L’allargamento della flat tax per gli autonomi. La tassa piatta incrementale, riservata anch’essa ai soli lavoratori indipendenti. Una mini riduzione del cuneo fiscale per chi guadagna meno di 35mila euro lordi accompagnata dalla detassazione dei premi di produzione e delle mance. Per tutti quelli che non sono in regola con l’erario, una decina di condoni e sanatorie. Affiancati da aliquote agevolate per chi sceglie di rivalutare quote di fondi o azioni. Sono le principali novità che la legge di Bilancio prevede per il 2023 sul fronte del fisco e degli stipendi, in attesa della nuova delega fiscale annunciata dal viceministro Maurizio Leo in cui potrebbe essere recuperato lo scudo penale saltato dopo le proteste delle opposizioni. Per stimolare l’aumento dell’occupazione c’è poi la proroga degli sgravi contributivi già in vigore per le assunzioni di donne svantaggiate e di giovani al di sotto di 36 anni a cui si aggiunge un aumento dell’esonero dal versamento dei contributi giù previsto per chi assume percettori del reddito di cittadinanza.

Le flat tax – Si allarga la platea di professionisti e partite Iva beneficiari del regime forfettario al 15%: sale da 65mila a 85mila euro la soglia dei ricavi o compensi per avere diritto all’agevolazione. La premier Giorgia Meloni ha negato che questo “discrimini” i lavoratori dipendenti, ma le simulazioni dell’Ufficio parlamentare di bilancio dicono che un professionista risparmierà grazie al regime forfettario allargato 9.600 euro medi e il 25% della platea otterrà un beneficio superiore a 13.264 euro. In più, fino a 100mila euro di reddito sarà possibile per gli autonomi chiedere l’applicazione della “flat tax incrementale”: gli aumenti di reddito fino a 40mila euro registrati nel 2023 rispetto al più alto dei redditi dichiarati nel 2020, 2021 e 2022 saranno assoggettati a un’aliquota fissa del 15%.

Il cuneo fiscale – Per i lavoratori dipendenti la manovra conferma il taglio contributivo del 2% per redditi fino a 35mila euro e prevede uno sgravio maggiorato, pari al 3%, per i redditi fino a 25mila euro. I vantaggi in busta paga “saranno molto scarsi e certamente insufficienti a contrastare il caro vita”, ha commentato la Cgil, calcolando che chi ha una retribuzione annua lorda di 10mila euro riceverà nel 2023 un beneficio mensile netto di 23,08 euro, solo 7,69 euro in più rispetto al 2022. Chi arriva ai 25mila euro lordi annui si troverà in tasca 41,74 euro, cioè 13,91 euro in più al mese rispetto a quest’anno. Secondo il sindacato, la decontribuzione doveva essere più corposa e “visto il perdurare dell’elevata inflazione, doveva essere accompagnata dalla strutturale indicizzazione delle detrazioni per lavoro dipendente e pensione”.

I premi di produttività e le mance – Saranno tassati al 5%, invece del precedente 10%, i premi di produttività fino a 3mila euro. Il limite sale a 4mila euro se l’azienda coinvolge pariteticamente i lavoratori nell’organizzazione del lavoro. Con il decreto Aiuti quater era stata alzata da 600 a 3.000 euro la soglia dei premi esentasse che le imprese possono concedere ai dipendenti come ‘fringe benefit’ per il pagamento delle utenze domestiche di acqua, luce e gas. Le mance versate al personale di bar, ristoranti e hotel saranno poi soggette a un’imposta sostitutiva agevolata del 5%. La misura lascia molto perplessi gli esperti di mercato del lavoro: oggi i riconoscimenti in denaro vengono quasi sempre lasciati in contanti, dunque sono in nero. Il rischio, come ha spiegato a ilfattoquotidiano.it Giuseppe Pisauro, ex presidente dell’Ufficio parlamentare di bilancio e oggi numero uno del centro studi Nens, è di “indurre il datore di lavoro ad accordarsi con il cameriere per versargli il 25% dello stipendio sotto forma di “mancia”. Su cui non paga i contributi. Così il lavoratore si ritroverà con una pensione ancora più bassa”.

Le decontribuzioni – Il pacchetto lavoro comprende anche l’estensione da 6mila a 8mila euro del tetto per le decontribuzioni riservate a chi assume giovani under 36, percettori di Rdc o donne “svantaggiate” (in base a fattori come l’età, la durata della disoccupazione, il settore di specializzazione e il territorio in cui risiedono). Lo sgravio vale per le assunzioni a tempo indeterminato e per le trasformazioni dei contratti a tempo determinato in contratti a tempo indeterminato e solo i datori di lavoro che nei 6 mesi precedenti e nei 9 mesi successivi non licenzino. Per quanto riguarda i beneficiari di rdc, le schede di lettura del Servizio studi del Senato ricordano che già il decreto del 2019 che ha istituito il reddito “ha previsto, a favore dei datori di lavoro privati che assumono con contratto a tempo determinato, indeterminato o di apprendistato percettori del reddito di cittadinanza, l’esonero dal versamento dei contributi previdenziali ed assistenziali a carico del datore di lavoro e del lavoratore nel limite dell’importo mensile del Reddito di Cittadinanza percepito dal lavoratore e, comunque, non superiore a 780 euro mensili” e per una durata “pari alla differenza tra 18 mensilità e le mensilità già godute del reddito di cittadinanza e, comunque, non inferiore a cinque mesi”. Tanto che al governo i tecnici chiedono di “valutare l’opportunità di specificare la compatibilità o meno con analoghi esoneri previsti dalla normativa vigente”.

Le sanatorie fiscali – Sono dieci le modalità di regolarizzazione previste dalla manovra nell’ambito della cosiddetta ‘tregua fiscale’, nei fatti un vasto condono. Ci sono lo stralcio delle cartelle sotto i 1000 euro con l’eccezione di quelle derivanti da multe non pagate (su cui decideranno i Comuni), la rottamazione quater sui ruoli affidati all’agente della riscossione dal 2000 al giugno 2022, la definizione agevolata sui controlli automatizzati delle dichiarazioni, la regolarizzazione di irregolarità formali, il ravvedimento speciale delle violazioni tributarie, la definizione agevolata dei procedimenti di accertamento, la definizione agevolata e conciliazione agevolata delle controversie tributarie, la rinuncia ai giudizi in cassazione. Per un costo netto di 1,4 miliardi per le casse dello Stato.

Le aliquote agevolate sui patrimoni – In base ai commi 112-114 della manovra, chi ha investito in fondi comuni e polizze vita del ramo I potrà mettersi subito in regola con il fisco, senza aspettare di realizzare la plusvalenza su cui si paga di norma il 26%, versando entro il 16 settembre 2023 una imposta sostitutiva del 14% sulla differenza tra il valore delle quote o azioni (anche quotate) rilevato dai prospetti periodici al 31 dicembre 2022 e il costo o valore di acquisto o di sottoscrizione.

Altri tre commi consentono a chi rivaluta terreni – come già previsto dal decreto bollette dello scorso marzo – ma anche partecipazioni azionarie e titoli di pagare un’imposta sostitutiva con aliquota al 16% (nel testo iniziale era al 14%) sul valore rilevato a dicembre 2022. Si può versare il dovuto in un massimo di tre rate annuali a partire dal 15 novembre 2023. Il valore di cui tener conto in luogo del prezzo di acquisto deve essere determinato sulla base di una perizia giurata.

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