La grande iattura delle privatizzazioni, iniziate dal governo Ciampi-Amato nel 1990 con la vendita di tutte le nostre banche pubbliche, ha avuto il suo principale sostenitore in Mario Draghi. Il quale, sul panfilo Britannia, il 2 giugno 1992, davanti a cento delegati della City londinese, ebbe a dire: “Un’ampia privatizzazione è una grande – direi straordinaria – decisione politica, che scuote le fondamenta dell’ordine socio-economico… può essere presa solo da un esecutivo che ha ricevuto un mandato preciso e stabile”.

Non si accorgeva Draghi che queste parole distruggevano dalle fondamenta la nostra Costituzione, il cui ordine socio-economico è fondato sul principio “dell’eguaglianza economica e sociale” dell’intero popolo.

Egli in realtà affidava le redini dell’economia, compresa la determinazione della retribuzione del lavoro, nelle mani delle imprese private, violando il principio costituzionale secondo il quale la nostra economia deve essere un’economia mista e l’attività economica privata e pubblica deve essere coordinata a fini sociali, nonché l’altro principio secondo il quale la retribuzione del lavoro deve essere “sufficiente ad assicurare a sé e alla propria famiglia un’esistenza libera e dignitosa” (il vero minimo salariale secondo la Costituzione).

Oggi è sotto gli occhi di tutti che l’attuazione di questo disegno ha portato l’Italia alla rovina economica, caratterizzata dalla distruzione della dignità del lavoro e dalla miseria sempre più generalizzata.

Ricordo che Draghi continuò il discorso affermando che questo processo sarebbe stato inevitabile perché innescato dall’aumento dell’integrazione europea. Ed effettivamente l’Europa, omettendo di valutare la situazione reale dell’Italia, sta preparando una dannosissima direttiva secondo la quale entro il 2030 tutte le abitazioni del nostro Paese devono raggiungere la cosiddetta classe energetica E, per poi attestarsi entro il 2033 sulla classe energetica D. Sancendo – in una prima versione del testo, poi ammorbidita – che in mancanza di dette ristrutturazioni l’immobile non potrebbe più essere né venduto né affittato: una perdita enorme per l’economia nazionale e per i cittadini meno abbienti, che con grandi sacrifici sono riusciti a comprarsi un piccolo appartamento.

Ciò significa che, contravvenendo al principio dell’eguaglianza economica e sociale, l’Unione europea persegue il fine della diseguaglianza economica e sociale, come del resto sta operando il governo Meloni, mirando a dividere il popolo in pochi sempre più ricchi e molti sempre più poveri; in modo che questi ultimi siano dominati dai primi.

Gli esempi sono moltissimi e ricordo che altro provvedimento che accentua il divario tra ricchi e poveri in Italia è l’aumento dei tassi d’interesse sancito dalla Bce di Christine Lagarde, fatto che incide molto negativamente sul nostro Paese, tanto fortemente indebitato.

Desidero aggiungere inoltre che nessun concreto provvedimento è stato adottato per recuperare gli extra-profitti sugli aumenti speculativi del gas e dell’energia, e che a riguardo il nostro governo si è limitato a disciplinare solo l’attività dei gestori evitando di toccare gli interessi delle multinazionali del petrolio.

È una situazione insostenibile, che nessun partito fa valere, e che potrebbe essere risolta soltanto se l’Italia, come sempre ha fatto la Germania, facesse prevalere la nostra Costituzione e i principi fondamentali che essa contiene, sulle norme dei Trattati, secondo il noto principio della giurisprudenza costituzionale cosiddetta dei contro-limiti.

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