Da un lato si prepara la stretta sulle intercettazioni giudiziarie, quelle chieste da un pm e autorizzate da un gip in presenza di una notizia di reato e nel rispetto delle garanzie di legge. Dall’altro si spalancano praterie alle intercettazioni preventive e segrete, effettuate dalle agenzie d’intelligence nei confronti di cittadini non indagati, persino nei loro luoghi di privata dimora. È la doppia faccia del governo Meloni, che tramite il Guardasigilli Carlo Nordio promette di rendere la vita difficile alle Procure (attraverso una “profonda revisione” dello strumento d’indagine), e allo stesso tempo inserisce nella legge di bilancio un emendamento per slegare le mani agli 007, allentando le maglie previste dalla legge e i controlli della magistratura sulla loro attività d’intercettazione. E in più spostando la relativa capacità di spesa dal ministero della Giustizia “all’apposito programma concernente il Sistema di informazione per la sicurezza della Repubblica”, che fa capo al ministero dell’Economia: uno stratagemma, denuncia l’ex ministro Pd Andrea Orlando, con cui si sganciano le intercettazioni preventive “da ogni ancoraggio dalle intercettazioni investigative e si pongono sotto il controllo politico. Stato di Polizia?”, si chiede su Twitter.

Vediamo i dettagli. L’emendamento riscrive l’articolo 4 del decreto-legge 144/2005, il cosiddetto “decreto Pisanu” varato in funzione antiterrorismo dal terzo governo Berlusconi. Al momento è previsto che i direttori dell’Aisi e dell’Aise (le agenzie d’intelligence per l’interno e per l’estero) possano chiedere al procuratore generale di Roma l’autorizzazione a svolgere intercettazioni preventive nei confronti di persone non indagate, anche nei loro luoghi di privata dimora, “quando siano ritenute indispensabili per l’espletamento delle attività loro demandate”. Il procuratore dà il via libera “qualora vi siano elementi investigativi che giustifichino l’attività di prevenzione e lo ritenga necessario“. L’autorizzazione può valere per un massimo di quaranta giorni, prorogabile per periodi successivi di venti giorni “con decreto motivato, nel quale deve essere dato chiaramente atto dei motivi che rendono necessaria la prosecuzione”. Al termine delle operazioni, i nastri e i verbali delle intercettazioni devono essere depositati entro cinque giorni in Procura generale. E il procuratore, “verificata la conformità delle attività compiute all’autorizzazione”, ne dispone “l’immediata distruzione“: può autorizzare la conservazione dei dati solo “quando gli stessi sono indispensabili per la prosecuzione dell’attività”, ma distruggendo in ogni caso i contenuti delle comunicazioni.

Cosa cambia con l’emendamento del governo? Intanto, per autorizzare gli 007 a spiare i cittadini a casa loro non serve più che il procuratore “lo ritenga necessario” valutando gli “elementi investigativi che giustifichino l’attività di prevenzione”: basta che le agenzie autocertifichino che le intercettazioni sonoindispensabili” per la loro attività. Anche il via libera alle proroghe diventa più semplice: non dev’essere più “dato chiaramente atto dei motivi” che le rendono necessarie, ma basta che siano “indicati“. Poi viene moltiplicato per sei volte il periodo in cui, una volta concluse le intercettazioni, i servizi possono trattenere i nastri senza depositarli in Procura per la distruzione: da cinque giorni si passa a trenta. E soprattutto si prevede che “su richiesta motivata dei direttori dei servizi (…), comprovante particolari esigenze di natura tecnica e operativa”, il procuratore possa “autorizzare il differimento del deposito (…) per un periodo non superiore a sei mesi“: in quel caso, da cinque giorni si potrebbe passare addirittura a 180. Non solo, ma una volta avvenuto il deposito la Procura non è più obbligata a distruggere in ogni caso le conversazioni: può autorizzare la conservazione di tutti i dati, comunicazioni comprese, fino a 24 mesi. Insomma, alla faccia delle preoccupazioni per la privacy di Nordio, il governo si prepara ad allargare la possibilità degli apparati statali di trattenere e fare uso delle conversazioni di cittadini non indagati, senza alcuna garanzia.

Nella relazione illustrativa, il governo scrive che la vecchia disciplina aveva causato “criticità e difficoltà interpretative“, e che il termine di cinque giorni per depositare i nastri risultava “particolarmente restrittivo (…) in presenza di operazioni prolungate nel tempo”, quando “le informazioni da riversare nei supporti esterni hanno la dimensione di diversi terabyte“. Una velina dettata alle agenzie da palazzo Chigi parla della necessità di “razionalizzare” le captazioni e afferma che il passaggio delle spese all’intelligence risponde a “un’esigenza di riservatezza del comparto”. Ma le opposizioni sono già sulle barricate, anche perché l’emendamento – di natura normativa – difficilmente può essere considerato attinente alla legge di Bilancio. “È inaccettabile che il governo intervenga su un tema di estrema delicatezza come le attività dei servizi segreti con una modifica proposta nottetempo all’interno della legge di Bilancio. Nel merito è preoccupante l’intenzione di affievolire le garanzie giurisdizionali previste dalla disciplina delle intercettazioni investigative fino ad oggi applicata e la previsione di distruzione del materiale raccolto. Per questi motivi abbiamo chiesto lo stralcio immediato della norma“, attaccano gli eletti del M5s in Commissione Giustizia. “Mentre allenta i controlli su appalti e corruzione, il governo, con l’emendamento sulle intercettazioni, indebolisce controlli e garanzie dei cittadini. È questo il nuovo garantismo?”, attacca su Twitter la vicepresidente dem del Senato, Anna Rossomando. E anche il presidente della Camera, il leghista Lorenzo Fontana, ammette qualche dubbio: “Stiamo affrontando la questione. Vogliamo vedere effettivamente se ci sono eventualmente dei risparmi per cui si può considerare la norma ammissibile o è solo una questione ordinamentale. Vediamo che margini ci sono per ognuna delle ipotesi”, dice.

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