Un’altra sforbiciata al reddito di cittadinanza, che per coloro che il governo definisce “occupabili” potrebbe sparire già dopo 7 mesi. È questa la misura contenuta in un emendamento della maggioranza alla manovra per recuperare risorse – si parla di 200 milioni di euro – da aggiungere alla dote per le modifiche chiesti dai partiti che sostengono l’esecutivo. Significa che a luglio prossimo circa 660mila persone in difficoltà si ritroveranno senza un sussidio. Ma per il sottosegretario al Lavoro, Claudio Durigon, il taglio è “fattibile senza stracciarsi le vesti” perché tanto “stiamo comunque parlando di persone che possono e devono andare a lavorare“.

Nessun dramma, quindi, secondo Durigon. Eppure proprio il segretario della Cgil, Maurizio Landini, ieri sera intervenendo a ‘Porta a porta‘ ha lanciato l’allarme: occorre ”costruire un percorso” di politiche attive per formare coloro che sono fuori dal mercato del lavoro. Invece il governo “è partito all’opposto”, cancellando il reddito ” senza dire che cosa succederà dopo“. “Il reddito di cittadini non è individuale, è familiare, e stiamo parlando mediamente di 500 euro”, ha ricordato Landini. Le persone che vengono definite occupabili “generalmente sono persone che arrivano alla terza media, sono persone che sono anni che non lavorano, sono persone che in alcuni casi, per la situazione familiare che hanno, perché hanno in casa dei fragili, degli invalidi, o altre situazioni, non sarebbero nella condizione di lavorare“.

Sul fronte delle politiche attive, per trovare lavoro agli occupabili, il governo e la maggioranza tacciono: “Il punto non è un mese in più o in meno, ma invertire la tendenza del reddito a tempo indeterminato. Da parte di Conte e M5S la drammatizzazione è eccessiva”, aggiunge Durigon in un’intervista a La Stampa. Il leghista però non spiega come si intende invertire la tendenza. Il sottosegretario al Lavoro poi affronta gli altri nodi della manovra: il fatto che la Commissione europea abbia criticato quota 103 “non è un problema”; sulle pensioni minime si sta cercando di “dare una risposta più forte” e per Opzione donna “stiamo lavorando a una soluzione ponte, riportando l’età di uscita a 58 anni, vedremo per quanto tempo. In prospettiva, però, l’obiettivo è superare Opzione donna con la riforma previdenziale: è una misura che a me non piace, perché la decurtazione del 30% dell’assegno è troppo pesante”. Sull’uso del Pos, dopo le critiche Ue, Durigon conferma la probabile retromarcia: “Non ci sono barricate per tenere la soglia dei 60 euro, non c’erano nemmeno prima del giudizio della Commissione europea. Valuteremo una soglia più bassa”.

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