mia proposta ha avuto successo.

Nei programmi formativi delle scuole si sprecano tante belle parole, sui comportamenti rispettosi e consapevoli da incentivare, sul fatto che la scuola sia promotrice di cambiamento, ma nella pratica la scuola ignora il cambiamento climatico e incentiva forme di turismo di massa totalmente irrispettose degli ecosistemi, facendo nascere un bisogno insostenibile nei ragazzi, educandoli ad essere consumatori superficiali e non cittadini critici.

E così, per attirare i turisti, si costruiscono ossessivamente impianti: dalle Alpi agli Appennini ci sono 150 progetti di nuovi impianti sciistici localizzati in aree di grande pregio naturalistico, come i siti protetti da Rete Natura 2000, non idonee alla pratica sciistica, e si continua a costruire nonostante 234 impianti sciistici dismessi e 135 strutture dal futuro incerto per mancanza di neve, problemi economici e/o gestionali o per fine vita tecnica. Per non parlare dei 149 impianti che restano aperti grazie ai cosiddetti “accanimenti terapeutici”, cioè che sopravvivono con forti iniezioni di denaro pubblico. Basti pensare che con la recente Leggi di Bilancio, il governo ha stanziato 200 milioni di fondi pubblici per gli impianti in tutta Italia. Si costruiscono bacini per la neve artificiale, che consumano acqua, energia e combustibili fossili, aggravando la crisi ecologica. Gà attualmente sotto i 1800 metri si fa fatica ad avere 30 centimetri di neve per almeno 100 giorni, ma gli esperti ipotizzano che il trend è in veloce peggioramento e tra pochi decenni (forse già dal 2036) sciare sarà difficile, se non impossibile, anche sulle Dolomiti. “L’offerta turistica che dal dopoguerra ha caratterizzato molte delle nostre montagne, legata allo sci, rappresenta una delle maggiori cause del deterioramento del paesaggio naturale” si legge nel report Neve Diversa.

I politici però, invece di rendersi conto del limite, vogliono superarlo a tutti i costi e con ogni mezzo, con tecnologie ancora più evolute per mantenere la neve artificiale nonostante le alte temperature, i cosiddetti cannoni high tech tanto cari a Bonaccini, presidente della Regione Emilia Romagna. Quelli che saranno usati dall’Arabia Saudita per i Giochi Invernali del 2029 per intenderci. Una follia dietro l’altra, insomma, degna di un film distopico.

Davanti a questa follia, dovrebbero essere le scuole, i turisti, i cittadini a chiedere e scegliere un turismo diverso. La storia dimostra come il boicottaggio, il consumo critico, possono influire molto sulle decisioni economiche e politiche. Dal report Neve Diversa di Legambiente leggiamo tanti esempi sostenibili di vacanze invernali: in Friuli-Venezia Giulia i progetti Saisera wild track e Saisera sound track di Malborghetto-Valbruna, che si possono fare con sci da fondo o trekking. Negli Appennini l’esperienza Neve Natura, un progetto didattico che propone escursionismo invernale, ciaspole, camminata nordica… Poi il progetto Maiella l’altra neve, i percorsi di sci di fondo escursionistico nelle faggete della Riserva Naturale di Lama Bianca in Comune di S. Eufemia a Maiella, o nel Comune di Pescocostanzo, e tanti altri ancora, dal Nord al Sud Italia. Forme di turismo davvero educativo, che permettono ai territori di emanciparsi dalla monocultura dello sci e da forme aggressive di sviluppo. Perché le scuole non sostengono queste realtà?

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