“In America ci sono 37 Stati (su 50, ndr.) che permettono agli agenti di polizia di lavorare – con piena autorità di arrestare e usare forza letale – prima ancora di iniziare a frequentare l’accademia di polizia”. Randy Shrewsberry è un ex agente di polizia statunitense e fondatore dell’Institute for Criminal Justice Training Reform, un’organizzazione che si occupa di promuovere miglioramenti al sistema di addestramento delle forze dell’ordine negli Stati Uniti. “Se vi trovate in uno di questi 37 Stati, – dice Shrewsberry – un agente di polizia che risponde ad un’emergenza potrebbe non avere alle spalle alcuna formazione. Questo è pericoloso sia per i cittadini che per gli stessi agenti”.

Negli Stati Uniti esistono ben 22mila dipartimenti di polizia con altrettanti modi di reclutare gli agenti. Anche se ci sono delle linee guida a livello centrale, infatti, ogni dipartimento stabilisce in maniera indipendente i requisiti richiesti per entrare a far parte delle forze dell’ordine. Ad eccezione delle Hawaii (che non hanno standard minimi di formazione per diventare agente di polizia), ogni Stato ha un organismo di regolamentazione, il Peace Officers Standards and Training, che stabilisce i requisiti di base che devono essere soddisfatti prima che un agente di polizia possa essere dichiarato qualificato. Questi possono includere l’età minima (18 o 21 anni), il livello di istruzione (anche se solo alcuni Stati richiedono un’istruzione universitaria), il rispetto dei requisiti di esclusione (come la fedina penale) e il numero di ore di formazione richieste.

“Gli Stati Uniti – spiega Shrewsberry – hanno un numero di ore di formazione richieste tra i più bassi al mondo. Tra le eccezioni degne di nota vi sono l’Iraq, l’Afghanistan (dove addestravamo la loro polizia) e la Papua Nuova Guinea”. Come rilevato da uno studio del 2013 del Bureau of Justice Statistics del Dipartimento di Giustizia degli Stati Uniti, se nella maggior parte dei Paesi è richiesta una formazione che va dai 2 ai 4 anni, negli Stati Uniti la media è di circa 6 mesi. “La durata più alta, quella prevista dal Connecticut, – dice Shrewsberry- non prevede nemmeno un anno intero di formazione”.

Il problema però non è solo l’ammontare delle ore di addestramento. La formazione ricevuta, infatti, spesso non rispecchia il lavoro quotidiano di un agente di polizia. “Invece di concentrarsi su come condurre le indagini, sulla prevenzione del crimine e sulle tecniche di pattugliamento, l’enfasi maggiore viene posta sulla sicurezza degli agenti, il che porta i poliziotti a reagire con la forza, quasi in preda alla paranoia, alla percezione di minacce, invece che alla de-escalation e a un’azione di polizia basata sulle prove”, dice Shrewsberry. È un “addestramento basato sulla paura” che procura al poliziotto uno stato di stress sostanzialmente inutile. Su circa un milione di agenti di polizia, infatti, meno di 65 vengono uccisi ogni anno sul posto di lavoro. “In pratica, insegniamo agli agenti di polizia che in ogni situazione c’è un’alta probabilità di essere uccisi”, anche se statisticamente il rischio è molto basso. “E questo porta gli agenti ad essere costantemente sotto stress”.

Il 24 maggio 2022, un diciottenne, Salvador Ramos, è entrato alla Robb Elementary School di Uvalde, in Texas, e ha ucciso 19 bambini e due insegnanti. “Il fallimento dell’intervento a Uvalde è stato causato prima di tutto dagli ufficiali in comando che hanno dato ordine agli agenti di ritirarsi invece che di rispondere”. I filmati dell’assalto alla scuola e le registrazioni emerse recentemente che includono più di 20 chiamate, comprese quelle tra agenti e centralinisti, rivelano una risposta caotica delle forze dell’ordine. Le informazioni poco chiare e l’incapacità di gestire una situazione difficile avrebbero contribuito ai 77 minuti di ritardo nell’intervento alla Robb Elementary School. Tanto, troppo tempo sprecato prima di intervenire. E la memoria torna alla mattina del 20 aprile 1999 quando Eric Harris e Dylan Klebold sono entrati alla Columbine School di Littleton, una città nei sobborghi di Denver, in Colorado, e hanno cominciato a sparare contro i loro compagni e professori, per poi suicidarsi. Il bilancio è stato di 13 morti e 24 feriti. In quel caso, gli agenti di polizia hanno fatto irruzione nella scuola solo due ore dopo il suicidio dei due ragazzi.

“Dalla sparatoria alla Columbine School – dice al fattoquotidiano.it Shrewsberry- le forze dell’ordine si sono concentrate molto sull’azione in caso di sparatorie attive”. I fatti della scuola di Denver hanno portato alla riforma delle procedure di intervento previste in casi simili, consentendo alle squadre speciali di intervenire anche se ci sono ostaggi, e di sparare ai responsabili in autonomia, anziché limitarsi ad aprire una trattativa come stabilito precedentemente.

“Tuttavia – dice Shrewsberry – a Uvalde sembra che i protocolli stabiliti siano stati ampiamente ignorati e che i vertici operativi sulla scena abbiano deciso di attuare il proprio approccio ad hoc”. “Sebbene i protocolli sulle sparatorie attive non abbiano risolto tutti i problemi, – prosegue- in quel caso avrebbero certamente attenuato la perdita di vite umane”. Dall’omicidio di George Floyd, ucciso a Minneapolis dall’agente Derek Chauvin dopo che questi aveva premuto per ben 8 minuti il suo ginocchio sul petto dell’uomo soffocandolo, l’America è stata messa di fronte ad un altro grande problema: il razzismo nelle forze dell’ordine. “Il razzismo esiste nel nostro sistema. Anche se non è solo all’interno della polizia, spesso inizia lì”.

Lo stesso Shrewsberry è stato protagonista di un fatto che lo ha sconvolto. “Anni fa, stavo aiutando un superiore in un incidente automobilistico. Un uomo di colore si era scontrato frontalmente contro uno spartitraffico di cemento ed era morto sul posto”. “Stavo deviando il traffico – prosegue Shrewsberry – quando il mio superiore, che era stato accanto alla vittima fino a quel momento, mi raggiunse e mi disse: “Quando sono arrivato qui era vivo, ma stava morendo. Gli occhi si aprivano e chiudevano molto lentamente e sentivo il polso rallentare”. Allora fece una pausa e mi disse: “Così gli sussurrai all’orecchio: ‘Oggi è il giorno in cui muori, negro’”. Secondo il portale Mapping Police Violence, solo nel 2019 le persone di colore hanno rappresentato il 24% delle vittime di omicidio per mano della polizia, nonostante siano solo il 13% della popolazione statunitense. Come riportato da Amnesty International, ogni anno, circa mille persone vengono uccise dalla polizia negli Stati Uniti. Oltre alla proliferazione di armi, dunque, Washington deve risolvere più di un problema.

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