di Michele Versace

Da alcuni anni la tv e i giornali ci martellano con la presunta necessità di alimentarci in un futuro molto prossimo con cibi a base di insetti. La scelta sarebbe dettata dalla necessità di produrre cibo a basso impatto ambientale, per una popolazione mondiale in costante crescita.

Al momento, secondo i sondaggi, solo il 16% degli italiani sarebbe disposto a nutrirsi di grilli e loro derivati, e questo scarso entusiasmo deriverebbe per lo più dal disgusto suscitato dal cibo stesso proposto e dall’amore per la cucina nazionale, giustamente ai vertici di quella mondiale.

Pochi o nessuno motiva l’avversione al “cibo invertebrato” con considerazioni di più ampio respiro, o solo un po’ di logica spiccia: se aumenta la fame nel mondo a causa dell’aumento della popolazione sulla Terra, la soluzione più semplice è quella di contenere l’incremento demografico, così come, se ho uno scarico che perde, la soluzione non è aumentare la dimensione della bacinella sotto il lavandino, ma sostituire la guarnizione. Oppure con la prima legge della termodinamica: nulla si crea e nulla si distrugge, ossia rammentare che le risorse a disposizione sono sempre le stesse, sia che si producano bistecche o grilli, e che l’energia necessaria per produrre 100 Kcal è la stessa, sia che si tratti di bovini o di grilli.

La dimostrazione di quanto affermo sta nel fatto che già quando ero bambino, e la popolazione mondiale ammontava a 3 miliardi, c’era un terzo di essa che moriva di fame. Oggi produciamo (come allora) molto più cibo di quello necessario, e chi moriva di fame negli anni ’70 del secolo scorso continua a stringere la cinghia pure oggi. Ergo, non è questione di produttività ma di business.

Non credo sia necessaria una laurea ad Oxford per capire che dietro questo nuovo cibo vi siano gli interessi di multinazionali intente a diversificare e innovare la loro offerta per incrementare gli utili, così come per la trazione elettrica delle automobili, che continuerà ad essere prodotta bruciando idrocarburi, e che perciò non ridurrà di un grammo di CO2 l’inquinamento atmosferico, ma illuderà i sedicenti ambientalisti perchè avranno l’aria delle loro città più pulita, avendo solo spostato lo smog altrove.

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