Non riesce l’ultima impresa al Marocco, che perde due a uno contro la Croazia e non conquista un podio che sarebbe stato da un lato meritato e dall’altro un segnale importante per il calcio africano che sarebbe andato per la prima volta in un Mondiale “a medaglia“. Ci hanno provato fino all’ultimo gli uomini di Regragui non riuscendo nell’impresa per i meriti della Croazia ovviamente, ma anche per stanchezza e parecchia sfortuna. Un cerchio che si chiude da dove era iniziato: dalla Croazia, avversario dei Leoni dell’Atlante nella gare d’esordio di questo mondiale, gara in cui Zyech e compagni hanno cominciato a far vedere che col Marocco non si scherza. Peccato per gli infortuni: non ce la fanno Aguerd, Saiss e Mazraoui e a sorpresa va fuori la scoperta forse più lieta dei Leoni dell’Atlante, Ounahi, e gioca dall’inizio El Khanouss che non aveva neanche un minuto all’attivo in questo Mondiale.

Dopo sette minuti però la Croazia è già in vantaggio con un capolavoro su schema propiziato da Modric: Perisic attrae su di sé tutta la difesa e di testa mette al centro per Gvardiol che ancora di testa in tuffo spedisce sull’angolo lontano. Passa un minuto solo e il Marocco pareggia, ancora sugli sviluppi di un calcio piazzato: Zyech la mette dentro e la palla arriva a Dari che insacca. Quando la gara poi si stabilizza il Marocco assume il solito atteggiamento: linee corte e ripartenze veloci sugli esterni, niente stravaganze, segno che il “comunque vada sarà un successo” non è minimamente da prendere in considerazione. Proprio su una ripartenza Hakimi mette in mezzo per En Nesyri che dovrebbe solo toccarla per buttarla in porta, ma il centravanti del Siviglia è in anticipo e il pallone gli passa dietro. Per quanto il Marocco sia una squadra di “reazione” più che di palleggio, come dichiarato apertamente anche dall’allenatore Regragui gioca bene nello stretto (e dire che aveva El Khanouss in panchina, che a 18 anni vede gli spazi come un veterano) e ha ottime qualità anche nel palleggiare. Insomma, alla settima partita e qualora ce ne fosse ancora bisogno pare evidente che il Marocco non sia Hakimi, Zyech e altri otto, ma una eccezionale covata di talenti (messi insieme con lungimiranza e furbizia anche, questo sì) che può andare oltre l’etichetta di “sorpresa del mondiale“.

Nel momento migliore del Marocco però, al 42esimo su una palla persa arriva il gol della Croazia, ancora una volta con un capolavoro: il tocco morbido di Orsic dalla sinistra è una carezza su cui Bounou non può nulla. In svantaggio nel secondo tempo Regragui manda dentro Ounahi e deve far fronte alla maledizione dei centrali che continua visto che si infortuna anche Dari, sostituito da Benoun e addirittura anche El Yamiq che costringe Amrabat a retrocedere sulla linea dei difensori. Il Marocco spinge ma la Croazia chiude bene, sia con Gvardiol, ancora sugli scudi che col portiere Livakovic, perfetto su En Nesyri. Ma è stanco il Marocco tra infortuni e la cavalcata che l’ha portato a giocare sette partite in questo Mondiale contro ogni pronostico, e rischia di capitolare quando Kovacic si inventa una grandissima giocata e quasi costringe Amrabat, difensore improvvisato, all’autogol. Vani gli ultimi assalti del Marocco, per quanto generosi: En Nesyri va vicinissimo al gol al sesto di recupero, ma il suo colpo di testa va di un soffio alto. Il pubblico marocchino apprezza e fa festa comunque, a ragione: quei ragazzi li hanno resi spettatori per gli almanacchi della storia. E di fatto di una bellissima storia.

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