Ai Mondiali di Qatar 2022 ilfattoquotidiano.it tifa Marocco, le ragioni della nostra iniziativa (leggi)

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C’è chi li chiama “i mondiali del riscatto” e chi, dopo la vittoria ai danni di Spagna e Portogallo, parla addirittura di “Reconquista”, ma quel che è certo è che la cavalcata storica del Marocco in Qatar sta facendo sognare interi popoli (arabi, africani e non solo) che ormai vedono nell’impresa marocchina un vero e proprio simbolo anticoloniale del nostro secolo. Un modo per urlare al mondo intero “anche noi esistiamo”. Il calcio non ha infatti perso quel suo ruolo sociale di emancipazione da quella logica coloniale che ha dominato, e che sta tuttora dominando, l’intero mondo precedentemente colonizzato. Anzi, i mondiali del Qatar hanno risvegliato quella speranza latente da decenni che ha portato ad un’autentica esplosione di emozioni e revanscismi pacifici nei popoli storicamente sottomessi alle grandi potenze dell’Occidente. I Leoni dell’Atlante hanno divorato un colosso dietro l’altro e il momento più atteso del Mondiale è proprio quello della partita più decisiva dell’intero torneo, quella della semifinale contro la Francia, storico paese colonizzatore del Nord Africa e del Marocco stesso durante la prima metà del secolo scorso. Un momento storico per il Marocco, per superare chi storicamente lo ha sempre dominato, per completare la decolonizzazione. Perché, come diceva il giornalista Ryszard Kapuscinski, “decolonizzarsi culturalmente significa acquisire la consapevolezza dei torti subiti non da noi stessi, ma dalle generazioni passate. Torti che sono il frutto dell’era dello schiavismo e delle conquiste coloniali. Significa anche rendersi conto che questa discriminazione, durata per secoli, conferisce alla gente il diritto morale di rifarsi”.

Marocco e Francia – Storicamente parlando, i rapporti tra Francia e Marocco sono infatti sempre stati di sudditanza del secondo verso la prima. Nel 1912, con il Trattato di Fez, la Francia instaurava un protettorato sui territori dell’allora sultanato marocchino, lasciando la regione del Rif alla Spagna e imponendo di fatto un regime coloniale sull’intera regione del Maghreb. Tra il 1921 e il 1926 alcune confederazioni di tribù del Rif portarono avanti una feroce lotta anticoloniale contro le potenze spagnole e francesi e instaurarono uno stato indipendente con a capo Abd el-Krim, la Repubblica del Rif. Quest’ultima venne poi eliminata dalle potenze coloniali francesi e spagnole che impiegarono circa mezzo milione di uomini e armi chimiche per soffocare uno dei movimenti di resistenza anticoloniale più celebrati nel terzo mondo. Durante questo periodo i francesi trasferirono la corte del Sultano da Fez a Rabat, che divenne la capitale dello stato marocchino. Negli anni trenta poi alcuni nazionalisti marocchini iniziarono a formare gruppi di lotta anticoloniale per l’indipendenza. Il più importante è stato il Comitato d’Azione Marocchina, che proponeva un ritorno al governo precedente al trattato di Fez e una maggiore partecipazione del popolo all’esercizio del potere politico. Durante la seconda guerra mondiale il movimento indipendentista marocchino, inizialmente eterogeneo al suo interno, divenne più coeso e nel 1944 diede vita al Partito Istiqlal (partito dell’Indipendenza). Dopo circa un decennio di lotte anticoloniali il Marocco ottenne infine la sua indipendenza dalla Francia il 7 aprile 1956. Ma la vera indipendenza culturale non è ancora stata pienamente raggiunta e il paese nordafricano conta ancora oggi molto sul debito francese, soprattutto per quanto riguarda la pubblica amministrazione e l’istruzione. Il francese è infatti ancora la lingua ufficialmente utilizzata nelle scuole e nelle università e la burocrazia marocchina è ancora basata sui sistemi amministrativi francesi. Lo stesso inno nazionale del Marocco, noto anche come “inno sceriffano”, è stato composto da un ufficiale militare francese, Leo Morgan, durante il periodo coloniale nel 1952.

I marocchini in Francia – L’immigrazione marocchina in Francia è però un fenomeno più antico, che precede addirittura il periodo coloniale francese. Già infatti nel 1910 si può localizzare l’inizio del movimento migratorio marocchino verso la Francia e, tra il 1914 e il 1918, la Francia aveva già più di 15mila lavoratori marocchini. È però nel periodo tra le due guerre mondiali che si hanno i primi tentativi di immigrazione collettiva organizzata. Questo primo periodo fu caratterizzato da un’immigrazione di contingenti composti da lavoratori, assunti a contratto, assegnati prevalentemente a tempo determinato a fabbriche di armamenti, miniere e settori agricoli. Un secondo periodo, caratterizzato da un’immigrazione composta per lo più da uomini single, inizia subito dopo la seconda guerra mondiale (i cosiddetti “Trent’anni gloriosi”) fino alla fine dell’immigrazione decisa dal governo francese a causa del rallentamento della crescita economica nei primi anni 70. Il terzo periodo migratorio copre il periodo dal 1974 ad oggi. Nel 1974 il rallentamento della crescita economica portò la Francia a decidere di fermare l’immigrazione, salvo che nell’ambito del ricongiungimento familiare e di specifiche richieste dei datori di lavoro. Il fallimento della politica di assistenza al rimpatrio messa in atto dal governo, e il timore delle difficoltà di rientro in Francia, hanno spinto gli immigrati marocchini che vivono in Francia a prolungare il soggiorno e a riportare le proprie famiglie. I marocchini sono ora la seconda comunità di immigrati in Francia dopo gli algerini. Un totale di 1.314.000 marocchini, tra immigrati e discendenti diretti di immigrati, sono stati identificati in Francia alla fine del 2008, secondo uno studio dell’Istituto nazionale francese di statistica e studi economici (Insee).

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